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1. SPECULAZIONE SULLE POPOLARI
Elena Polidori per “la Repubblica”
«Operazioni anomale» in Borsa sulle Banche Popolari: la Procura di Roma apre una inchiesta, per ora contro ignoti. Queste operazioni sarebbero avvenute a cavallo del 16 gennaio, quando il presidente del Consiglio Renzi ha annunciato a mercati chiusi l’intenzione di riformare il settore. L’ipotesi di reato è insider trading. S’indaga cioè per capire se c’è stata una qualche «soffiata».
Di certo si è verificata un’ondata di acquisti «accompagnati da vendite nella settimana successiva», secondo quando denunciato in Parlamento dal presidente della Consob, Giuseppe Vegas. Nei suoi calcoli «le plusvalenze effettive o potenziali» ammontano a circa 10 milioni di euro. Di qui l’accertamento su un eventuale «abuso di informazioni privilegiate»: ci sono di mezzo intermediari italiani e stranieri.
Subito divampa la polemica politica.Forza Italia, con il capogruppo Brunetta chiede al ministro Padoan di riferire in Parlamento e si domanda se il premier non abbia qualcosa da dire. La risposta di Renzi: «Non sono preoccupato, il sistema è solido». In Borsa i titoli della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio sono sospesi: dal 19 al 23 gennaio, secondo la Consob, sono saliti di oltre il 62%. In termini di capitalizzazione, in soli 18 giorni, sono stati «guadagnati» circa 47 milioni.
La Banca d’Italia, rilevando «gravi perdite», ha deciso di commissariare Etruria e azzerare il vertice dove siede come vicepresidente Pier Luigi Boschi, il papà del ministro per le riforme. Il primo atto del procuratore Giuseppe Pignatone e dell'aggiunto Nello Rossi è stato di chiedere la documentazione alla Consob; potrebbe seguire anche la Banca d’Italia. Vegas a sua volta sta ricostruendo il «circuito» dell’informazione privilegiata. In un allegato parla delle notizie stampa sulla possibile presenza del Fondo Algebris e delle smentite del fondatore Davide Serra, che ha partecipato alla Leopolda, su acquisti di Popolari nel 2015.
2. ECCO TUTTI I GUADAGNI, METÀ CON IL BANCO. LA COMMISSIONE CONVOCA DAVIDE SERRA
Walter Galbiati per “la Repubblica”
Qualche dichiarazione pubblica, un paio di tweet e alla fine un comunicato stampa ufficiale non sono bastati a colmare la sete di conoscenza della Consob. Davide Serra dovrà prendere un volo Londra-Roma per recarsi negli uffici dell’Authority che vigila sui mercati e spiegare cosa sapeva prima del 16 gennaio su quanto il governo del suo “amico” Matteo Renzi stava progettando sulla trasformazione delle banche popolari in società per azioni. La lettera di convocazione è partita.
Ad anticipare le mosse dell’inchiesta era stato in qualche modo lo stesso presidente di Consob, Giuseppe Vegas, in un passaggio in “legalese“ del suo intervento davanti alla Commissione Finanze. «Sono in corso di predisposizione - aveva detto - richieste volte a ricostruire il circuito informativo dell’informazione privilegiata, ovvero l’ambito in cui la stessa è maturata, il momento a decorrere dal quale essa ha assunto i requisiti di informazione privilegiata e i soggetti coinvolti nel circuito informativo».
IL PRESIDENTE DELLA CONSOB GIUSEPPE VEGAS
Vegas vuole utilizzare tutti i poteri che la normativa sugli abusi di mercato gli concede per ricostruire i fatti: «Procederemo ad audizioni - ha aggiunto nei confronti di alcuni soggetti rispetto ai quali sono già emersi elementi che portano a ritenere necessari indagini specifiche più approfondite». E uno di questi soggetti è il finanziere Serra, che oltre ad aver sempre sostenuto di investire nelle Popolari, sembra sia stato protagonista la settimana stessa dell’annuncio di Renzi di una riunione a Londra negli uffici del suo fondo Algebris sul tema in discussione al governo.
