Mario Sconcerti per il “Corriere della Sera”
Perché sul Milan c'è sempre stato un dubbio? Perché si sono fatti sempre molti complimenti a Pioli ma ricordando che l'Inter era comunque più forte? Perché l'Inter aveva appena vinto il campionato, aveva già dimostrato di avere una sua completezza, mentre il Milan doveva ancora trovarla. Si pensava così: sbagliavamo, era l'inverso. Il Milan era lo stesso dell'anno scorso, più Giroud, Messias e più la crescita dei suoi grandi giovani, soprattutto Tonali e Leao. Aveva perso Donnarumma, ma con Maignan ha perfino migliorato.
L'Inter invece è arrivata alla stagione con un mercato complesso e dopo aver cambiato anche l'allenatore. In sintesi, la squadra che sembrava più pronta era la più sperimentale tra le quattro che pensavano al campionato. L'Inter non ha perso il suo scudetto a Bologna, lo ha perso tra la 6ª e la 12ª partita pareggiando con Atalanta, Juventus, Milan e perdendo con la Lazio.
Era un'Inter che non aveva ancora Dumfries, Calhanoglu era in chiaroscuro, c'erano spazi nuvolosi dentro il gioco, mancava continuità. Lì ha pesato molto il cambio del tecnico, eravamo in pratica ancora nell'intervallo tra Conte e la piena presa del ruolo da parte di Inzaghi. C'è sempre stata inoltre una specie di imperfezione classica del Milan. Sembravano mancare tre giocatori: il sostituto di Kjaer, un esterno sulla destra che segnasse e sapesse coprire; con la rapida deriva di Ibrahimovic anche un centravanti che tenesse insieme il gioco potente di attacco di Leao ed Hernandez sulla sinistra. Giroud ha fatto il suo dovere, non di più.
La sentenza sui dubbi del Milan è cambiata quando Kalulu è entrato e non ha avuto un momento di esitazione. A modo suo, per il niente da cui usciva, è stata la sorpresa più grande di tutto il campionato. Pochissimi errori, tanta personalità. È stato a questo punto che il Milan è diventata una vera squadra da campionato, quando non si è persa sugli infortuni né sulla rimonta conseguente dell'Inter. È anche a questo punto che Pioli ha concluso il suo capolavoro.
Conosco Pioli da tanto tempo, non è mai stato un tecnico banale. Ha portato sempre molto nelle squadre in cui è stato, perfino nell'Inter, dove non era fuori ruolo lui, era fuori quadro quell'Inter. Nel Milan ha trovato giocatori giovani, disposti a farsi insegnare, a mettere il rapporto sull'onestà reciproca.
Sono parole evangeliche, ma quello che decide il calcio, fuori dalla qualità dei migliori, è il bisogno di ubbidire chi si stima. Pioli non ha mai avuto un problema con i suoi giocatori, ha gestito in silenzio anche l'autunno di Ibrahimovic, anche l'addio di Kessie, ha avuto sempre la squadra disposta a dargli tutto. In questa difficile combinazione astrale, Pioli ha sentito che era finalmente nel suo ambiente, che doveva liberarsi del suo buon senso, andare oltre ma con misura.
stefano pioli foto mezzelani gmt011
Ha spostato giocatori fondamentali sul campo, come Tonali, come il suo dubbio sulla fascia destra, come lo spazio di Kessie e il talento di Bennacer, ha spinto Leao dove doveva andare ma non sapeva che sarebbe stato così naturale. Pioli è nato con il Milan e il Milan con lui. È questo che ha colmato il piccolo vuoto che c'era. Ora ha una squadra completa, bella e diversa, un gioco d'insieme e giocatori che da soli decidono. È nata una grande squadra, ci ha messo del tempo, ma ora è bellissima.