1. PARTITE INTERROTTE, IMMAGINI SGRANATE, RITARDI DAI CAMPI: IL GRANDE BLUFF DI DAZN
2. LA NUOVA PIATTAFORMA HA VENDUTO 700MILA ABBONAMENTI SENZA FARE PRIMA GLI INVESTIMENTI NECESSARI PER GARANTIRE IL SERVIZIO - TANTO FINCHÉ NON CAPISCE QUANTI ITALIANI RESTANO INCAGLIATI AL CONTRATTO, NON FARA' SPESE A LUNGO TERMINE 
3. CHI E' BLAVATNIK, RICCO MAGNATE UCRAINO CON UN GROSSO BUCO NELLA RETE. PER LUI DAZN E' UN MODESTO SATELLITE DI UN GRUPPO CHE FA AFFARI CON LE SCOMMESSE...

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Carlo Tecce per il Fatto Quotidiano

 

Un bluff per i tifosi. Ieri, come si pronuncia Dazn. Oggi, come si maledice Dazn. È un attimo. Il telespettatore pagante ha sperimentato già l' ampia gamma di disservizi del gruppo inglese che, attraverso Internet, trasmette in esclusiva tre gare su dieci di Serie A: immagini sgranate, partite interrotte, ritardi anche oltre i 15 minuti, altro che diretta dai campi di gioco. Quello che il telespettatore pagante ignora, però, è che i dirigenti di Dazn sono consapevoli degli scarsi mezzi tecnici di cui dispongono. Per un semplice motivo: non hanno investito abbastanza per accogliere milioni di tifosi. Per adesso sono 700.000 gli italiani che hanno attivato il mese gratis per due visioni in simultanea a contratto.

 

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Più fonti del settore spiegano al Fatto che Perform - la multinazionale che controlla Dazn - ha un rapporto ordinario (si legga, al risparmio) con Telecom, l' operatore nazionale di rete, e una filiera di "cdn" Akamai - i server per la consegna dei dati al cliente - insufficiente per mantenere le promesse al pubblico: la Serie A in alta definizione su televisori, computer, cellulari, cioè qualsiasi dispositivo connesso. "Non c' è differenza tra le gare su Dazn e un video live su Facebook di un utente", chiosa una fonte che ha trattato con gli ingegneri di Dazn.

I MEME SULLA SCARSA QUALITA DELLE IMMAGINI DI DAZN I MEME SULLA SCARSA QUALITA DELLE IMMAGINI DI DAZN

 

I PROBLEMI DI CONNESSIONE DI DAZN I PROBLEMI DI CONNESSIONE DI DAZN

Per placare le proteste dei tifosi, dopo lo sciagurato esordio nel mercato italiano con Lazio-Napoli, James Rushton di Perform ha assicurato il telespettatore pagante e ormai furibondo: lavoriamo con Telecom per perfezionare la piattaforma Dazn. Il lavoro non è concluso, perché non è davvero mai cominciato. Perform e Telecom hanno trascorso assieme parecchie mattine in parecchie riunioni: invano, zero acquisti, zero novità. Così la scorsa settimana, per l' anticipo del sabato Napoli-Milan, Dazn ha provato con il "nero": schermo bloccato per guadagnare minuti preziosi e "bufferizzare" - caricare la partita in differita sulla memoria temporanea - il dispositivo e ridurre le pause.

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Non ha funzionato. E i tifosi di Parma-Juve, l' evento di Dazn per la prossima giornata di campionato, non saranno più fortunati. Va cerchiata in rosso la data del 26 dicembre: l' intera Serie A in un' unica fascia oraria, un festivo fra i festivi, e Dazn ha Inter-Napoli. Con le attuali condizioni il sistema può collassare. Allora Dazn è masochista? No, persegue una strategia. Finché non capisce quanti italiani restano incagliati al contratto - che può essere disdetto, ripetiamo, dopo un mese - non fa spese a lungo termine. È accaduto già in Giappone, Germania, Canada: lì Internet va veloce e arriva ovunque. Al momento, Dazn ha 700.000 clienti in Italia: forse hanno aspettative troppo basse. Anche perché recuperare il denaro speso in Italia con 700.000 telespettatori paganti a 109,89 euro ciascuno all' anno - reclutati pure con i patti commerciali con Sky Italia, Mediaset e la stessa Tim - è logicamente azzardato.

