Cosimo Cito per la Repubblica
Riecco il doping (ma era mai scomparso?) ed eccolo al Giro, prima del Giro, prim' ancora che si pedali, alla vigilia della festa. Due corridori italiani dell' italianissima Bardiani- Csf, il velocista Nicola Ruffoni e lo scalatore Stefano Pirazzi, sono stati trovati positivi a controlli fuori gara dell' Uci, effettuati rispettivamente il 25 e il 26 aprile. La sostanza incriminata è il GHRPS, ormone peptidico liberatore dell' ormone della crescita. Furioso il team romagnolo, quello degli storici ds Bruno e Roberto Reverberi, «se le contranalisi dovessero confermare il risultato, verranno licenziati in tronco». La verde Bardiani, la squadra più giovane per età media del Giro, assieme alla Wilier Triestina è una dalle sole due italiane iscritte alla Corsa rosa.
Entrambe sono inserite nella categoria Professional, la serie B, categoria tradizionalmente e maggiormente incline all' abitudine dell' aiutino. La Bardiani prenderà il via con sette corridori. Una decisione sulla sospensione del team, da 15 a 45 giorni, in punta di regolamento spetta alla Commissione disciplinare, ma una decisione della stessa arriverà solo a Giro iniziato. Resta il tema dell' opportunità: tenere in gara un team toccato da due casi identici di doping o farne a meno?
Pirazzi nel 2013 vinse la classifica dei gp della Montagna del 96° Giro. E poi, l' anno dopo, dopo aver conquistato la 17ª tappa del Giro festeggiò la sua prima vittoria da prof con il gesto dell' ombrello, scusandosi dopo e giustificandosi per il gesto, dovuto all' eccesso di critiche ricevute nella sua carriera. Ruffoni, invece, avrebbe potuto avere delle chance oggi, nell' esordio del Giro, come aveva pronisticato prima dell' annuncio Uci: «Ho vinto due tappe al Croazia, vorrei essere della partita, vediamo ». No, non lo vedremo proprio per niente.
Ma la Corsa andrà. Che questa storia d' asfalto e uomini abbia comunque inizio, pur avvelenata, pur con l' amarezza che rimanda ad altri tempi, a quel maledetto Tour del '98 soprattutto. E benché si parta dalla Sardegna, è di un' altra isola e del suo vulcano che da qualche giorno si parla e tanto. Così Quintana, ieri, «sull' Etna avremo la prima fotografia del Giro, là vedremo chi sta bene e chi è indietro», ed è difficile, anzi impossibile, che la sorpresa lassù sia proprio lui.
Sebbene la sua motivazione sia diventare il primo dei Duemila a vincere nello stesso anno Giro e Tour. «Impossibile? Non lo so, proverò a vincere il Giro, poi vedremo: è l' edizione n. 100 e voglio dare il massimo». Non parla mai di Nibali, ma di «molte squadre e molti corridori importanti ». Tante squadre, tanti corridori importanti, è vero. Un mucchio di così buona qualità al Giro non si vedeva da tantissimo, forse dagli anni Ottanta, anche se mancano Froome - era un Giro quasi sfacciatamente disegnato per averlo, ma l' anglo- kenyano ha messo davanti a tutto il solito Tour -, Bardet, Contador, Valverde. L' appello dei grandi da corse a tappe lontani da Alghero finisce qua.
C' era, infelicissimo per l' infortunio e ancora enormemente commosso sul palco nel ricordo dell' amico Michele, Fabio Aru. Interrompe il suo intervento quasi soffocato da lacrime non ancora asciutte. Sul palco a sfilare per prima è l' Astana e lo speaker, nell' emozione, chiama anche il 21, Scarponi. L' Astana parte in 8, ma con la bici di Michele sull' ammiraglia.
Nibali è l' ultimo ad apparire, con quel chiodo a forma di n. 1 sulla schiena, condannato ad andare oltre i suoi limiti. Stavolta non è il faro della corsa, il compito spetta a Quintana e, affidandosi alle sue intermittenze, dovranno ben calcolare la rotta gli altri. Il gallese Thomas e il basco Landa sono compagni di squadra, «siamo qua per far vincere a Sky, finalmente, anche il Giro». Gli olandesi buoni sono tre, Kruijswijk, Mollema e Dumoulin, in tre squadre diverse. E poi Adam Yates, pur privo del gemello Simon, comunque forte quanto timido in corsa, al punto da essere sempre in coda sulle salite al gruppo dei migliori, «ma è una tattica, non voglio dare mai punti di riferimento agli altri»: potrebbe essere il primo inglese a tornare a casa con una maglia diversa da quella del suo club, l' australiana Orica- Scott. E che dire di Thibaut Pinot, «ho puntato forte sul Giro a scapito del Tour, sono qui per vincere, siamo in tanti, non ci sono solo Quintana e Nibali per la vittoria finale»? L' ultima rosa di Francia, all' occhiello del professor Fignon, risale al 1989.
Non si dimentichi l' americano Van Garderen, ha 70 km di crono a disposizione. Nato come il nuovo Armstrong, non ha ripetuto in nulla - fortuna sua - le variegate prodezze del texano. Compagnia vasta, quella dei favoriti, dalla quale già dall' Etna qualcuno si sgancerà.
Todos caballeros, per ora, Alghero è luogo di generose investiture. A Milano, è scritto, uno resterà.
aru giro giorgia palmas kruijswijk