Alessandro Bocci per il “Corriere della Sera”
Credevamo di aver visto tutto dopo le sfide scintillanti tra il Real Madrid e il Paris Saint Germain e tra i Blancos e il Chelsea e invece non avevamo visto ancora niente. All'Etihad, lo stadio del City, è andata in scena la Partita dell'anno, un 4-3 elettrizzante, che ci ha tenuti incollati davanti alla tv, novanta minuti (più recupero) senza un attimo di tregua, sette gol, mille occasioni, un ritmo da stordire.
Un calcio diverso, che in Italia ci sogniamo. La differenza è abissale e ogni anno, purtroppo, il gap aumenta. Da City-Real ci separa tutto: i soldi e di conseguenza la qualità dei protagonisti, ma anche l'intensità e la cultura calcistica. Si sono scontrate due squadre che, messe insieme, valgono poco meno di due miliardi di euro. Ma noi siamo indietro. Il calcio italiano arranca e rischia di affogare tra i debiti.
Nella prima semifinale di Champions abbiamo visto all'opera i migliori giocatori del mondo: lo straordinario Benzema, centravanti da Pallone d'oro, che con una doppietta tiene in piedi Ancelotti in vista del ritorno nel tempio del Bernabeu. E poi De Bruyne, il centrocampista più forte e moderno del mondo, il canterano Foden e l'irresistibile Vinicius, classe 2000 che sono già campioni.
In Italia solo Raspadori tra i Millennial ha festeggiato il traguardo delle 10 reti in campionato e gioca in provincia, nel Sassuolo. Se siamo fuori dal Mondiale le colpe di Mancini sono evidenti, ma i limiti del nostro movimento sono la vera ragione del secondo fallimento consecutivo.
Mancano le stelle, la visione e il coraggio di far crescere una nuova generazione. Manca, come detto, la cultura. Durante la Partita non ci siamo quasi accorti dell'arbitro. Il City ha fatto la partita, il Real ha ribattuto colpo su colpo. Il gioco al centro di tutto. Da noi è spezzettato, tanti falli, troppe sceneggiate, odiosi capannelli intorno agli arbitri, che saranno pure mediocri ma certo non vengono aiutati dai protagonisti in campo. Ci consola una generazione di nuovi allenatori, da Italiano a Juric, da Tudor a De Zerbi. Ma la strada è lunga e il riscatto lontano.
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