Stefano Semeraro per “la Stampa”
«I fottuti Boeri hanno perso!». Nella sala stampa di Twickenham durante il match di Coppa del Mondo fra Sud Africa e Giappone il volto dei colleghi britannici era virato velocissimo: in 40 minuti dallo stupore ad una gioia poco politically correct per il clamoroso tonfo degli avversari di sempre contro i parvenu orientali.
Alla fine del torneo gli Springboks acchiapparono comunque le semifinali, ma la sconfitta contro i samurai ovali certificò la crisi di una delle superpotenze del rugby. Da allora i sudafricani hanno giocato 10 test match, perdendone 6, l' ultimo sabato scorso contro l' Inghilterra a Twickenham dopo 13 scontri diretti vinti.
Springboks in crisi Domani a Firenze tocca all' Italia di Conor O' Shea, e se qualche ottimista sogna lo storico colpaccio è perché questi Springboks rischiano davvero di diventare i peggiori di sempre. «Tutta colpa delle quote nere» è il mugugno che serpeggia fra i tifosi, non solo boeri, dei Bokke.
Ovvero dell' obbligo, stabilito dal parlamento sudafricano nel 2015 attraverso il TSP (Transformation Strategic Plan), di schierare almeno 7 «non bianchi» (cioè sia black sia coloured, meticci) su 23 fra campo e panchina in ogni match della nazionale. Una percentuale che dovrà diventare del 50% ai Mondiali del 2019 (contro l' Italia domani saranno 8).
Per alcuni, a cominciare dal ministro dello sport Fikile Mbalula, il papà del TSP, è l' unico modo per estirpare i residui di razzismo dallo sport che più di tutti fu identificato con l' apartheid, e che solo il gesto illuminato di Mandela (ricorderete la sua foto con la maglia verde durante la premiazione dei Mondiali del '95) era riuscito a sdoganare. Per tutti gli altri l' addio alla meritocrazia sta affossando gli Springboks.
«Ho allenato in Sud Africa fra il 2000 e il 2001 - spiega Laurie Mains, il coach degli All Blacks nella finale mondiale del '95 - e allora mi sembrava giusto, perché di giocatori di colore ce n' erano davvero pochi. Ma ormai sono passati 15 anni: così non andranno da nessuna parte. Con il sistema delle quote i loro giorni da top-team sono finiti».
Habana titolare con l' Italia I tifosi ovali tirano in ballo la nazionale di calcio, i Bafana Bafana, nella quale i bianchi latitano («è razzismo al contrario»), e persino il ct degli Springboks, il coloured Alistair Coetzee, stanco di figuracce (48% per cento di vittorie, una vergogna per il Sud Africa) ha fatto sapere che non farà più convocazioni usando il bilancino etnico.
In realtà agli ultimi Mondiali in squadra di titolari «non bianchi» ce n' erano in media 2 o 3, tanto che il savonaroliano Mbalula in aprile ha annunciato che la federazione rugby, come quelle del cricket, dell' atletica e del netball, non potrà candidarsi a ospitare tornei internazionali fino a quando il TSP non sarà pienamente attuato.
L’incertezza sul futuro e la debolezza del rand, la moneta locale, stanno così spingendo molti dei più forti rugbisti ad emigrare in Europa presso i ricchi club francesi e inglesi, abbassando ulteriormente il livello del campionato e della nazionale. «Abbiamo bisogno di riscattarci», ha fatto sapere ieri la stella coloured più famosa dei Bokke, Brian Habana, che torna titolare contro l' Italia. Vogliono farci neri, insomma - e stavolta non c' entrano le quote e il razzismo, ma solo i proverbi.