Cesare Cremonini per il “Corriere della Sera”
Valentino ha compiuto in questi anni affascinanti un’impresa che (lui non sarà mai d’accordo con me) conta per noi tifosi quanto un titolo mondiale. L’anno prossimo vai per l’undicesimo Vale, via!
Tifo messo da parte, le difficoltà vissute in sella alla Ducati, preannunciate in modo drammatico dall’infortunio del 2010, avevano le dimensioni tipiche del collasso sportivo e psicologico. Niente avrebbe potuto oscurare il suo dominio epocale, ma si sa — e lo sapeva anche lui — la MotoGP è un regno difficilissimo, e i libri di storia sono fatti a grandi capitoli: a un certo punto il momento arriva, e dal nulla compare qualcuno che senza rispetto vuole scriverne in fretta un altro.
Quel qualcuno però sottovalutava il fatto che una penna di riserva, una penna d’oro tutta sua, un campione inarrivabile ce l’ha sempre in tasca, e Vale aveva ancora tanto da dire. Quindi il ritorno a casa, da figliol prodigo in Yamaha, affrontando una classe regina che nel frattempo era cambiata senza aspettarlo, dominata da venti forti e giovanissimi, piloti nati con l’iPhone nella culla al posto dell’orsacchiotto e il sito di YouPorn tra i preferiti nel Pc come lettura serale al posto dei fumetti. «Sono ancora capace di vincere?», sembrò chiedersi in quel momento.
E chissà se lo ha pensato davvero, se ha rischiato di credere alle dicerie, alle facili conclusioni del popolo dei bar. «Invece», e questa sì che è una parola meravigliosa, il ragazzo che per i «maligni e i superbi» della Donna Cannone sparata nel cielo doveva essersi fatto ormai «vecchio e bollito», è proprio a questo punto della sua lunga storia che ha cominciato a «invecchiare» davvero. Ma nel modo migliore possibile, come era nel suo diritto: scintillando.
«Perché sì!», sembrò gridare a chi gli chiedeva come mai fosse ancora lì a lottare. Dite che sono vecchio? Ok, ma proprio per questo saprò dare risposta alle vostre domande. Ci vediamo in pista. Da allora, dimostrando valori sportivi e umani che dovrebbero essere insegnati a scuola, iniettati in vena ai nipoti e ai pronipoti della MotoGp, tante cose sono cambiate a piccoli passi.
Non è soltanto l’amore sconfinato per il motociclismo ciò che si nota tra le gocce di sudore che gli scivolano giù dai riccioli a fine gara, come fossero sempre lacrime di gioia, ma è anche il mai domato coraggio di fare le scelte che servono. In pochissimo tempo Vale ha partorito nuove idee, e un box adeguato ai suoi veri obiettivi. Il primo: tornare a «vincere».
Vittoria, questa parola magnifica (la stessa che il mitologico Uccio ha dato come nome alla sua prima figlia), è stata la sua vera compagna di vita. La moglie che aveva amato e mai tradito, prima di ogni altra donna, prima ancora di incontrare Linda, una splendida pagina del suo presente. E alla fine, in così poco tempo, in soli due anni, battendo ogni pronostico, sì, alla fine, ci è riuscito per davvero. Cambiando ed adattandosi perfettamente allo stile di guida dei suoi avversari, definito volgarmente «moderno».
Mettendosi al lavoro con umiltà per capire quanto fosse ampio il gap che lo separava dalle Honda e dal suo compagno/rivale Lorenzo. Facendo crescere la sua amata M1 insieme alla fiducia in se stesso. Rosicchiando qualcosa gara dopo gara, centesimo dopo centesimo al fuoriclasse Marquez, quest’anno l’unico ad essere degno di combattere con lui, e definendo bene i confini reali che lo separano dai suoi sogni. Scacciando con uno battito d’ali il buon Pedrosa e con l’ultimo acuto di Valencia lo smarrito Lorenzo. Ispirando e stimolando fortemente e continuamente i suoi connazionali Dovizioso e Iannone.
cremonini con la moto di rossi
Scrivetelo grande nei libri di storia, e sui giornali, ora che c’è un altro capitolo da riempire. Altri due come minimo. Come un ballerino a cui riesce il passo impossibile, in una vita di fughe e inseguimenti su pista, Vale in questi due anni ha superato l’avversario più forte che avesse mai incontrato: se stesso. L’anno prossimo, finalmente, sarà l’anno zero: in bocca al lupo Vale !