Estratto dell'articolo di Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”
C’è una battuta, certo apocrifa, che qualcuno a Napoli attribuisce ad Aurelio De Laurentiis: il suo stadio ideale è composto da due tribune e da due maxischermi al posto delle curve, da cui i benestanti e benpaganti possono rivedere le azioni salienti. Di sicuro, sul suo profilo WhatsApp il neocampione d’Italia ha scritto: «La mia disponibilità di biglietti omaggio è esaurita per il resto della stagione. A pagamento li trovate nei canali ufficiali».
Vincere uno scudetto a Napoli non è da tutti. Tanto più se lo si vince non con ma nonostante Napoli (dire contro Napoli sarebbe troppo): sia quella degli ultrà sia quella dei Vip che chiedono i biglietti omaggio.
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Questo scudetto è considerato da una parte della città come poco napoletano. Non lo diciamo noi, ma un sito che si chiama Il Napolista . E non solo perché Aurelio De Laurentiis è romano di nascita e di formazione, e suo zio Dino era emigrato in America; anche se lui sostiene di sentirsi napoletano, perché «il più bel ricordo d’infanzia è il ragù con cui nonna Giuseppina condiva le candele o gli ziti fumanti».
Questo Napoli campione d’Italia è nato nell’aperta ostilità della tifoseria. L’estate scorsa pareva che con l’addio di Lorenzo «il Magnifico» Insigne, Kalidou «K2» Koulibaly e Dries «Ciro» Mertens, gli azzurri avrebbero lottato per la zona Conference. Da quel georgiano dal nome impronunciabile non poteva venire nulla di buono; e pure mister Spalletti era circondato dallo scetticismo.
aurelio de laurentiis kvara osimhen
Tutta l’ascesa di De Laurentiis, del resto, è avvenuta senza assecondare mai la pressione della piazza; fin da quando i tifosi premevano per l’acquisto di Fabio Cannavaro, e lui non solo non lo prese ma si privò pure del fratello Paolo, reo dell’errore che era costato l’eliminazione in Champions con il Chelsea.
L’estate in cui De Laurentiis comprò il club, mancavano pure i palloni e le maglie per gli allenamenti: il capitano Francesco Montervino andò a comprarli in un negozio di articoli sportivi a Paestum.
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Sostiene De Laurentiis che «il marchio veramente importante dell’Italia è questa città, ma gli italiani non l’hanno mai capito. Anzi, l’ha capito solo Garibaldi, quando portò tutte le ricchezze del Sud al Nord, scippando, ritardando e buttandoci in un caos totale».
A dire il vero, Garibaldi portò via con sé da Napoli appena qualche centinaio di lire racimolate a sua insaputa da un luogotenente, un sacco di sementi per il podere di Caprera, un sacco di fave di cui era ghiotto e uno scatolone di merluzzo secco.
Su un punto però De Laurentiis ha ragione: Napoli è una città decisiva nel definire l’identità italiana. All’estero pensano l’Italia come un’immensa Napoli: il sole, il mare, la pizza. È giusto pensare anche al cinema di Totò, al teatro di Eduardo, alla grande musica popolare, all’arte di Mimmo Paladino, Mimmo e Francesco Jodice, Lello Esposito. E anche a quella di Matteo Politano, Giovanni Di Lorenzo e ovviamente Victor Osimhen, cui è stato dedicato un inno che pare un canto gregoriano.
aurelio de laurentiis spalletti
In realtà, il legame con la città viene a De Laurentiis in particolare dal mito di Dino, nato a Torre Annunziata e morto a Beverly Hills, sempre praticando l’arte di arrangiarsi. «Mio zio partì da Napoli su un peschereccio, con Mario Soldati, Steno e Leo Longanesi. Prima erano stati a Capri: raccoglievano le bottiglie di gazzosa gettate dai militari americani, le riempivano in mare e le rivendevano per un dollaro con la scritta «acqua della Grotta Azzurra» — ama raccontare il presidente —. Poi sbarcarono a Palermo e fecero incetta di derrate: metà le riportarono a Napoli a coloro che le avevano ordinate, l’altra metà la rivendettero al mercato». Se ha un modello, è il primo Berlusconi. «Lo conobbi a Venezia, era il 1978. Portava i capelli lunghi e gli stivaletti coi tacchi, in mezzo a intellettuali che avevano mangiato un manico di scopa. Mi fu subito simpatico».
Il traditore, Higuain: «Fu una mia intuizione. Al Real stava in panchina. Lo pagai 38 milioni. Napoli gli ha dato moltissimo. È una città che ha un grande bisogno di amare. Autolesionista, incapace di vedere la verità. Sottomessa da secoli, sempre alla ricerca di un riscatto legato a qualcosa di impossibile; che diventa possibile con il calcio». Il grande amore, la moglie: è l’unico produttore cinematografico al mondo che sta con la stessa donna da mezzo secolo. «Sono ancora molto innamorato di lei. Dicono che sia un rude; in realtà sono un romantico». Una volta un regista chiese a suo padre: «Ma perché Aurelio è sempre incazzato, sgradevole, duro?». Luigi De Laurentiis rispose: «Tu non hai capito che, quando Aurelio manda qualcuno a fare in culo, si realizza».
napoli campione d'italia - vignetta di macondo