Gli uffici ispettivi della Consob hanno ricostruito i momenti salienti con cui il mercato è stato informato della possibile abolizione del voto capitario (una testa, un voto) per le prime 10 banche popolari italiane. Le prime indiscrezioni pubbliche hanno iniziato a circolare il 3 gennaio, mentre il primo annuncio ufficiale del governo risale a venerdì 16 gennaio, quando, a mercati chiusi, il premier Renzi ha parlato della riforma sul comparto bancario. Il 20 gennaio si è chiuso il cerchio con il consiglio dei ministri che ha varato la riforma per le sole banche con attivi superiori a 8 miliardi di euro.
Il boom dei titoli in Borsa è avvenuto lunedì 19 gennaio: in una seduta la PopMilano ha guadagnato il 14,9%, la Ubi il 9,7%, il Credito Valtellinese il 9,63%, la PopEmilia l’8,5%, il Banco Popolare l’8,3%, la PopEtruria l’8,2% e la PopSondrio l’8%. Gli uomini della vigilanza hanno scandagliato le compravendite avvenute nel periodo sensibile e hanno evidenziato plusvalenze effettive e potenziali per 10 milioni di euro.
LA SEDE DELLA BPM - BANCA POPOLARE DI MILANO - A PIAZZA MEDA A MILANO
Il dossier più scottante riguarda il Banco Popolare, una delle banche su cui Serra ha ammesso di aver operato, seppur in perdita, ma non nel periodo rilevante. Secondo le carte Consob, tra il 2 e il 16 gennaio 2015 un intermediario estero trattando quasi l’1% del capitale avrebbe conseguito una plusvalenza di 3,5 milioni di euro. La posizione è stata chiusa tra il 19 e il 23 gennaio.
Un operatore italiano invece ha incassato un milione con il trading sullo 0,3% della banca, un altro 350mila euro, altri ancora ricavi residuali compresi tra 23 e 30mila euro. Qui la Consob ha trovato anche derivati acquistati il 13 gennaio con un obiettivo di prezzo di 10,5 euro e le scommesse al ribasso sul titolo da parte della società inglese Aqr Capital management Llc, un hedge fund londinese di proprietà di un ex banchiere di Goldman Sachs.
L’altro fascicolo corposo è relativo alla PopMilano, sulla quale sempre dall’estero è stata ottenuta una plusvalenza di 1,4 milioni di euro. Un intermediario italiano ha acquistato tra il 7 e il 9 gennaio, portandosi a casa un utile di 800mila euro, un altro ha comprato il 16 e venduto il 19 con una plusvalenza di 220mila euro. Quest’ultimo trader ha procurato anche un guadagno di mezzo milione di euro a un investitore estero.
Altri intermediari hanno avuto utili minori e uno di questi è risultato attivo anche sulla PopEtruria, la banca ai cui vertici siede il padre del ministro Maria Elena Boschi, sulla quale la Consob ha messo in luce due piccole operazioni (con profitti per 2500 e 10mila euro) e le vendite allo scoperto dei fondi Gsa Capital e Kairos Investment. Movimenti minori per la PopEmilia e il Credito valtellinese, mentre su Ubi Banca gli 007 di Consob hanno scovato guadagni per 760mila, 300mila euro e 83mila euro, più un’operazione in derivati.
3. DAVIDE SERRRA: “HO VENDUTO E CI HO ANCHE PERSO”
Giovanni Pons per “la Repubblica”
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Nel quartier generale di Algebris Investments al 7 di Clifford Street, Londra, si ostenta tranquillità. Il fondatore del gruppo, il quarantaduenne Davide Serra che nel 2006 si mise in proprio per passare dall’analisi agli investimenti veri e propri, non sembra preoccupato per la tempesta che si sta scatenando in Italia sui suoi presunti investimenti in titoli delle banche popolari.
