“ROSEA” DI RABBIA - GAZZETTA IN SCIOPERO, IL COMUNICATO DEI GIORNALISTI: "GRUPPO PIEGATO SU SE STESSO DA RANCORI INTERNI E MALAGESTIONE. SE GAZZETTA TV DOVESSE CHIUDERE, CHI PAGHERÀ? PAGHERANNO SEMPRE I SOLITI, I LAVORATORI?" - - -

"Ieri non sono stati aggiornati il sito Gazzetta.it e il canale 59 di GazzettaTv per uno sciopero dei giornalisti - Anticipare la exit strategy (un modo elegante per parlare della chiusura?) dalla tv senza averla valutata con i giornalisti è un duro colpo alla redazione. Per quale motivo, nel frattempo, è stata impoverita l' offerta della WebTv di Gazzetta.it?" -

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Da “la Gazzetta dello Sport”

 

Cari lettori, ieri non avete trovato in edicola l' edizione della Gazzetta dello Sport. Per tutto il giorno, inoltre, non sono stati aggiornati il sito Gazzetta.it e il canale 59 di GazzettaTv per uno sciopero dei giornalisti.

 

E' stata una decisione sofferta della redazione, la protesta di un gruppo di lavoratori feriti da un ulteriore sgarbo. Nel giorno della sua ennesima (attesa e delicata) ripartenza, Rcs MediaGroup presenta il piano triennale del nuovo Amministratore Delegato, si confronta con il mercato e la stampa specializzata e parla di un tema delicatissimo - il futuro di GazzettaTv - senza averlo ancora valutato con la redazione e la sua rappresentanza sindacale, nonché con la Direzione.

 

Una forma irrituale che la redazione ha preso come un pugno nello stomaco. Perché ha a cuore il futuro di tanti colleghi - giornalisti e non -, perché il marchio Gazzetta non merita di essere messo in gioco in maniera leggera e perché è rimasta spiazzata dalla tempistica della comunicazione.

 

L' eredità di Pietro Scott Jovane e la lunga crisi di Rcs Mediagroup (gravata da centinaia di milioni di euro di debito) andavano affrontate rapidamente e l' ingegner Laura Cioli se ne è fatta carico: il suo predecessore aveva svolto il compito in circa sei mesi, per arrivare al taglio di oltre mille posti di lavoro, alla svendita di ogni immobile, alla chiusura e alla cessione di testate periodiche, al depauperamento di gran parte del valore di un gruppo che in Italia era un gigante, mentre oggi è piegato su se stesso da rancori interni e malagestione.

 

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Non entriamo nel merito del piano, anche se alcuni elementi meritano una serie di domande che porremo oggi alla stessa Ad, ma anticipare la exit strategy (un modo elegante per parlare della chiusura?) dalla tv senza averla valutata con i giornalisti è un duro colpo alla redazione.

 

In questi anni i sacrifici non sono mancati, si sono concretizzati in tre stati di crisi , mentre ora vige un accordo di solidarietà che riduce i nostri stipendi ma non la nostra passione, la voglia di fare una Gazzetta sempre più bella, ricca e completa. Un sistema che tra carta e web macina record di lettura ma anche utili è un bene da preservare.

 

E questo anche se la carta rende sempre meno, anche se gli analisti (questi signori al soldo delle banche, servi di calcoli che nulla hanno a che vedere con l' informazione) dicono che il mercato si riduce e va combattuto tagliando costi e investimenti. Ma Gazzetta da anni è invece un brand che pubblica un giornale, informa gli sportivi con un ricco sito web ed ora anche con una tv. Ridurre non è mai una ricetta vincente.

 

Peccato che non si sia potuto aggiungere all' offerta una digital edition all' altezza: Rcs è riuscita a realizzare una app con più fornitori (per motivi noti solo all' ufficio acquisti). Peccato che il sistema editoriale utilizzato nelle redazioni sia ben lontano dall' essere uno strumento che permetta ai giornalisti di lavorare su più piattaforme.

 

Peccato che la rete pubblicitaria che dovrebbe sostenere i nostri conti sia un altro groviglio organizzativo inestricabile. Peccato che la stessa GazzettaTv, dopo dieci mesi in cui ha ottenuto livelli di share in linea con le attese degli esperti (e non di qualche dirigente illuso), venga messa alla berlina.

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Si potrebbe proseguire, ma i lamenti devono finire. Noi siamo orgogliosi di lavorare per il giornale più letto in Italia, per lo sportivo più antico. Noi siamo ancora orgogliosi di firmare sulle pagine rosa. E vogliamo continuare a farlo in un' azienda che crede nell' impresa editoriale, che vende informazioni e passione e può farlo solo con i giornalisti, mettendoli sempre in condizione di dare il meglio. Noi siamo pronti a fare il massimo e lo abbiamo ribadito spesso e dimostrato con i fatti. Per questo ora chiediamo il rispetto delle nostre persone, a cominciare da chi lavora alla tv: colleghi che non meritano annunci irrituali e un futuro così nebuloso.

 

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All' ing. Cioli anticipiamo ora alcune domande - Davvero GazzettaTv chiuderà dopo meno di un anno di vita, col danno d' immagine che ne consegue, senza che le sia dato il tempo di cui ogni emittente necessita prima di produrre utili?

 

- Per quale motivo, nel frattempo, è stata impoverita l' offerta della WebTv di Gazzetta.it, un fiore all' occhiello che ci distingueva dalla concorrenza e che proponeva ai lettori highlights e videorubriche di calcio italiano, internazionale di altri sport, nonché servizi sul campo di alta qualità giornalistica e tecnica? E in che cosa consiste il progetto di ri-trasformazione della Tv in WebTv e MobileTv, che ora suona come una beffa per i motivi di cui sopra? Prevede l' utilizzo dei colleghi che oggi lavorano a GazzettaTv?

 

- Se GazzettaTv dovesse chiudere, quanti dei milioni risparmiati verrebbero destinati alla rinascita dei nostri prodotti video su altre piattaforme, e al potenziamento del sempre lacunoso settore Information Technology, che azzoppa ogni nuova idea?

 

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- E infine, chi pagherà per questi disastri? Per il flop sistematico di ogni tentativo di sviluppo, per una Digital Edition e una Tv lanciate e drasticamente ridimensionate in meno di un anno, per scelte strategiche sbagliate e piani manageriali senza capo né coda? Pagheranno sempre i soliti, i lavoratori?

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La Gazzetta dello Sport - Il Cdr.

 

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