Emilio Randacio per la Repubblica
Processate il numero uno di Eni, Claudio Descalzi" . È la richiesta avanzata dai pm di Milano, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro. L'amministratore delegato, in scadenza di mandato, è accusato di concorso in corruzione internazionale, per circa un miliardo e 300 mila dollari di tangenti versate - secondo l'' ipotesi accusatoria - all'ex governo nigeriano per ottenere, insieme alla Shell, i diritti esclusivi di sfruttamento del giacimento Opl245.
Oltre a Descalzi, la medesima richiesta ha raggiunto altre 10 persone fisiche e due enti, Eni e Shell, appunto. Tra gli imputati, anche il predecessore di Descalzi, Paolo Scaroni, alcuni manager della società del cane a sei zampe, e diversi mediatori, tra cui Luigi Bisignani, ed ex componenti di spicco del governo africano. Descalzi - difeso dall' ex ministro della Giustizia, Paola Severino - è stato interrogato per ben due volte nell'estate scorsa dalla procura, respingendo sempre l' accusa.
Per sfruttare il giacimento Opl 245, Eni avrebbe versato un miliardo e 92 milioni di dollari (altri 200 li verserà il socio Shell, altra società indagata) su un conto corrente del governo nigeriano aperto presso la Jp Morgan Chase.
Il 23 agosto 2011 da questo conto partono due bonifici da 400 milioni di dollari l'uno verso due conti correnti (alla Keystone Bank e alla First Bank of Nigeria) intestati alla Malabu, la società dell'ex ministro Etete attraverso la quale si era sostanzialmente autoassegnato la concessione del giacimento posto al largo della Nigeria.
Secondo la ricostruzione che il pm Fabio De Pasquale ha reso alla corte inglese il 4 settembre 2014, questa somma sarebbe dovuta servire per pagare presunte tangenti ai compari africani e a tre diversi gruppi: i manager Eni, gli intermediari esteri (Obi e il russo Agaev) e quelli italiani (Bisignani e l'imprenditore Di Nardo).