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Perform ha conquistato all' asta un pezzo di Serie A per un triennio a 579 milioni di euro, più altri 66 per la Serie B.

 

I ricavi nel mondo di Dazn, nel 2017, erano di 100 milioni: la metà dei soldi garantiti alla Lega Calcio per una stagione (193). Complicato reperire risorse in Italia. Il miracoloso avvento di Dazn ha soddisfatto un paio di esigenze. Quella dei padroni del pallone di incassare più quattrini per non affondare. Quella di Sky di svolgere il ruolo di monopolista con un concorrente assai debole. Nessuno s' è chiesto cos' è Dazn, un modesto satellite di un gruppo che fa affari con le scommesse: offre una moltitudine di informazioni agli allibratori per calibrare le quote. In cima a Perform c' è il russo Leonard Blavatnik, tra gli uomini più ricchi del Regno Unito con un patrimonio di 21 miliardi di dollari, passaporto americano, capo di Warner Music. L' Antitrust ha aperto un' istruttoria su Dazn e Sky. I colleghi dell' Autorità per le Comunicazioni pare siano ancora in vacanza, ma il commissario Antonio Nicita ha annunciato su Twitter che indagheranno. Con notevole ritardo. Come le partite su Dazn.

 

 

2. MISTER DAZN MILIARDI, ARTE, GOL E UN BUCO NELLA RETE (WEB)

Isidoro Trovato e Maria Elena Zanini per ''L'Economia - Corriere della Sera''

 

 

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Pur non essendo laziale, Leonard Blavatnik sabato sera era probabilmente uno dei più furiosi per l' esito di Lazio-Napoli. Quella infatti era la gara di esordio di Dazn sul territorio italiano e Blavatnik è il maggiore azionista di Perform, proprietaria di Dazn. Al ricco magnate ucraino non saranno di sicuro piaciuti i buffering e gli inciampi che hanno fatto steccare la prima italiana della «Netflix dello sport».

 

Eppure il rischio era evidente: l' Italia possiede una tra le reti meno veloci (e più a macchia di leopardo) del continente, ma anche il pubblico calcistico più accanito. Malgrado tutto, al quartier generale londinese devono aver sottovalutato il problema se è vero che solo adesso sono in corso le trattative con Tim per rafforzare la capillarità del servizio.

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Per carità, piccoli inciampi ancora rimediabili ma di sicuro fastidiosi come un granello di sabbia in un ingranaggio perfetto. Blavatnik infatti è abituato a fare le cose in grande e nel suo universo Dazn è solo l' ultima galassia. Si perché l' oligarca ucraino nel suo palmarès può vantare proprietà come la Warner Music, acquisita nel 2011 per circa 3,3 miliardi di dollari aggiudicandosi un colosso che produce Madonna, Ed Sheeran, i Coldplay e i Pink Floyd, giusto per citarne alcuni.

 

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La «corsa all' oro» di Blavatnik inizia nel 1978 quando il giovane Leo arriva a Brooklyn insieme alla sua famiglia in cerca di fortuna. Il destino, dopo una laurea alla Columbia e un Mba ad Harvard, cambia radicalmente (in meglio) quando Boris Eltsin dà il via al piano di privatizzazioni che crea una pattuglia di neo miliardari destinati a stravolgere il mercato dell' energia, tra cui Blavatnik. La sua ascesa infatti inizia con l' alluminio che lo porta a diventare uno dei maggiori player del mercato russo nel settore, per poi passare al carbone accumulando una fortuna grazie a una miniera in Kazakistan.

 

Per approdare infine a Tnk, colosso petrolifero russo, dalla cui vendita a Rosneft, nel 2013, Blavatnik ha ricavato 7 miliardi di dollari. Negli anni successivi però Leo decide di diversificare radicalmente il business.

 

Arrivano allora gli investimenti in moda (con marchi come Tory Burch), Real Estate (a Manhattan ha comprato un intero isolato) e media (con la creazione di Perform).

Però l' uomo con un incredibile fiuto per gli affari, quello sempre al posto giusto nel momento giusto, decide che vuole essere ricordato per qualcosa in più.

