Vittorio Macioce per "il Giornale"
Il profilo resta quello di un piccolo rapace o di un prete spretato che non rinnega i suoi errori anche quando sussurra «mi pento» e «perdono», perché certe cadute sono il sale dell'uomo, animale meschino, senza grandezza. C'è qualcosa in Calisto Tanzi che ti fa male. Lo capisci quando in tribunale si volta verso di te, verso il pubblico, scavato, il sondino nel naso e il cerotto bianco a svilire il volto. È un vecchio, Tanzi. Un vecchio malato. Eppure c'è qualcosa che non scatta, non arriva. Non riesci a provare pietà.
CALISTO TANZI MALATO IN TRIBUNALENiente, e di questo ti vergogni. È come se la colpa fosse tua, non sua. Sta di fatto, però, che questo vecchio malridotto non provoca alcun sentimento di pietas . Non è per rabbia o rancore, neppure per giustizia. Non è questo il problema. Si può provare pietas perfino per Saddam Hussein con la corda al collo e la barba da derelitto o per un Gheddafi con gli occhi sbarrati. C'è chi va in empatia per il romanzo criminale della Magliana o sorride alla sorte di quel bauscia di Vallanzasca. Ma su Tanzi, no.
Questo imprenditore che viveva di furbate invece non commuove e non emoziona. Come ti dice un amico: «E perché dovrei avere pietà? Non sta neppure in carcere. Ha fatto carne di porco. Ha voluto esagerare... ».
Il vecchio Calisto non si è accontentato della sua ricchezza. C'è il ricordo di quel crac finanziario, con i bilanci falsi e le società fittizie, che è caduto come una disgrazia sulle illusioni e le ingenuità dei piccoli risparmiatori, che sono falliti insieme al fallito. Lui con la sua squadra di calcio e le ville e i miliardi, loro con il gruzzolo messo da parte. Come può fallire la Parmalat? E si sono fidati.
CALISTO TANZI IN TRIBUNALE.Tanzi ha risposto con faccia tosta, come se avesse guai più grandi per preoccuparsi delle miserie di chi si improvvisa finanziere. È chiaro che per le vittime questo menefreghismo non ha pietà. Ma non è solo questo. C'è qualcosa di più in questo vecchio malandato che crea distacco, cinismo. La storia di Tanzi è senza grandezza. È senza passione.
tanziChi è Calisto? Cosa è stato? È uno che fa impresa convinto che l'importante sia conoscere le persone giuste. Si affida ai politici, ai partiti, soprattutto la grassa Dc, sempre pronta al costume del do ut des, aiùtati che Dio ti aiuta. Tanzi apre uno stabilimento a Nusco per compiacere De Mita e di De Mita si vanta e da De Mita riceve. Non c'è però solo Ciriaco o il resto della Dc. Gli orizzonti di Tanzi sono larghi, vanno da sinistra a destra, dal vecchio al nuovo, perché in Italia non si sa mai ed è sempre bene avere una riserva se cambia un santo in paradiso.
È tipico Tanzi, tanto, parecchio italiano, un terrone del Nord, che sta lì a mostrare che un certo «nuschismo» non mette radici solo a Nusco. È uno che sembra camminare al di sopra delle sue possibilità, come se la fortuna gli avesse già regalato il possibile e quando le cose cominciano ad andare male, ben prima degli anni Novanta, si arrangia, nasconde, fa la furbata, ma anche questa passa più come un'aggiustata mediocre che come truffa leggendaria.
È il gioco delle tre carte di un riccone di Collecchio che spera di farla franca e lascia in giro un buco di quattordici miliardi di euro. Ecco il sapore del fallimento Parmalat: i numeri sono grandi, i personaggi no.
Ciriaco De Mita nel suo appartamento alla fine degli ani 80 w ric40 ciriaco demitaCalisto forse la pietà non la cerca nemmeno. Nel suo sguardo c'è solo la voglia di essere lasciato in pace. Il problema è tuo. È nostro. Siamo noi che vorremmo provare per questo vecchio che si trascina davanti al tribunale qualcosa di più dell'indifferenza. Vorremmo dire: sta pagando la pena, ma quel corpo scarnificato è un colpo al ventre. Queste foto, che passano su siti e agenzie, dovrebbero farci vergognare, con una mano andrebbero scan¬sate, per esclamare «eh, che diavolo».
Niente. Tanzi è normale. Tanzi si presenta davanti al suo giusto destino. Anzi, semplicemente, chi se ne frega. La colpa è nostra, appunto, non sua. È che forse quest'uomo che ha trafficato e nascosto miliardi è il vicino di casa. È lo specchio di quelle meschinità in cui nessuno si vuole rivedere.