Estratto dell’articolo di Lodovico Poletto per lastampa.it
Fisi deve pagare i danni a Basicitalia (proprietaria del gruppo Kappa), cioè l’azienda torinese che ha vestito d’azzurro gli atleti della nazionale sci alpino (e non soltanto) per parecchi anni. E ogni giorno che passa - o meglio, ogni stagione sciistica che si chiude da qui al 2026 - il conto aumenta. Insomma: il giorno in cui si accenderanno le calcolatrici per mettere in fila le cifre rischiano di essere a sette zeri. E, come dice qualcuno, causare anche qualche problema di bilancio alla Federazione dello sci che - nel 2021 - aveva chiuso il bilancio in attivo e con liquidità finanziarie immediate e differite di una quindicina di milioni.
Cifre ipotizzate?Nessuna, per il momento. Le variabili in gioco sono tante e vanno conteggiate anche tenendo conto dell’esposizione mediatica che avranno gli atleti italiani. Che come dire: se vincono tanto e salgono sul podio con le tute sponsorizzate da Armani, l’entità della cifra potrebbe impennarsi ancora di più.
Ora, per chi lo sci lo pratica, ma non è proprio attentissimo alle vicende che tormentano la Fisi (vale a dire la Federazione italiana sport invernali) la questione può apparire minima. Ma non è così. Perché in questa storia che si trascina ormai da mesi, e avvelena la neve e il ghiaccio che pestano gli atleti, di mezzo ci sono due grandi aziende italiane (Basicitalia e Armani) e i vertici della Federazione degli gli sport invernali. Basicitalia - che ha vestito gli atleti per anni - accusa Fisi di non avere rispettato il diritto di prelazione del contratto di fornitura dell’abbigliamento sportivo degli atleti azzurri. Affidando l’appalto ad Armani, che per ora - nonostante le sentenze precedenti - va avanti. Fino a quando, però, è un mistero assoluto.
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Comprensibile il fatto che nessuno degli attori in scena su questa vicenda per il momento abbia la benché minima intenzione di commentare.
Il motivo? Il tribunale nella sentenza ha scritto anche altro. E la sintesi è più o meno questa. Uno: va «inibito a Fisi l’utilizzo di abbigliamento con marchio diverso o in concorrenza» con quelli di Basic. Due: Fisi va condannata a rispettare il contratto firmato con i torinesi di Basic. Tre: sempre la Federazione dello sci deve metter mano al portafoglio e pagare le spese fin qui sostenute nei vari giudizi. Che ammontano - malcontati - a più di 60 mila euro. Briciole per la Federazione presieduta da Sergio Roda. Ma sono denari che nulla hanno a che vedere con la ventilata richiesta danni che l’azienda torinese potrebbe pretendere a fine 2026. L’anno in cui sarebbe scaduto il contratto attivato da Basicitalia con il meccanismo della prelazione più o meno un anno mezzo fa.