 

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E da diverso tempo Blavatnik si distingue per la sua inclinazione alle donazioni e alle iniziative benefiche. Con la Blavatnik Family Foundation infatti da oltre 25 anni supporta istituzioni culturali come la National Gallery, il Metropolitan Museum, la Royal Academy of Arts. L' Università di Tel Aviv ha ricevuto una donazione di 20 milioni. Spiccioli rispetto ai 117 milioni donati dal magnate ucraino alla Oxford University per la creazione della Bsg, la Blavatnik School of Government, suscitando anche qualche perplessità da parte dei detrattori del personaggio.

 

Con un patrimonio stimato in oltre 15 miliardi di sterline (16,7 miliardi di euro) Leonard Blavatnik è il terzo uomo più ricco del Regno Unito, il cinquantesimo al mondo. La sua cassaforte è Access Industries (fondata nel 1986) che a oggi conta quattro principali rami: risorse naturali e petrolchimico; tecnologia (con Snapchat, Yelp, Zalando, Spotify, Deezer...); Real Estate (con un portfolio di hotel e residenze di lusso in Usa, Europa, Sud America e Caraibi).

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E media e telecomunicazioni, area che comprende iniziative su vasta scala. Per esempio, in Israele il gruppo possiede un terzo di Rge, cui fanno capo Channel 10, Noga Communication e Sport Channel. In Russia controlla la maggioranza di Amedia società che possiede i diritti esclusivi per Hbo (che ha prodotto la serie cult Games of Thrones).

 

In Inghilterra dal 2014 controlla Perform, il media group completamente dedicato allo sport che nel 2016 ha lanciato Dazn, catapultando gli sportivi nella visione live streaming dei match. È qui che parte la sfida più recente di Blavatnik. Ed è qui che cominciano anche i guai.

 

Quando Dazn arrivò in Canada due anni fa, la reazione degli spettatori canadesi fu la stessa di quelli italiani. Rabbia, per lo più. Si verificarono molti problemi tecnici e nonostante le scuse, le partite dell' Nfl (National Footbal League) della domenica, tornarono per qualche tempo in televisione. I problemi in Canada non sono ancora del tutto risolti: basta fare un giro su Twitter sull' account DaznSucks (la traduzione è superflua) per rendersi conto della lunga strada che la piattaforma deve ancora percorrere.

 

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Ai tifosi italiani non basteranno le dichiarazioni dell' amministratore delegato, James Rushton, che ha minimizzato gli inconvenienti del debutto affermando che «l' effetto buffering ha riguardato solo il 10% degli utenti per una ventina di minuti». E non basterà a Blavatnik scegliere Cristiano Ronaldo come «Global ambassador» di Dazn. Bisognerà fornire servizi adeguati agli standard qualitativi europei. Anche perché, a conti fatti, l' avvento di Dazn ha comportato un aumento dei costi per chi vuole vedere l' intera serie A.

 

Non a caso sono in tanti (Codacons e Usigrai in testa) a sospettare un «cartello» tra Dazn e Sky per fare lievitare i prezzi e abbattere i costi con la libera circolazione di risorse e volti (Diletta Leotta è il caso più eclatante). Ecco perché nelle prossime settimane ci si attende un colpo d' ala da parte della piattaforma inglese che adesso dovrà tappare le falle del sistema, investendo in tecnologia e non solo in marketing. I colloqui con Tim vanno in questa direzione se è vero che (come ha detto Rushton) la colpa dei disguidi è tutta da attribuire a un Cdn (la rete di server che veicola i contenuti video) che non ha funzionato a dovere.

DILETTA LEOTTA DAZN DILETTA LEOTTA DAZN

 

Se invece la «terribile rotellina» dovesse ripresentarsi, trasformando le partite in lunghi fermo-immagine, non basteranno Ronaldo, Maldini e Shevchenko a placare l' ira dei tifosi.

Anche perché per ora ogni inconveniente pesa meno visto che nessuno sta pagando (il primo mese di abbonamento a Dazn è gratis) ma tra poco la scelta varrà molto di più e per tenere i 400 mila device finora collegati servirà una connessione stabile.

In fondo, l' unica cosa che i tifosi chiedono è di non intuire il gol dal grido del vicino di casa che ascolta la radio.

 

 

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