Estratto dell'articolo di Matteo De Santis per “la Stampa”
Sul volo per Atene, seconda (oggi con la Serbia) e terza (domani con la Grecia) tappa del giro del mondo pre-Mondiale di 7 amichevoli in 17 giorni intrapreso dall'Italbasket, il passeggero Gianmarco Pozzecco si alza dalla prima fila e cammina freneticamente per il corridoio.
Pensieri, turbamenti e soddisfazioni da "capofamiglia" nell'avvicinamento alla Coppa del Mondo?
«I bimbi crescono, stanno diventando uomini. E c'è questa clamorosa responsabilità che i veterani sentono nei confronti dei giovani: vedere l'aiuto spontaneo che Datome, Melli e Fontecchio forniscono mi gratifica. Loro danno, i ragazzini ricevono, ascoltano e mettono in pratica».
Tutto molto bello, ma tra due settimane ci sono i Mondiali..
«La cosa più importante per me, il presidente Petrucci e il gm Trainotti era dare un futuro alla Nazionale. C'era l'idea che dietro a questa squadra non ci fosse nulla: non era vero. Ora ho un velo di tristezza perché i tre giocatori più futuribili, Spagnolo, Procida e Diouf, giocheranno o giocano all'estero. Mi piacerebbe far cambiare il vento anche in Italia».
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Nel Mondiale dei tanti assenti...
«La interrompo. Non tutti i giocatori Nba sono fenomeni. E tutti quelli che non giocano in America non sono scarsi. Agli Europei, un anno fa, nessuno tra Jokic, Antetokounmpo e Doncic ha vinto. Il basket ha dimostrato di andare in un'altra direzione. La Germania, una squadra che reputo forte, può sia vincere il Mondiale che arrivare dodicesima»
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L'importanza del trio Melli-Datome-Fontecchio?
«Io mi fido ciecamente di loro tre e loro si fidano altrettanto ciecamente degli altri nove. Sono in disaccordo con chi dice che i giocatori sono tutti uguali: i miei sono uno diverso dall'altro.
Nessuno, però, pensa che mi comporti diversamente tra loro. Certo, per me, Marco Spissu è come un figlio: glielo dico scherzando, ma sono dispiaciuto che non abbia ancora conosciuto Gala, mia figlia e sua sorella. Datome, invece, ogni giorno ci insegna qualcosa: è la sua grandezza e noi gliene siamo grati».
Parole profonde..
«Vivo il rapporto al contrario di quello che si pensa. Sono qui grazie ai miei giocatori: hanno preso un allenatore disgraziato che guardava i cantieri a Formentera e mi hanno trasformato. Domenica ho faticato giocando con loro a padel: magari lo facessero ogni tanto i miei colleghi, sai come si sgonfierebbero. Questi ragazzi fanno dei sacrifici pazzeschi. Un giorno, al buffet, portano la carbonara e penso "avessi l'età di Spagnolo la divorerei". Arriva Matteo e mi fa "Non la mangio, ho preso la pasta integrale"».
Se a Manila incontrasse Banchero, cosa gli direbbe?
«Ciao».
E poi?
«Ci siamo rimasti male per come abbiamo saputo della scelta. Ma è finita lì. Paolo mi ha scritto, è stato carino. Non ho nessun senso di rivalsa, anche se mi sono legato di più a chi ha fatto una scelta diversa».
[…]Italia più prima o più dodicesima?
«Ho grande considerazione dei miei giocatori e non voglio essere paraculo. Ci sono altre squadre forti, ma ce la giochiamo con tutti. Ad Atene 2004 eravamo brutti, puzzavamo ma abbiamo avuto la fortuna di prendere Portorico ai quarti e giocare la partita della vita in semifinale».
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