Giovanni Pons per “la Repubblica”
Il consiglio di amministrazione di Telecom Italia ha deciso di accettare la richiesta del socio Vivendi e integrare l’ordine del giorno dell’assemblea del 15 dicembre, originariamente convocata in sede straordinaria per approvare la conversione delle azioni di risparmio in ordinarie. Ora vi sarà anche una parte ordinaria, che non richiede quorum minimo di partecipazione, e che delibererà a maggioranza semplice sull’estensione del numero dei consiglieri da 13 a 17 e poi sui quattro nomi proposti dal gruppo francese.
La società presieduta da Vincent Bollorè ha motivato la sua richiesta col fatto che «Vivendi ritiene coerente con l’entità e le finalità del proprio investimento disporre della possibilità di concorrere alla elezione in sede assembleare di quattro nuovi amministratori. Ove tale possibilità non le venisse offerta, infatti, Vivendi non riuscirebbe, sino alla scadenza dell’odierno cda, a contribuire in modo fisiologico e costruttivo alla migliore gestione della società nell’interesse di tutti gli azionisti».
Dunque Vivendi, avendo fatto un grosso investimento in Telecom (circa 3 miliardi sinora che potrebbero arrivare a quattro in futuro), vuole contribuire alla gestione e non stare alla finestra.
Assogestioni, la cui lista aveva ricevuto la maggioranza dei voti all’ultima assemblea dell’aprile 2014, aveva però sollevato dubbi su questa scelta. Se la proposta Vivendi passasse, infatti, il peso dei tre amministratori designati dai fondi scenderebbe dovendosi misurare su un totale di 17. Il cda di Telecom ha risposto ieri «reputando la propria attuale composizione adeguata in termini quali-quantitativi e soddisfacente il lavoro e l’impegno dei consiglieri. In chiave prospettica, e cioè nell’ottica del superamento della fase transitoria che ha caratterizzato la recente evoluzione della compagine azionaria, un numero di consiglieri compreso tra 11 e 13 viene tuttora considerato congruo e adeguato».
Vuol dire che il cda boccia la proposta di Vivendi? Non proprio, in quanto al punto successivo sempre il cda scrive: «Fermo quanto sopra, la nomina di ulteriori consiglieri può essere un’opportunità di arricchimento per il cda, quando chi è chiamato a parteciparvi sia portatore di professionalità ed esperienze capaci di contribuire fattivamente al processo decisionale della società».
Un colpo al cerchio e uno alla botte, dunque, che ha finito per dividere i tre rappresentanti dei fondi che già oggi siedono nel cda Telecom. Davide Benello ha infatti votato a favore di questa formulazione, Francesca Cornelli ha espresso voto contrario mentre Lucia Calvosa è uscita prima della votazione. Tre orientamenti diversi che danno l’idea della confusione che regna sui temi di governance.
Ora bisognerà vedere quali indicazioni di voto arriveranno dalle agenzie di proxi che in questi casi assistono gli investitori istituzionali. Poi tutto dipenderà dall’affluenza dei soci all’assemblea, solo lì si capirà se i fondi hanno la forza e la volontà di opporsi a un socio con il 20,1% del capitale. E ribadire che è il mercato il vero socio di maggioranza di Telecom.