Jaime D’Alessandro per ''la Repubblica''
Lo schiaffo arriva dal Tribunale di Milano ed è di quelli che lasciano il segno. Google è stata condannata in primo grado per abuso di dipendenza economica, concorrenza sleale, abuso del diritto nell’inadempimento contrattuale.
Un collegio tutto al femminile, presieduto da Marina Anna Tavassi e con Silvia Giani come giudice relatore, ha stabilito che il colosso del web deve pagare oltre mezzo milione di euro al motore di ricerca fiorentino Attrakt, oggi in liquidazione per i mancati pagamenti derivanti dagli introiti pubblicitari, e risarcire i fondatori per il danno subito con una cifra adeguata alla valutazione dell’azienda. Il perito di parte lo calcola in 9 milioni 673 mila euro.
Google, in pratica, dopo aver gestito le inserzioni pubblicitarie di Attrakt per più di due anni, avrebbe d’improvviso chiuso i rubinetti e portato l’azienda al collasso nel 2013. «Senza spiegazioni, senza concedere un congruo termine per ricercare nuovi partner commerciali sul mercato e, addirittura, ciò va sottolineato, trattenendo illecitamente una rilevante somma (…), di fatto impedendo ad Attrakt di continuare ad operare », recita la sentenza emessa a giugno e che ora la startup ha deciso di rendere nota.
«Attrakt è nata nel 2011», racconta Luca Ciavarella, 41 anni, una figlia di due e una laurea in Economia e commercio alle spalle. Ciavarella è uno degli otto fondatori dell’azienda. «Avevamo inventato un motore che permetteva alle persone di creare pacchetti di siti, relativi a temi specifici, e di compiere ricerche solo al loro interno. I pacchetti potevano anche essere pubblici, come una sorta di playlist, e consultabili da altri. Collaboravamo con Mountain View fin dall’inizio. AdSense, la piattaforma del colosso americano dedicata alle inserzioni, gestiva la pubblicità e noi a nostra volta compravamo visibilità su Google con AdWords».
L’azienda era cresciuta molto. Partita con 15 mila utenti, nel 2013 ne aveva un milione 700 mila al giorno. Guadagnava oltre 300 mila euro al mese a fine 2012. «Stavamo ingranando », spiega Ciavarella. I soldi arrivavano ogni 15 del mese da Google, che trattiene il 49 per cento dell’investimento pubblicitario. La compagnia di Firenze spendeva buona parte dei suoi guadagni in campagne con AdWords, sempre di Mountain View, campagne da Google «suggerite e incoraggiate », parole del Tribunale di Milano.
Fino a quando arriva una mail: segnala che in una delle pagine c’era un link ad un sito per adulti, un sito indonesiano che vendeva bambole gonfiabili. Era il risultato di una ricerca. Attrakt lo rimuove, la cosa sembrava esser finita lì, ma alle 10 di sera l’accesso ad AdSense viene bloccato e Google praticamente non comunica più con la startup. «Hanno solo detto che avevano rilevato attività illecite». Gli importi dovuti relativi alla pubblicità non vengono versati. Era il 13 gennaio del 2013, due giorni prima del pagamento di metà mese.
Ciavarella e compagni avrebbero potuto cercare partner diversi, se non si fossero legati a Google per due anni. A quel punto l’azienda era senza fondi, visto che reinvestiva quel che guadagnava in AdWords: impossibile ripartire. Pagati gli stipendi e i server, rimaneva ben poco.
Ora si attende la nomina del perito del Tribunale di Milano, il 19 ottobre, che dovrà stabilire l’ammontare del danno in relazione al valore di mercato di Attrakt. «È solo il primo grado e abbiamo già presentato ricorso», fa sapere Google. Già. Per vedere la parola fine potrebbero servire, secondo i tempi della nostra giustizia, dai sette ai dieci anni fra secondo grado e Cassazione. A meno che le due parti non trovino un accordo prima.
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