Rafa Nadal, per tutta la carriera, è stato inseguito dal sospetto. Quel bicipite sovradimensionato, la resistenza alla fatica, la carriera infinita, il recupero dagli infortuni. Il doping. Ora che il suo piede, la sindrome, il dolore, le cure sono diventate quasi argomento di conversazione dopo l’impresa al Roland Garros, il tema s’è riscaldato. Ci sono ciclisti, come Guillaume Martin o Thibaut Pinot che qualcosa da dire ce l’hanno. Il parallelo con il ciclismo viene spontaneo: Nadal può parlare apertamente di infiltrazioni e lo chiamano “eroe”, dicono. Lo facessimo noi saremmo immediatamente crocifissi.
Le iniezioni di corticosteroidi – spiega L’Equipe – non sono certamente più autorizzate in competizione dal 1 gennaio, ma le infiltrazioni di anestetici come la xilocaina, localmente e quindi senza diffusione nel sistema sanguigno, sono all’ordine del giorno in quasi tutti gli sport, come pallamano, tennis, calcio o rugby. Nel ciclismo, invece, i regolamenti sono un po’ più severi. Dal 2011 l’UCI ha adottato il principio del “No ago”, che non compare nel codice mondiale antidoping.
Tuttavia, ci sono delle eccezioni. C’è diritto di utilizzare un anestetico in iniezione locale, ma è poi necessario fare la dichiarazione via e-mail all’UCI. Questa non è una condizione di esclusione dalla gara. Quando una situazione medica lo richiede, alcuni farmaci iniettabili possono essere utilizzati anche per curare il vomito o forti dolori addominali, sempre a condizione che il servizio medico dell’UCI sia informato per giustificare la situazione e l’uso di tali farmaci.
Dopo la finale del Roland Garros, Nadal ha rivelato il protocollo di cura che intende seguire, un trattamento quasi disperato che consiste in pratica nella desensibilizzazione permanente dei nervi del piede, come si devitalizza un dente. Dopo c’è solo l’operazione, e la fine della carriera agonistica.
Il tema è interessante: qual è il limite consentito? L’Equipe ha intervistato Guillaume Martin, che dopo aver chiuso il Giro d’Italia 14esimo ha iniziato la sua preparazione per il Tour de France.
“Quello che ha fatto Nadal sarebbe stato impossibile in bici, e lo trovo normale. Se siamo malati o infortunati, non corriamo, non gareggiamo, mi sembra buon senso. Per diverse ragioni. Innanzitutto per la salute degli atleti. A lungo termine non sono sicuro che farà bene alla caviglia di Nadal. E inoltre, i farmaci e ancora più infiltrazioni non solo hanno un effetto curativo, ma possono sicuramente avere effetti sulle prestazioni o essere dirottati per migliorare le prestazioni”.
ZLATAN IBRAHIMOVIC CON LE INFILTRAZIONI AL GINOCCHIO
“Se un ciclista fa la stessa cosa è già vietato, ma anche se così non fosse, tutti lo aggredirebbero definendolo dopato perché c’è un un background culturale. Mentre le persone lodano Nadal per essere riuscito ad arrivare così lontano nel dolore. Credo che anche Zlatan Ibrahimovic abbia parlato anche delle sue infiltrazioni al ginocchio. Passano per eroi perché allontanano il dolore, ma in realtà usano sostanze per farlo e, di nuovo, è molto al limite. Il vincitore delle gare di bici, in particolare quello Tour, anche se dietro non c’è nessun elemento, è sistematicamente accusato di doping”.
“Perché c’è una storia, non si può negarla”. Ma, dice ancora Martin “potrebbe essere il momento di andare avanti. Il ciclismo si è ricostruito poco a poco in relazione a questa storia negativa e quindi era necessario dimostrare che eravamo più puliti del bianco”. “C’è questa voglia di ribaltare i luoghi comuni ma ovviamente c’è ancora da lavorare”.
“Ho fatto un intero Giro di Catalogna e poi un Giro di Sicilia con la tendinite al ginocchio, soffrivo, non sapevo se sarei riuscito a finire la tappa o a ripartire il giorno dopo. Forse sarebbe stato più facile con un’infiltrazione ma non lo so nemmeno, in effetti”.
Martin dice che ci dovrebbe essere “una certa omogeneizzazione dei regolamenti tra i diversi sport. Il tennis, ad esempio, ha parametri abbastanza simili al ciclismo, è uno sport di resistenza con accelerazioni. Non vedo perché ci devono essere regolamenti diversi”.
Può esistere un’altra definizione di doping oltre a una definizione puramente regolamentare? Un approccio più filosofico o etico? “I regolamenti antidoping UCI (International Cycling Union) per me sono un minimo. Ci sono molte cose che sono permesse e che io stesso mi proibisco. È tutta la questione delle zone grigie, della diversione di alcuni farmaci che normalmente si usano per curare i tumori, la sclerosi multipla per esempio. Non mi vedo prendere questo genere di cose per essere un ciclista migliore. Eppure è consentito”.
“Se diciamo che il doping fa male alla salute, c’è una facile contro-argomentazione: fare sport ad un livello molto alto non fa bene alla salute. Questo è l’argomento inconfutabile. Dire che il limite è tra ciò che è proibito e ciò che è autorizzato, neanche questo mi sembra il criterio giusto. Quindi è più una questione di etica personale, diciamo che devo prendere il paracetamolo per fare una corsa in bicicletta? Qual è il significato di tutto questo? Per me perde ogni significato se iniziamo a distinguere le sostanze”.
ZLATAN IBRAHIMOVIC CON LE INFILTRAZIONI AL GINOCCHIO GUILLAUME MARTIN