Giulia Zonca per "la Stampa"
Xavi è un romantico, si è sempre definito così e quindi per lui tornare a Barcellona è naturale. Ci sta che lo faccia pure su un cavallo bianco, per salvare la squadra con cui un tempo ha cambiato il ritmo del calcio. Sono passati pochi anni, ma è tutt' altra vita.
Il Barça ha salutato Ronald Koeman e non poteva fare altro, nella stagione in cui il club si è dichiarato «tecnicamente in bancarotta» e ha perduto Messi, le umiliazioni sono quasi quante le partite: la squadra è nona in Liga, attualmente lontana dall'Europa, e terza del girone in Champions, virtualmente non qualificata. Non hanno soldi, ma hanno un'anima e l'unico modo di non perderla è affidarsi all'amore di chi praticamente non può dire di no.
Oggi Xavi non è l'allenatore del Barcellona, sta, almeno per le prossime due partite, in Qatar, a guadagnare tanti soldi all'Al-Sadd che avrebbe pure una clausola da 1 milione per svincolarlo. L'hanno messa perché sapevano che prima o poi il suo Barcellona avrebbe bussato, mai si sarebbero immaginati di trovarseli davanti con le tasche vuote. Così non può funzionare, devono trovare un'intesa e lo faranno perché il tecnico vuole tornare a casa.
Per ora c'è Sergi Barjuan, catalano in carica nelle giovanili e promosso in attesa di miracoli. Xavi è alla sua terza annata tra gli emiri, ha vinto vari titoli e ora è primo in campionato, davanti alle sfide decisive. Non le salterà, dopo il 3 di novembre si sentirà libero, se non lo obbligano a comportarsi diversamente. Torna al centro del torello, lì è cresciuto in una scuola che ti obbliga a scambiare il pallone con chiunque tu abbia accanto e che ti spedisce al centro, da solo, se lo perdi di vista.
Con queste basi e un talento straordinario, inavvicinabile per la maggioranza dei giocatori, in carriera ha messo via: un Mondiale e due Europei con la Spagna, più 4 Champions, 8 campionati e un numero da capogiro di varie coppe. Non ha mai vinto il Pallone d'oro perché quando il premio era in comproprietà con la Fifa a loro piaceva darlo a Messi. O a Ronaldo. Ora, l'unica vita dopo Messi è possibile solo con lui che sapeva muoversi senza come dimostrano le sue nazionali.
Il Qatar magari non si può definire gavetta. Lo hanno chiamato nella società più vincente, gli hanno dato il gruppo tecnico che desiderava, il tempo che voleva e lui lo ha usato per ripartire dall'onnipresente e ossessivo torello e tentare di dare al gioco almeno un'idea di Barcellona. Non è automatico rilanciare i blaugrana decadenti solo con i ricordi e un biennio a plasmare abitudini altrui, in un posto dove è semplice lasciare il segno, ma a casa lo aspettano frementi.
Lui non può lasciarsi andare, la settimana scorsa, rievocando la prima chiamata, ha detto: «Quando mi hanno cercato nel 2020 avevo tre mesi d'esperienza. Ora sono pronto». Ieri è stato molto meno espansivo: «Sono concentrato sul lavoro che ho davanti, non posso dire nulla di più». Vale comunque, certi slanci non hanno bisogno di parole, basta il romanticismo.
SERGI BARJUAN VICTOR FONT lionel messi con pallone doro tra iniesta e xavi FINALE DI CHAMPIONS - BARCELLONA JUVENTUS - INIESTA E XAVI JOAN LAPORTA