Mario Sconcerti per il “Corriere della Sera”
Juventus e Inter sono due squadre belle e incomplete. La Juve ha avuto il suo grande attaccante ma non ha ancora chi sappia costruirgli intorno un gioco di arte varia. L'Inter ha più stabilità ma è molto legata a un giocatore, Barella. Brozovic è più una grammatica che una differenza, senza il suo ordine, le sue regole, non si comincia nemmeno. Ma Barella è la diversità. Quando Barella ha energie, ha anche idee in proporzione e sono idee che gli altri non sanno pensare.
Barella è un calcio strano, poco comprensibile, non ripete mai se stesso. Quindi spariglia. Non è un fantasista puro, ma ha pura fantasia di gesti, è un'immagine di calcio snodabile che crea disordine negli altri perché imprevista. La Juve non ha questa eccentricità, ha tanti giocatori di qualità, ma non di differenza: Bernardeschi, Arthur, Dybala, McKennie, Chiesa (che non ci saranno per infortuni).
Hanno dentro partite anche migliori di Barella, ma non il suo disordine organizzato, il colpo un po' sporco che diventa invenzione. Allegri lo sa. È uno che ama un tipo di calcio in cui c'è bisogno estremo di qualità proprio perché è un gioco essenziale. Se attacchi in tanti, il gol lo fai e lo prendi. Se attacchi in pochi, quando segni hai vinto, ma per segnare hai bisogno di tanta qualità.
Quella manca ancora alla Juventus che peraltro rinuncia a Dybala perché giudicato una grande qualità incompleta.
L'uomo di oggi, il Barella della Juve, diventa così Cuadrado, il giocatore ormai più internazionale della Juve, l'unico che sappia correre e sterzare, mettere il pallone dove c'è bisogno. Questo è l'ultimo limite della vecchia Juve, i tanti compiti che affida a un giocatore superiore ma non universale.
Cuadrado ha lavorato molto negli anni per gestire il suo istinto di ballerino, per rendere calcolata la frenesia e metterla al servizio degli altri. È andato molto in là con i risultati, infatti oggi è il migliore, ma non è un trequartista, rimane un laterale, non sa pensare per linee rette, dal centro.
Lì si normalizza. E la squadra rimane senza le sue idee di mezzo, quelle che danno invece l'ultima profondità.
La Juve ha un vantaggio sulla qualità: ne ha molta anche in panchina. Non è della razza che decide i campionati, ma è di quelle che sanno cambiare una partita. L'Inter meno, deve cercare tra un tiro di Calhanoglu e un colpo di Dumfries o Perisic, che però sono in campo da subito, non aggiungono. Ma nei giorni buoni l'Inter ha una gestione del campo totale, più organizzata e intensa della Juve, tentata quasi sempre dall'azione isolata. Però, se fossi Inzaghi, darei un'attenzione particolare alla marcatura di Cuadrado.
Mentre Barella lo prendi a zona dentro una copertura naturale, Cuadrado è meglio se ha l'avversario addosso.
Naturalmente la partita è anche molto altro, ma il tanto si marca spesso da solo quando le squadre si equivalgono. Sono i dettagli che aiutano gli episodi ad accadere. Allegri è forse più pronto di Inzaghi a cogliere i segnali. Inzaghi si affeziona sempre molto alla costruzione generale, non ama toccarla molto. Allegri vive nella convinzione che il calcio in fondo non sia che un trucco.
Tocca cercarne qualcuno fino in fondo. Questo lo rende paradossalmente incompreso: perché è quella ricerca di magia finale che lo inventa allenatore giochista. E vittima di un contrappasso quasi crudele.