Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
Provo a porre un tema, senza necessariamente doverlo personalizzare. Con la solita, indispensabile premessa, per non rischiare lapidazioni: sono un tifoso della Ferrari, soffro se non vince e in questi anni ho sofferto molto.
Vengo al punto: domenica, nel corso del GP di Monaco di F1 il «muretto» della casa di Maranello ha fatto una cavolata colossale, con le sue strategie ha perso una corsa già vinta in partenza. E tutto perché un po' di pioggia aveva sconvolto i piani originali. Ho ancora negli occhi la faccia sconvolta di Charles Leclerc. Succede, di errori ne facciamo tutti.
E il primo ad ammetterlo, visto che l'errore aveva avuto la benedizione della mondovisione su Sky, è stato il team principal di Maranello, Mattia Binotto: «Ha ragione Charles: se un pilota da primo finisce quarto qualcosa non ha funzionato, c'è qualche scelta da rivedere».
Chi è l'unico che durante tutta la gara ha tenuto un atteggiamento prudente nei confronti delle scelte della Ferrari, cercando di evitare le analisi più spiacevoli? È quel signore che accanto a Carlo Vanzini commenta la corsa con la divisa della Ferrari. Ora, nessuno discute la competenza di Marc Gené: è un ex pilota e sa di cosa parla. Ma cambiamo scena e passiamo al calcio.
Cosa diremmo se le seconde voci si presentassero in video per commentare una partita con la maglia della squadra per cui tifano? Magari tifano lo stesso, ma cercano di non darlo a vedere. Ripeto, non è un problema di una singola persona, anzi Marc Gené mi è anche simpatico.
È una questione di opportunità (oltreché, immagino, di sponsorizzazioni), nient' altro. È opportuno che un uomo targato Ferrari commenti una corsa dove corrono le Ferrari? Se ci sono delle ragioni, faccio difficoltà a scorgerle. Domenica, lo ripeto, Marc Gené era più reticente di Mattia Binotto, segno che nel «muretto» della telecronaca qualcosa non ha funzionato.
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