Marco Gasperetti per corriere.it
A colloquio con l’ex moglie del ciclista Mario Cipollini, condannato a tre anni di carcere per maltrattamenti in famiglia, lesioni e stalking
Signora Landucci, che cosa consiglierebbe alle donne che hanno avuto un’esperienza simile alla sua?
«Di denunciare subito, invece di aspettare anni come ho fatto io sbagliando. Quando la violenza entra in famiglia ogni speranza è persa. E allora una moglie deve chiedersi se è ancora una donna libera o la paura la sta rendendo schiava».
Sabrina Landucci, istruttrice in una palestra di Lucca, madre di due figlie, ex moglie di Mario Cipollini e sorella di Marco Landucci, ex portiere di Inter e Fiorentina e allenatore in seconda della Juve, oggi dice di sentirsi più libera. Lunedì, dopo anni di indagini e un processo difficile, l’ex campione mondiale di ciclismo è stato condannato a 3 anni di carcere per maltrattamenti in famiglia, lesioni e stalking. Lei si è sposata con Mario Cipollini per amore, poi il matrimonio è scivolato nel baratro della violenza.
la ex moglie e le figlie di cipollini novella
Come definirebbe questi anni di convivenza impossibile?
«Anni difficili e di paura. Avevo l’assoluta volontà di portare avanti il matrimonio. Ero innamorata di quest’uomo e, sbagliando, sopportavo tradimenti, soprusi e violenze. Mi chiedeva scusa, mi giurava che era cambiato. E io volevo crederci ad ogni costo. Non ero una donna libera».
Quando ha capito che ormai la fine del matrimonio era inevitabile?
«Ci sono stati più episodi, terribili, e sono fuggita da casa con le figlie più di una volta. Ma ho sempre tentato di riallacciare un rapporto che ormai era irrecuperabile. Poi ho capito che non c’era più niente da fare e nel 2012 mi sono separata».
Ma non è stato il famoso tradimento del 2005 di Cipollini con la modella Magda Gomes a convincerla a lasciare suo marito?
«No. Di tradimenti ce ne sono stati molti e sono stati anch’esse violenze. Non solo fisiche, perché quando gli chiedevo conto di che cosa aveva combinato, lui mi picchiava, ma anche psicologiche. Sono stata denigrata, trattata come un oggetto, insultata davanti ai miei familiari. L’uomo che avevo conosciuto si era trasformato, non era più lui. L’amore era morto, per sempre».
Come ha affrontato la situazione con le figlie?
«Cercando di tenerle il più possibile fuori dai contrasti tra me e loro padre. Ed è stato per questo che per anni non ho denunciato. Non volevo provocare loro dolore. Sbagliavo: quando nella famiglia entra la violenza bisogna interrompere ogni rapporto e denunciare».
Di lei hanno detto che ha dimostrato un coraggio straordinario. Dove l’ha trovato?
«L’ho trovato quando ho conosciuto l’avvocato Susanna Campione, esperta in diritto di famiglia. È stata eccezionale, non solo come legale, ma come amica. Mi è stata vicino per questi lunghi e dolorosi anni e insieme abbiamo vinto».
Crede di essere diventata uno dei simboli delle donne?
mario cipollini sabrina landucci
«No, non sono un simbolo, sono soltanto una donna che ha combattuto. Però spero che la mia tristissima esperienza possa aiutare la causa delle donne maltrattate, offese, trattate come oggetti».
Però ha dovuto combattere anche contro chi la criticava.
«È stata una battaglia difficile, faticosa, pericolosa. Sono stata colpevolizzata. Quando si denuncia serve un coraggio che duri a lungo».
L’offesa peggiore?
«Mi hanno accusato di aver denunciato il mio ex marito solo per soldi e per raggiungere la notorietà».
La fama del suo ex marito le ha provocato problemi?
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«Sì, molti. Intanto perché non volevo rovinargli la carriera ed è anche per questo che non l’ho denunciato subito. Poi temevo di combattere contro un Golia mediatico e di non essere creduta».
E adesso come si sente?
«Sollevata, ma questa vittoria, se così si può definire, è velata da una grande tristezza. Credevo in questo matrimonio e non avrei mai voluto che finisse così. Ma anche dalle sconfitte ci si può rialzare quando si combatte per una giusta causa».
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