«Sono serenissimo, la nostra operatività è controllata da tre autorità diverse, Fsa per la Gran Bretagna, Sec per l’ufficio di Boston e Mas per Singapore, se avessi fatto qualcosa di sospetto sarei già stato sospeso», ripete Serra a chiunque gli chieda se ha comprato azioni in prossimità del decreto Renzi sulle popolari.
Ma l’incalzare della polemica in Italia è diventata insopportabile e induce il finanziere a emettere un comunicato stampa. «Al fine di evitare pericolose quanto sommarie strumentalizzazioni, Algebris Investments dichiara di non avere comprato alcun titolo di banche popolari italiane dal 1 al 19 gennaio 2015».
Il primo annuncio di Renzi di voler metter mano alle regole delle banche popolari è del 16 gennaio, dunque il fatto di non aver effettuato acquisti nel periodo precedente, se confermato per tabula, dovrebbe metterlo al riparo dall’accusa di insider trading. Certo non ha acquistato titoli, ma li ha venduti, perdendoci del denaro, come precisa lo stesso Serra in una seconda parte del comunicato.
«Unica operazione di rilievo effettuata nel periodo per conto dei propri fondi e mandati di gestione è stata la dismissione di 5.254.928 azioni del Banco Popolare a un prezzo medio di 9,72 euro». L’operatività sul Banco Popolare era stata già annunciata via twitter qualche giorno fa. E ora vengono precisati addirittura i prezzi di acquisto e vendita. «Tali azioni erano state acquistate nel 2014, durante l’aumento di capitale del Banco Popolare, a un prezzo medio di 13,76 euro, realizzando così una perdita», recita la nota di Algebris.
L’ultimo dettaglio riguarda la Banca Popolare dell’Etruria, i cui titoli hanno subito movimenti particolarmente significativi in Borsa a cavallo del decreto Renzi, provocando polemiche politiche per via del fatto che il vicepresidente della banca si chiama Pier Luigi Boschi, padre del ministro Maria Elena Boschi. «Mai nella storia di Algebris, sin dal 1 Ottobre 2006, è stato fatto alcun investimento (sia azionario sia in debito subordinato) nel capitale della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio».
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Difficile dire se i numeri comunicati da Serra basteranno a smorzare il tono degli attacchi politici di questi giorni. L’audizione in Consob prevista nei prossimi giorni dovrebbe servire proprio a questo e il finanziere si è detto pronto a collaborare con l’autorità. Ma è abbastanza evidente che l’accostamento tra il suo operato e quello del premier sta creando non poche situazioni di imbarazzo.
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La storia va avanti ormai da due anni, cioè da quando il primo cittadino di Firenze era in corsa per le primarie del Pd e Serra gli organizzò a Milano una cena con l’establishment finanziario, volto a esporre le linee guida di un futuro programma di governo. D’altronde l’ex analista di Morgan Stanley, specializzato proprio sul settore bancario, da quando è diventato un investitore in proprio, è diventato ospite e relatore di diversi consessi internazionali.
Fu il Financial Times a scrivere della sua consulenza richiesta dal governo britannico per risolvere il difficile caso della Royal Bank of Scotland, la banca finita nelle mani del Tesoro dopo la crisi finanziaria del 2008. La sua prima battaglia sotto i riflettori fu quella condotta contro le Generali di Trieste ai tempi della presidenza di Antoine Bernheim.
Serra con il piglio degli investitori attivisti di stampo anglosassone aveva contestato con una lettera la governance della prima compagnia italiana e aveva portato l’attacco direttamente all’assemblea di Trieste.
Il suo attivismo è dunque risaputo e ogni tanto gli si rivolta contro, come nel caso delle popolari. Tra le carte della Consob è finita l’indiscrezione di un workshop avente ad oggetto il cambiamento della normativa italiana sul credito cooperativo che si sarebbe tenuto negli studi londinesi di Algebris nei giorni precedenti l’annuncio del decreto Renzi. «Semplicemente quell’incontro non c’è mai stato, è un’invenzione del giornalista», dice Serra interpellato al riguardo.