Francesco Spini per ''La Stampa''
L' assemblea di Tim, che ha portato Vivendi a cristallizzare - con l' appoggio di alcuni fondi francesi e qualche hedge - la maggioranza nell' ex monopolista del telefono, non è che il primo passo della lunga marcia che nelle prossime settimane il gruppo guidato da Vincent Bolloré dovrà affrontare per non trasformare in una sconfitta la sua «campagna d' Italia». La prima scadenza da appuntarsi in agenda è quella del 30 maggio, data a cui la Direzione generale Concorrenza dell' Unione Europea ha aggiornato il termine - passibile comunque di altri slittamenti - entro cui si pronuncerà sugli effetti del controllo di fatto di Tim ai fini antitrust.
Il verdetto Ue si intersecherà con la pronuncia, già arrivata, dell' Agcom che, giudicando illegale il collegamento di Vivendi con Tim e Mediaset (insieme sfondano i tetti di ricavi tra settore tlc e media), ha dato a Parigi un anno di tempo per mettersi in regola.
Ma già entro il 18 giugno dovrà presentare un piano, dieci giorni prima di un altro appuntamento clou: l' assemblea di Mediaset del 28 giugno.
Il giudizio dell' Europa rischia di rivelarsi il più insidioso, soprattutto per le ricadute che le sue decisioni potrebbero avere a livello di Consob e della sua omologa francese, Amf. Lo stacco risicato (0,3%) con cui Vivendi ha «vinto» l' assemblea Tim, dove per ora ha rinunciato a piazzare quale presidente il proprio ad, Arnaud de Puyfontaine (rimasto vicepresidente senza deleghe), secondo le speranze francesi dovrebbe mettere al riparo il gruppo dal rischio maggiore, quello di dover consolidare il debito di Tim, cosa che nel 2006 fu risparmiata a Olimpia.
Al proposito il quotidiano «Le Monde» ha però pubblicato stralci di una lettera che Consob lo scorso 20 aprile ha mandato a Vivendi, in cui avvisava il gruppo che «dovrà obbligatoriamente procedere a una rivalutazione delle sue posizioni» nel caso «si ritroverà a detenere la maggioranza dei diritti di voto del cda», come poi è effettivamente avvenuto.
Frasi sibilline che il giornale francese collega con la questione del consolidamento. Altre fonti la inquadrano in tutt' altri temi, nell' ambito di una richiesta di informazioni. Comunque sia, il tema del debito Tim è sul tappeto. E dall' alto dei suoi 25 miliardi di euro, 6 dei quali sarebbero di competenza di Vivendi, non è cosa da nulla.
Altra spina nel fianco di Bolloré è la questione Mediaset, dove ha il 29,9% dei diritti di voto, incompatibili col 23,9% di Tim. La questione andrà risolta in un anno ma il 28 giugno, in assemblea Mediaset, con ogni probabilità Vivendi si presenterà con tutto il pacchetto, ancora non è chiaro con quale scopo.
Cosa scriverà Parigi nel piano del 18 giugno? Agire su Tim per alleggerirne la quota dei ricavi (dovrebbe scendere sotto il 40% del settore tlc quando ora è al 55,9%) non sarebbe semplice.
Anche un eventuale scorporo della rete (argomento dichiarato «chiuso» dall' ad Flavio Cattaneo) non sarebbe risolutivo.
Le altre ipotesi passano tutte da Mediaset. La prima è quella di sterilizzare i diritti di voto oltre il 10%, rimarcando l' impegno economico nel Biscione senza velleità di comando. Ma c' è una strada, più impervia, che passa da un nuovo accordo su Premium, la pay tv di Mediaset rifiutata da Bolloré ad affare già fatto. Al proposito ci sarebbe un' ipotesi - che Parigi non avrebbe ancora vagliato - che presupporrebbe l' acquisto della pay tv da parte di Vivendi alla valorizzazione accettata un anno fa dai francesi.
A quel punto il Biscione potrebbe riconoscere ai suoi azionisti un dividendo straordinario. Il titolo Mediaset ne avrebbe giovamento: in tal modo la discesa sotto il 10% assicurerebbe a Bolloré una buona plusvalenza, liberandolo dall' impasse. E per Vivendi resterebbe aperta la possibilità di perseguire la strategia di espansione «latina» che continua a declamare con forza.
VINCENT BOLLORE ARNAUD DE PUYFONTAINE VINCENT BOLLORE TARAK BEN AMMAR