Estratto dell’articolo di Sissi Bellomo per “Il Sole 24 Ore”
PETROLIERE RUSSE CHE AGGIRANO LE SANZIONI SUL PETROLIO
Una petroliera su cinque nel mondo è una nave fantasma, che trasporta carichi sottoposti a sanzioni internazionali occultando le proprie operazioni, con gravi rischi anche per l’ambiente. Quasi sempre si tratta infatti di “vecchie carrette”, spesso con oltre vent’anni di servizio, cui vengono riservate scarse manutenzioni e che attraversano i mari prive di assicurazione […]
A fare il punto sul fenomeno – che coinvolge flotte sempre più numerose, controllate soprattutto da Russia, Iran e Venezuela – è un’analisi di S&P Global, basata su dati raccolti attraverso Commodities at Sea e Maritime Intelligence Risk Suite.
I risultati evidenziano un sostanziale fallimento delle misure sanzionatorie adottate negli ultimi anni: ci sono in circolazione ben 889 navi cisterna clandestine, con una capacità complessiva di 111,6 milioni di tonnellate di stazza lorda (dwt), pari al 17% del totale nel mondo.
La maggior parte di queste navi (586, ossia il 66%) sono riconducibili alla Russia, che in gran parte le gestisce direttamente, attraverso la compagnia statale Sovcomflot – essa stessa bersaglio di sanzioni internazionali – per esportare greggio e prodotti raffinati in violazione alle misure imposte dal G7 dopo l’invasione dell’Ucraina. […]
Per il greggio il “price cap” è fissato a 60 dollari al barile, livello al quale di recente l’Ural (la principale qualità esportata dalla Russia) è tornato ad avvicinarsi. Non a caso a ottobre, come segnala la stessa S&P Global, i volumi esportati da Mosca con la collaborazione di partner del G7 sono balzati al 24,8% (su un totale di 3,7 milioni di barili al giorno di greggio spedito via mare): un record da sette mesi, che si confronta con una quota del 16,2% in settembre, quando invece erano ai minimi dall’inizio delle restrizioni, in vigore da dicembre 2022.
PETROLIERE RUSSE CHE AGGIRANO LE SANZIONI SUL PETROLIO
L’azione del G7 non è stata del tutto inutile perché ha ridotto le entrate per il Cremlino, costringendo le compagnie russe a praticare forti sconti e a sopportare il costo di riorganizzare l’intera catena logistica.
Ma le esportazioni petrolifere russe – oggi dirette per la maggior parte in Cina e in India – sono addirittura aumentate rispetto a prima della guerra in Ucraina: dall’inizio del 2022 c’è stato un aumento di circa il 5%, a 6,3 mbd tra greggio e prodotti derivati, stima S&P Global.
Anche Iran e Venezuela, da tempo oggetto di pesanti sanzioni, hanno dimostrato buone capacità di recupero: i due Paesi – scrive l’agenzia – hanno raggiunto una produzione combinata di 4,15 mbd a settembre, dai 3,2 mbd di febbraio 2022. Al risultato ha contribuito l’esonero dalle quote produttive dell’Opec+. Molto più importante è stata però la vigilanza “rilassata” sul rispetto delle sanzioni, un linea che soprattutto nei confronti di Teheran dovrebbe cambiare con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca.
xi jinping vladimir putin vertice brics 2024 foto lapresse
Anche Iran e Venezuela inoltre hanno rafforzato nel tempo le proprie flotte di petroliere fantasma. La Repubblica islamica oggi ne conta 155, di cui ben 93 Vlcc, navi molto grandi, in grado di trasportare 2 mbg di greggio ciascuna (di questa categoria Mosca ne possiede solo 12 navi). […]