Estratto dell'articolo di Paolo Condò per “la Repubblica”
[...] Delle grandi nazionali del '70, solo la Germania aveva chiamato due tesserati all'estero: il milanista Schnellinger e lo juventino Haller.
Nella finale di oggi, 52 anni dopo, dei 26 convocati per parte giocano in patria un solo argentino e sei francesi. È cambiato il mondo, e non dall'ogè...gi al domani. [...] Chiunque vinca, però, non sarà la squadra migliore del mondo.
Quella è il Manchester City, che in Qatar ha piazzato 11 giocatori nei quarti, e al netto di eliminati del calibro di De Bruyne e Gündogan o non qualificati come Haaland. Oppure il Real Madrid [...] E ovviamente il Psg, che occupa ogni locandina del match grazie a Messi e Mbappé, i due volti della finale.
Nel calcio di una volta, con le frontiere blindate, l'espressione tecnica più elevata apparteneva alle nazionali, spesso basate sui "blocchi": il ct promuoveva il telaio del club scudettato e lo arricchiva con le migliori individualità delle rivali. Ma nel calcio di oggi, dominato da ricchissimi conglomerati, alcune società sono in grado di allestire formazioni prive di punti deboli. Prendono il meglio, dovunque sia e a qualsiasi prezzo.
E siccome poi lo fanno lavorare quotidianamente dagli allenatori più quotati, smussando di qua e allargando di là, ne escono capolavori tattici vietati alle nazionali, il cui tempo è ridotto ai ritagli. Non a caso le rare volte in cui qualche nazionale ci entusiasma, il complimento che le facciamo è "gioca come un club".
Partendo da questa premessa storica, risulta improprio il dibattito sulla qualità del calcio visto in Qatar, o meglio sull'impostazione prudente adottata da molte nazionali. Un Mondiale, oltre tutto privato del canonico periodo di preparazione, è innanzitutto una questione di sopravvivenza. [...] Il calcio che dura un mese non prevede sperimentazioni, così necessarie nel corso di una stagione: la formazione della prima partita è quella dettata dal quadriennio, dalla seconda in poi gioca chi sta bene.
Per venire atteso più di un match devi essere percepito come la differenza tra un piazzamento e la vittoria. Accadde a Paolo Rossi con Bearzot nell'82. Qui Santos si è stufato di Ronaldo. [...] Tite non lo ammetterà mai, ma ha pagato la smodata ambizione di replicare il Brasile del '70, con cinque giocatori offensivi:[...] Al ct della Croazia, l'astuto Dalic, è bastato togliere una punta per immettere Pasalic e per le cicale brasiliane il centrocampo è diventato la fossa delle Marianne.
Alla fine un gran numero di Neymar era comunque valso il vantaggio: ma nel pareggio di Petkovic si è visto cosa sia in grado di produrre il micidiale mix di sciatteria e sfortuna. Perché c'entra anche quella, toglietevi dalla testa l'idea di spiegare tutto in modo razionale. Il Mondiale è una storia di uomini, prima che di calciatori. Se il Marocco ha finalmente portato l'Africa in semifinale, lo si deve non solo ai suoi ottimi giocatori, ma anche all'inedito spirito di squadra che li ha uniti nei momenti difficili.
La corsa di Amrabat a fermare Mbappé potrebbe essere la sigla di un racconto eroico del torneo. Per quello spirituale, l'agilità di Messi nel passare il pertugio concessogli da Gvardiol per andare da Alvarez resterà indimenticabile: Leo è sgusciato come una lucertola pur recando con sé il peso della propria storia, e delle aspettative inumane che continua a suscitare. Comunque vada, il suo ultimo Mondiale è stato commovente.
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