Dov' è finita la Moto Gp delle grandi battaglie, quelle sfide all'ultimo giro che mozzavano il fiato? Se lo chiedono i piloti, gli appassionati, tutto il paddock. Moderni Diogene che cercano i sorpassi scomparsi, senza trovarli. Passati i tempi in cui si guardavano con superiorità i cugini della Formula1 e i trenini di monoposto che erano le loro gare, ora i ruoli sembrano essersi capovolti. Con più di metà stagione già in archivio, nessuna delle 11 gare si è decisa negli ultimi giri.
Era il segreto del successo del motociclismo, senza scomodare Valentino Rossi e i suoi innumerevoli duelli (con Stoner, Lorenzo, Biaggi), Marquez ne aveva continuato la tradizione, con la complicità di Dovizioso soprattutto. Ora, invece, lo stile sembra cambiato e le cavalcate solitarie hanno preso il sopravvento, a discapito di quei botta e riposta, stoccate e parate, che portavano al limitatore l'adrenalina in pista e anche sul divano.
«È quasi un'altra era» dice Dovizioso, da più di un ventennio del motomondiale si è accorto che negli ultimi 4 o 5 anni qualcosa è cambiato. «La MotoGp è diversa - ha spiegato -. È la normale evoluzione del nostro sport, ma adesso è più difficile vedere molti sorpassi». Perché? Andrea ha le idee chiare: «Ora tutti i piloti sono forti, ma conta anche meno la strategia in gara, la gestione delle gomme per esempio, bisogna solo essere veloci. Inoltre l'aerodinamica non aiuta».
Ali e alette sono spuntate dappertutto (ieri, anche sul codone delle Ducati di Bastianini e Martin, «Sembra un Pokemon» ha scherzato Enea) e seguire un altro pilota diventa difficile. In scia gli spoiler hanno meno efficacia, le gomme si surriscaldano e salgono di pressione, tutto questo rende sorpassare più complicato, fin troppo. Motivi squisitamente tecnici, ma dagli effetti tangibili. Negli ultimi anni, i regolamenti hanno portato a livellare le prestazioni di tutte le moto per aumentare l'incertezza.
Il risultato è riuscito a metà: nelle prime 11 gare ci sono stati 5 diversi vincitori e sul podio sono saliti almeno una volta 12 differenti piloti, la metà dello schieramento. Come se tutti fossero famosi per i 15 minuti dopo un gp, ma nessuno veramente. Così diventa difficile spiegare perché chi brilla una domenica nella successiva piombi nell'ombra, in una MotoGp che è diventata così estrema da non perdonare nessuna incertezza, e spesso non basta nemmeno il talento a metterci una pezza.
Anche lo showman per eccellenza della MotoGp, Marc Marquez, aveva lanciato un allarme qualche mese fa: «Chi gestisce il campionato deve capire in quale direzione andare, se vuole avere moto più performanti o maggiore spettacolo. Penso che sia ancora il pilota a fare la differenza, ma se continuiamo su questa strada rischiamo che i rapporti si capovolgano. Per me è meglio essere più lenti, ma con un maggiore intrattenimento con il pubblico».
La MotoGp ha già dovuto fare a meno della sua icona Valentino, ritiratosi a fine dello scorso anno, e si è trovata senza Marquez, ancora a casa dopo l'ennesima operazione al braccio. Una vera fuga dai circuiti non c'è ancora stata - anche se il flop del gran premio di Italia al Mugello non è passato inosservato - ma forse è arrivato il momento di ripensare il motomondiale.
Prima della pausa estiva Dorna, la società che lo organizza, ha invitato gli appassionati a rispondere a un questionario su internet per capire cosa piaccia e cosa non piaccia loro di questa MotoGp, i risultati verranno pubblicati in autunno. Sicuramente chiederanno più spettacolo, perché la perfezione di Quartararo, Bagnaia e Aleix Espargaró può anche stufare. Meno tecnologia e più battaglie è la soluzione che in tanti auspicano, la Formula1 insegna che cambiare (in meglio) è possibile.