Gianluigi Buffon intervistato da France Football. Prendiamo qualche domanda dal penultimo numero del mensile.
Dopo il colpo di testa di Zidane a Materazzi durante la finale dei Mondiali del 2006, cosa ha detto all’arbitro Horacio Elizondo?
Niente! Quando ho visto quel che era successo, l’ho segnalato con grida e grandi gesti al guardalinee, in modo molto spontaneo. In quel momento mi aspettavo tutto tranne quello che è successo, è stato davvero sorprendente.
Per noi, è stata una grande chance vista la piega che stava prendendo la partita. “Zizou” era in forma incredibile e poteva cambiare il match. È una partita che abbiamo giocato nel miglior modo possibile, la Francia era molto forte, probabilmente la più forte, bastava vedere il loro cammino. Solo una squadra con la nostra mentalità poteva vincere.
Cosa odi di più del mondo del calcio?
I luoghi comuni. Questo vale per la vita in generale. Mi fa impazzire. Credo negli individui e nella differenza basata sui meriti. Odio anche il politicamente corretto… anche se probabilmente ne faccio uso anche io.
Lo faccio per non mancare di rispetto agli altri. Anche le cose vere possono essere spiacevoli, causare danni a qualcun altro e, dal momento che è tutto pubblico, lo crea davanti agli occhi del mondo, e non è bello. Mi succede soprattutto quando mi viene chiesto di giudicare altri giocatori, mi infastidisce. Devi sempre dire le stesse cose per non sembrare scortese.
Perché la Juventus è coinvolta in tanti scandali?
Ha sempre una spada di Damocle sopra la testa. Tra i suoi sostenitori e i suoi avversari, è al centro dell’attenzione in tutta Italia. Quello che succede alla Juve fa sempre rumore. È stata accusata di molte cose, è stata spesso punita, e più o meno per cose che anche altri club hanno commesso.
E lo dico senza mettermi a difendere la Vecchia Signora. Quando questo accade alla Juventus, tutti gli altri si proteggono dietro di lei perché sanno che è lei che scatena il clamore più forte.
Ilaria D’Amico, la tua compagna, è giornalista sportiva. Questo ha cambiato il modo di guardare alla professione?
No, l’ho conosciuta quando avevo già molta esperienza del giornalismo, avevo già un’idea. Capisco che fate un lavoro complicato, che dovete ottenere le notizie buone, ho un grande rispetto per questo.
Tuttavia, a volte vi manca completamente l’obiettività, siete troppo condizionati da fattori esterni. Alcuni anni fa ho visto, ad esempio, che un giornalista ha iniziato a cambiare opinione in base a ciò che ha letto sui social network. Si erano invertiti i ruoli, ho pensato che eravamo fregati.
Sei arrabbiato per non aver mai vinto il Pallone d’Oro?
Non c’è sempre una logica. Nel 2003, sono stato votato come il miglior giocatore della Champions League (la Juventus era stata battuta in finale dal Milan ai rigori), una rarità per un portiere, e non sono finito nemmeno nella top 5 del Pallone d’Oro (ha vinto Nedved davanti a Thierry Henry, Paolo Maldini, Andrey Shevchenko e Zinedine Zidane. Buffon arrivò nono).
I giornalisti non se ne sono accorti? Non hanno avuto coraggio? Non mi interessa perché, alla fine, non mi interessano certi premi, però mi piace la meritocrazia, perché è sport, e spesso non la trovo. Inoltre, per me, la più grande ingiustizia intorno al Pallone d’Oro è stata quella subita da Iniesta, che era forte come Maradona, Messi o Ronaldo.