Angelo Scelzo per “Avvenire”
L'aveva programmata nell'anno del centenario, il 2019, ma poco mancò, un rigore fallito dal Venezia nello spareggio salvezza, che finisse addirittura in C. Poi il grigio interregno di Gian Piero Ventura, ex Ct azzurro, in cerca di un riscatto che non ci fu. Da ieri pomeriggio, con una larga vittoria (3-0) sul campo del retrocesso Pescara, la serie A è ritornata nella mani della Salernitana.
Stessa data, Il 10 maggio, dell'ultima conquista, esattamente ventitré anni fa, con Delio Rossi in panchina. Un anno e via, con l'immediato ritorno in B, come nel '49, il primo assaggio di serie A che restò tale, anche allora, un dietrofront immediato, nonostante Gipo Viani alla guida tecnica e l'invenzione di un modulo, il 'vianema', che fece certo più strada della squadra. Altro calcio.
La Salernitana si riprende così la scena, mandando in onda, fuori i cancelli dell'Arechi, e per le strade e le piazze della città, quel frammento di festa possibile che, pur tra le inevitabili trasgressioni, risulta solo una parziale rappresentazione delle 'Piedigrotta' del passato.
Tutto partiva sempre dal terreno di gioco, invaso e poi come trascinato per tutta la città che diventava a sua volta un tappeto verde sul quale esporre ed esibire, come parte della festa, la storia, l'arte e l'onor , i pezzi pregiati che non mancano dappertutto e che Salerno mette in fila a partire dalla celeberrima Scuola medica, la singolare storia di enclave longobarda nel Mezzogiorno, e perché no? la presenza nella cattedrale normanna di un evangelista, Matteo, patrono della città e di un gigante del medioevo come Papa Gregorio VII.
Il resto è paesaggio, stretto dall'incanto di due coste, quella amalfitana e la cilentana, che irradiano bellezza. La Salernitana ha intanto fatto il suo. Un po', anzi molto, a sorpresa. Anche se più di tutte la squadra allenata da Fabrizio Castori ha saputo cogliere e trasmettere, a suo modo, un segno dei tempi che dice qualcosa. Pur promossa, non si è distinta sul campo per il bel gioco o lo spettacolo che ha dato.
È stata una squadra-operaia, solida, robusta, mai doma, capace di ribaltare il risultato nel giro di pochi minuti finali. Poco alla volta, senza grandi squilli di tromba, ha saputo guadagnarsi una fiducia che ha finito per contagiare in positivo anche una città smarrita e, come tutte, alla ricerca di ogni appiglio per guardare avanti con più fiducia e ottimismo. Il calcio certo non è unguento a nessuna ferita, e men che mai sembrano questi i tempi propizi a qualche tirata retorica.
Tanto più che proprio all'ultimo non è mancato il tentativo di rovinare la festa con la vile e ignobile aggressione, da parte di due teppisti sedicenti tifosi, ai danni della figlia di Grassadonia, allenatore degli abruzzesi, ma con la famiglia a Salerno. La forte presa di distanza e la corale solidarietà nei confronti di tutta la famiglia Grassadonia, ha subito messo ai margini un episodio da catalogare sotto il titolo «follia e stupidità fanno danni insieme».
Torniamo alla squadra. Per i granata di Castori, un allenatore di poche parole e molti fatti, è contato molto in termini di classifica. Ed era quel che interessava per dare la scalata vincente ad una serie A nella quale, tra l'altro, la Salernitana trova quasi una consorella, vista la comune proprietà con la Lazio del patron Claudio Lotito, a Salerno affiancato dal socio Mezzaroma.
L'intreccio societario, per il momento, è un problema di prospettive che, per quanto immediato, è ora in coda agli ineliminabili programmi di festeggiamenti. Tutto si è concluso sul filo di lana, con il Monza che fino all'ultimo ha sperato di poter scavalcare la Salernitana alle spalle dell'Empoli già promosso. Nello scontro diretto di tre turni fa, i brianzoli, con una doppietta di Balotelli avevano espugnato l'Arechi alimentando ulteriormente le speranze di un sorpasso.
Sembrava il primo passo di una resa, ma il tratto della Salernitana di Castori è stato quello di non arrendersi ma di provare a ricominciare sempre daccapo, facendo leva sul carattere, sulla volontà, su uno spirito di squadra che l'allenatore umbro ha curato molto dei dispositivi tattici. Anche qui c'è stato un tratto in controtendenza, ripensando ai fasti del 'vianema' e a Viani. Ricordi e reminiscenze di un calcio, e anche di una Salernitana, d'altri tempi. Il presente è ora una serie A acciuffata per i capelli. E che si vorrebbe, una volta tanto, tener stretta.
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