Daniele Sparisci per il Corriere della Sera
Sono arrivati con i pullman dell' agenzia di viaggi creata da papà Jos insieme al figlio. Magliette e cappellini arancioni con il numero 33, accendono fumogeni e non smettono mai di cantare. I boati sono la colonna sonora di 64 giri pazzeschi e confusi, aumentano i decibel quando le Mercedes affondano nella ghiaia. Settantotto pit-stop, sette safety car, sei ritiri, la marea orange assiste al più grande spettacolo della F1.
Di questa vittoria bagnata di Max Verstappen, la settima in carriera, magari un giorno si parlerà come quelle di Senna a Donington del 1993 o di Schumacher a Barcellona nel '96. Lo applaude anche Sebastian Vettel, da ultimo a secondo. Il ferrarista sorride sul podio insieme a Daniil Kvyat, il russo della Toro Rosso che l' anno scorso gli preparava gli assetti al simulatore di Maranello.
La Ferrari salvata dal suo capitano: bravo a tenersi lontano dai guai, a non sbagliare nei tanti duelli nelle retrovie. A privilegiare un atteggiamento prudente sulla voglia di strafare, a colpire nel momento giusto avversari di basso livello con i big ormai fuori. Ma un secondo posto non può cancellare i rimpianti nella squadra di Binotto. Per i guasti nelle qualifiche, per il grave errore di Charles Leclerc. Lottava per la testa della corsa, ha fracassato la macchina all' ultima curva prima del traguardo, uno dei punti più scivolosi, quando è passato alle gomme da asciutto con l' asfalto ancora viscido.
Aveva il passo per vincere il monegasco, ma ha forzato fallendo una grande occasione, dovrà imparare da questa lezione.La pioggia a intermittenza ha livellato le forze, ha costretto tutti a una girandola infinita di strategie. Dalle acque è emerso il fenomeno della Red Bull. Il più lucido, il più cattivo, il migliore per distacco nonostante una pessima partenza. Racconta di aver imparato i trucchi della guida umida sin da piccolo grazie al padre, con una prodezza si è salvato da un testacoda: «Con gli anni si impara a mantenere la calma, bisognava prendere le decisioni giuste al momento giusto».
Se c' è un varco libero il ventunenne olandese ci si infila, lo aveva già fatto in Austria, al contrario della Ferrari che per un motivo o per un altro riesce sempre a trovare ostacoli. Tecnici o umani.
Max ha camminato sulle macerie dello squadrone argentato, la festa per celebrare i 125 anni della prima corsa automobilistica e i 65 dal debutto in F1 si è trasformata in un funerale.
A due passi da Stoccarda il nuovo presidente della Mercedes, Ola Kallenius, era impietrito in garage accanto a Toto Wolff. Gli sarà sembrato davvero di essere tornato agli anni 50 quando un pit stop è durato più di 50''. I meccanici in costume non si aspettavano che Lewis Hamilton rientrasse con l' ala sfasciata per un' uscita alla stessa curva di Leclerc: irriconoscibile anche il pentacampione. Pasticcione, nono solo grazie alle penalità delle due Alfa Romeo per un' irregolarità tecnica (che portano al primo storico punto di Kubica con la Williams).
Lewis è stato comunque migliore di Valtteri Bottas, a muro nei giorni decisivi per il suo futuro. Non hanno funzionato la macchina, i piloti e nemmeno il muretto. Peccato che la Ferrari non ne abbia approfittato.
2. UNA RISALITA DOVE C' È TUTTO, ANCHE I GIOCHI DEL DESTINO
Giorgio Terruzzi per il Corriere della Sera
Sono curiosi gli scarti del destino. Vettel preso in trappola sabato, preso in carico domenica. Bravo, buon per lui: aveva bisogno di una giornata in gloria mentre sembrava destinato ad una domenica di frustrazioni.
Una rimonta storica dentro la quale c' è il merito del pilota, talvolta persino prudente, supportato dalle bizze del meteo, da una strategia azzeccata, dalla fortuna, così come la sfortuna lo aveva fermato in qualifica. Del resto proprio il destino si è accanito sulle voglie celebrative e coreografiche Mercedes, compensando solo a metà la Ferrari che in Germania è sembrata davvero la miglior macchina in pista.
Cosa che ha reso più semplice l' incedere di Seb nel finale, quando si è trovato a macinare una McLaren (Sainz), una Racing Point (Stroll), una Toro Rosso (Kvyat), non proprio l' invincibile armata. A proposito di destino: Leclerc sembra abbonato ai guai nel momento in cui si materializza l' ipotesi del suo primo gol. Un errore, preannunciato da un paio di allarmi trascurati in quella curva 16, da abbinare ad un ritmo strepitoso. Lui, più di Vettel, ancora una volta, ha dato la misura della Rossa ad Hockenheim ma a Charles serve ancora qualche km e qualche errore per completare la formazione. Del resto pare proprio questo il segno che accompagna la Ferrari.
Delizie e croci; sogni che montano, svaniscono, rinascono. Vettel, se non altro, ha ripreso tono e fiato. E in questo tempo per lui così critico, mostra una inedita tenerezza che chiama rispetto se non affetto.