three part invention di allen jones
Allen Jones è in mostra con una retrospettiva da giovedì 13 novembre al 25 gennaio alla “Royal Academy of Arts” di Londra. L’artista ha sempre sollevato polemiche, da quando, nel 1969, ha realizzato “Hatstand, Table and Chair”, cioè attaccapanni, tavolo e sedia formati da donne-mobili ultrarealistiche, sottomesse e in stile bondage, facendo infuriare le femministe.
«Il fetish non ha data di scadenza», spiega la sua segretaria «Quei tre pezzi potrebbero essere stati fatti oggi, potrebbero tranquillamente essere esposti nella vetrina di “Agent Provocateur”. Per tanti che lo accusavano di esporre le donne come fossero oggetti, altri lo apprezzavano perché mostrava nient’altro che l’immagine del capitalismo, dove il corpo femminile non è espressione personale di sensualità, ma proiezione sessuale maschile.
Cosa sono le opere di Jones? Critica o endorsement al sistema? Prendono una posizione o semplicemente mostrano ciò che è? Fino al 1986, quando la sedia fu vandalizzata con l’acido, le sculture provocarono un acceso dibattito.
Credo sia impossibile concepire Jones come un artista che rende le donne oggetto. Tra le sue sculture e i suoi dipinti ci sono corpi che si uniscono, fino a dimenticare la distinzione fra l’uno e l’altro e fra i generi. L’ermafroditismo è un suo tema ricorrente. In “Drama”, ad esempio, le gambe di una donna si fondono con quelle di un uomo.
Nel 1969 Jones spiegò: «Questa è la vera direzione della ragazza-copertina nella pop-art, la donna separata nelle sue parti pneumatiche. E’ dove siamo diretti, verso un posto dove le donne sono tutto tranne che persone». Le femministe hanno sparato al loro profeta? O lui ha distorto il messaggio?
La mostra e il dibattito un tempo avrebbero generato discussioni. Il fatto che non accada fa capire quanto il mondo si sia trasformato. La cultura è diventata supina, mentre l’immagine del capitalismo non è cambiata, anzi si è involgarita, si è fatta più assertiva: un sesso è concepito come carne per l’altro.