Luigi Garlando per “la Gazzetta dello Sport”
Non ci sta su una locandina tutto quello che Juve-Napoli ha da offrire questa notte. Il primo incrocio scudetto, il primo Sarri juventino contro il Napoli, un altro Ancelotti contro la Juve, il debutto di De Ligt, precettato dall' infortunio dello sfortunato Chiellini. Ma dovendo scegliere una cosa sola da strillare, diremmo: la guerra degli attacchi.
Che non è solo una battaglia di uomini, ma anche di filosofie. I piccoletti del Napoli contro la stazza di Higuain e la tartaruga di Cristiano Ronaldo. L' occupazione degli spazi (Juve), contro la creazione degli spazi (Napoli). Il presidio del territorio, tipico di una squadra governo (Juve), contro la guerriglia veloce tipica dei rivoluzionari (Napoli). Una Treccani: tutte le opzioni per attaccare una porta. Partita enciclopedica, a suo modo un derby: le due squadre che volevano Mauro Icardi.
Maurizio Sarri e Carlo Ancelotti sono di figli di Arrigo Sacchi.
Partiamo da qui. Il Maestro racconta che nel suo primo Milan non abbondavano i giocatori capaci di saltare l' uomo. Colombo non aveva una tecnica esagerata, Evani difettava di cambio di passo, ad Ancelotti avevano accertato il 20% di inabilità alle gambe. La scelta di creare spazi offensivi attraverso il movimento collettivo, e non individuale, era più necessità che filosofia. Sacchi però ce l' aveva un centravanti vero, anzi, il più vero della storia: Marco Van Basten.
In quel Milan leggendario c' erano già quindi in embrione i principi che avrebbero portato alla diversa interpretazione del ruolo: il centravanti falso e quello vero; il numero 9 fatto d' aria, cioè di spazio liberato, e quello fatto di muscoli. Stanotte assisteremo alle due versioni, a mister invertiti, potremmo dire. Perché a gestire il tridente leggero dei guerriglieri sarà Ancelotti, uno abituato a coccolare centravantoni: Drogba, Ibra, CR7, Lewandowski Mentre a guidare bomber di razza ci penserà Sarri che ha fatto del movimento e del palleggio corto la sua bandiera. Molti degli attaccanti in campo stasera a Torino si sono trasformati nel tempo. Vediamo come.
Ai tempi napoletani di Higuain, uno dei tre piccoletti era di troppo. In genere Mertens, che entrava a partita in corso. Prendiamo l' ultima stagione azzurra del Pipita, quella delle 36 reti (2015-16). Callejon e Insigne scortavano come paggi il Re del gol. Ora la situazione si è quasi capovolta. I tre napoletani si sono messi in proprio (tutti in gol nel debutto di Firenze), mentre il Pipita è andato a servizio da CR7: nessuno tiro nello specchio e 2 sponde a Parma. Una partita non può offrire una fotografia definitiva, ma certi numeri sono comunque significativi. Callejon (6 ), Mertens (5 ) e Insigne (4) si sono distribuiti in modo quasi uguale i tocchi in area, a riprova che il belga è il centravanti ufficiale per il tabellino, ma nella realtà i tre si alternano al tiro, a rotazione, e questa è la vera forza del tridente: la imprevedibilità. Nella prima di campionato, i tre napoletani hanno raccolto più gol (4-0), più tocchi in area (15-9) e più tiri in porta (6-2) della coppia juventina.
Per De Ligt, dalle lunghe leve, un debutto insidioso contro le tre schegge. In attesa delle idee di Sarri, i movimenti dell' attacco bianconero sono più prevedibili, con Cristiano che converge da sinistra e cerca il triangolo col Pipita per andare al tiro. Quando era un napoletano al centro del tutto, Higuain toccava in media 45 palloni a partita. A Parma ne ha giocati 37, quasi la metà di CR7 (60). Un assistente. Al contrario Insigne, nella stagione scorsa, ha diminuito assist e aumentato i tiri.
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Ma, al di là dei numeri, il calcio è anche (soprattutto) una faida di personalità. Una anno fa, alla settima, Cristiano trascinò la Juve con due assist e mezzo e il Napoli, sconfitto allo Stadium 3-1, scivolò a -6 già a settembre.
Higuain alla prima da juventino contro il Napoli segnò il gol partita e nel torneo successivo gelò il San Paolo. Sono questi gol, dalla pesantezza speciale, che portano gli scudetti. Il tridente del Napoli deve ancora imparare a farli. Di Insigne si ricorda il rigore sbagliato nel finale dell' ultimo Napoli-Juve e lo sciagurato pallonetto steccato contro l' Inter. E' questa la risposta più attesa dal Napoli stanotte: un salto di personalità e di maturità. Il risultato conta poco.
Siamo all' inizio. Conta molto di più l' impressione che può lasciare la rivale più accreditata nella testa dei campioni che non hanno le solite sicurezze. La nuova identità tattica è lontana, si fatica a chiudere un mercato sofferto, il grave infortunio del Chiello, leader etico prima ancora che capitano e difensore, è un trauma. Ancelotti invece ha una squadra collaudata e ben definita, in crescita. Oggi una sconfitta farebbe più male alla Juve che al Napoli. Forse questa è la vera novità.
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