LA “TASSA SUL CONTANTE” È UNA BUFALA. ANZI NO - IL MAXI-PRELIEVO SUI VERSAMENTI SUPERIORI AI 200 EURO ERA IN UNA BOZZA DEL MINISTERO: “MA NIENTE È STATO DECISO”

Dopo il panico generato tra commercianti e professionisti, il viceministro Casero specifica che il testo “è ancora oggetto di modifiche”, e comunque non sarebbe mai passato per un decreto - L’intento di tracciare tutta la filiera per scoraggiare il “nero” è un ordine da Bruxelles...

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Fabio Savelli per il “Corriere della Sera

contanti per i rich kids contanti per i rich kids

 

La «tassa sul contante» è solo un’ipotesi di scuola. «Nulla di più», dicono dal Tesoro sorpresi dal polverone che ha suscitato l’indiscrezione secondo la quale il governo aveva in mente di inserire un’imposta di bollo proporzionale ai versamenti in banca superiori ai 200 euro. Luigi Casero, viceministro dell’Economia, la smentisce al telefono senza mezzi termini.

 

Neanche lui, al lavoro sul dossier, si capacita di come sia stato possibile che alcuni organi di stampa ieri abbiano riportato l’ipotesi di un balzello per scoraggiare la circolazione di contante. La accoglie con un misto tra stupore e sconcerto Enrico Zanetti, sottosegretario alle Finanze, che la definisce irricevibile soprattutto se contenuta all’interno di un decreto, priva quindi della necessaria condivisione politica.

 

EURO CONTANTI EURO CONTANTI

Con buona approssimazione si è trattata di una bozza redatta da qualche tecnico del Mef e recapitata in anticipo alle associazioni di categoria (professionisti, commercianti e artigiani) per sondarne gli umori. Perché sono proprio gli attori maggiormente interessati da un vasto piano di «manutenzione» - dicono fonti di via XX settembre - nel rapporto tra le imprese e l’erario. Il cui cardine, contenuto all’articolo 9 della legge delega in materia fiscale, è (e questo lo si può affermare con certezza) l’avvio della fatturazione elettronica tra privati e con la pubblica amministrazione.

 

Luigi Casero Luigi Casero

Casero assicura che il testo che il Tesoro porterà venerdì in Consiglio dei ministri è ancora oggetto di modifiche e ripensamenti. E quindi non è corretto parlare di dietrofront, semmai di una dialettica ancora in corso in sede ministeriale. Soprattutto considerando che le novità allo studio dovranno comunque tutte passare dall’effettivo funzionamento dello Sdi (sistema di interscambio di dati), la piattaforma informatica dell’Agenzia delle Entrate in grado di ricevere le fatture sotto forma di file in modo da lasciare una traccia (digitale) scoraggiando fenomeni di elusione ed evasione fiscale. L’idea a ben vedere non presenta i crismi della novità assoluta perché sembra prendere le mosse da un vecchio progetto del governo Prodi (caldeggiato dall’allora vice-ministro delle Finanze Vincenzo Visco) finito nel dimenticatoio per una legislatura chiusa anzitempo.

 

Enrico Zanetti sottosegretario al Ministero dell'Economia e delle Finanze Enrico Zanetti sottosegretario al Ministero dell'Economia e delle Finanze

Dal Tesoro smentiscono anche l’ipotesi di un credito d’imposta per esercenti, piccoli imprenditori, commercianti che avessero voluto dotarsi dei Pos (i dispositivi adibiti al pagamento con carte di credito e di debito) per emettere ricevute telematiche da trasmettere alle Entrate. Una sorta di bonus fiscale che il governo avrebbe potuto inserire nel decreto attuativo sulla fatturazione elettronica e che sembra invece tramontato nonostante l’obbligo, in vigore dal 1° luglio scorso, per tutte le attività commerciali di accettare pagamenti elettronici al di sopra dei 30 euro.

 

MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN MATTEO RENZI E PIERCARLO PADOAN

L’intento di tracciare tutta la filiera per scoraggiare il “nero” d’altronde è condiviso da Bruxelles che più volte ha invitato la “resistente” Italia a favorire la «moneta elettronica». Viaggia invece su una corsia preferenziale la parte relativa al «fisco internazionale», con accordi preventivi tra aziende a ragione sociale estera e l’amministrazione pubblica: il cosiddetto «ruling», cioè regole chiare e immutabili per spingere gli investitori esteri a fidarsi del fisco italiano. L’intento è limitare al minimo fenomeni di «transfer pricing», una sofisticata tecnica di elusione fiscale che permette alle multinazionali, attraverso la manipolazione dei prezzi di vendita praticati nelle transazioni infra-gruppo, di spostare i redditi nei Paesi a fiscalità agevolata.

 

 

 

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