Laura Larcan per “il Messaggero”
costantino d'orazio l'arte in sei emozioni
Saffo per il desiderio e la Medusa di Caravaggio per il delirio, i putti raffaelleschi per l' allegria e il San Girolamo di Leonardo per il tormento, la pipa di Magritte per il dubbio e San Tommaso per lo stupore. Tu chiamale, se vuoi, emozioni: quelle per cui vale la pena raccontare tutta la storia dell' arte, dall' antichità al contemporaneo.
Sei, per l' esattezza, il numero perfetto, cristallizzato da Cartesio (sua la lezione che «le emozioni provate dall' essere umano sono sei»). Il viaggio nel tempo resta intatto, ma il volo ad uccello non abbraccia gli stili o i movimenti. Stavolta parlano i sentimenti. «E l' arte ci può insegnare a capire meglio quello che proviamo. Ce lo descrive, ce lo mette di fronte. Ci aiuta, in fondo, a capire meglio noi stessi».
LA RIVOLUZIONE
Lo sostiene lo storico dell' arte, scrittore e divulgatore scientifico Costantino D' Orazio (voce e volto di tante trasmissioni Rai) che ha dedicato la sua ultima fatica letteraria proprio a questo tema, L' arte in sei emozioni (Editori Laterza).
«Nell' antichità - spiega nel volume D' Orazio - le emozioni venivano espresse in modo libero, seppur indotte dall' esterno. Il delirio è sotto l' influsso di Dioniso, il desiderio brucia sotto l' influsso di Eros.
Non siamo mai responsabili delle nostre emozioni. Cosa che continua nel Medioevo, diviso tra diavolo e dio. Fino alla rivoluzione di Giotto. Il primo a raccontarci del pianto, del dolore, dello struggimento. I suoi angeli piangono sul corpo di Cristo morto. Poi, le emozioni cominciano a diventare proprie tra 500 e 600.
il disperato autoritratto di gustave courbet
Ma quando sono forti, come il desiderio, gli artisti ricorrono alla veste mitologica per metterle in scena. Come nella Galleria delle Passioni degli dei a Palazzo Farnese, o nel Ratto di Proserpina del Bernini alla Galleria Borghese». Uno scandalo riparato da dei ed eroi. Una amabile forma di ipocrisia.
«Dal 700 si cominciano a studiare queste emozioni», continua D' Orazio che elegge Cartesio e il pittore della fisiognomica Le Brun a moderni Virgilio per attraversare i gironi dell' arte, dal Romanticismo che vive le emozioni in modo più consapevole, fino al contemporaneo, dove le emozioni devono essere fortissime, intense, e anche ambigue. Per ogni emozione, l' autore sceglie una decina di opere. Ne citiamo le più iconiche.
Il prologo è il Desiderio (e non l' amore, si badi bene): parola che racconta la complessità dell' emozione. Protagonista, è l' immagine di Saffo nella basilica sotterranea di Porta Maggiore a Roma (I secolo d.C.), nell' atto del suicidio. Personaggio straordinario, poetessa dai desideri profondi. E si continua con il Delirio, una sofferenza che esplode.
La Trasfigurazione di Raffaello (1518, Pinacoteca Vaticana) ne esprime l' esatta rappresentazione: «C' è l' essere posseduto e l' effetto che il delirio provoca nella folla - dice D' Orazio - E Gesù appare come la risoluzione, la forza che ci restituisce il controllo».
Ancora, l' Allegria, esaltata dal Ritratto di bambino con disegno di Giovanni Francesco Caroto (1530, Museo di Castelvecchio), una parodia di autoritratto di artista, con un bimbo dai capelli rossi, dal volto bello, ma ambiguo. «Perché l' allegria è stata una delle emozioni più riferite al diavolo nel corso della storia. Non è la serenità, l' estasi, la felicità. Ma qualcosa che portava alla tentazione», avverte D' Orazio.
LA SOFFERENZA
fanciullo con disegno di giovanni caroto
Il Tormento è quella fase di sofferenza continua nel tempo: rovello da cui non riusciamo a liberarci, che esprime il San Girolamo di Leonardo (1480), opera non finita perché probabilmente i committenti non l' hanno più voluta: troppo drammatica, tragica, straziante. E si arriva allo Stupore con l' Autoritratto di Courbet (1844) in cui «spalanca gli occhi sulla realtà, che dipingerà sempre nella sua vita. Una realtà che si ha di fronte e non t' aspetti».
L' epilogo è dedicato al Dubbio. A tradurlo in capolavoro, il Pugile a riposo di Lisippo (IV secolo a.C.). «Sta rispondendo ad un richiamo: si gira, e l' espressione unita alle ferite sul volto danno l' idea di un atleta colto dall' incertezza. Nessun trionfo, ma un' anima che si interroga».