DAGOREPORT
La storia Intesa-Ubi ha inizio quando Leonardo Del Vecchio prende di mira Mediobanca. Con i 500 milioni in tasca che erano destinati all’operazione IEO (bloccata da Banca Intesa e Mediobanca), il patron ottuagenario di Luxottica si prende il 10 per cento dell’istituto di piazzetta Cuccia, quindi fa richiesta alla BCE per avere l’autorizzazione a salire al 20 e contemporaneamente chiede la testa dell’AD Nagel.
Alla BCE l’advisor di Del Vecchio, lo studio BonelliErede, deve presentare un piano industriale e una governance ovviamente diversa da quella di Nagel ma non ha al suo fianco un grande banchiere che suggerisca a Sergio Erede le cazzate da evitare. Risultato: la BCE ancora non dà il via libera al piano di Del Vecchio.
A questo punto nasce il trio meraviglia: l’ad di Intesa Carlo Messina, nel ruolo di protagonista; l’ad di Mediobanca Alberto Nagel come advisor; l’ad di Unipol Carlo Cimbri come regista e secondo protagonista (ma determinante). Infatti è Cimbri che sprona l’amico fraterno Nagel a riavvicinarsi a Intesa e fare reset sul passato: Messina ha sempre visto con freddezza Nagel come uomo della rivale Unicredit, primo azionista di Mediobanca, e soprattutto come colui che l’ha respinto all’epoca della abortita conquista di Assicurazioni Generali (un boccone amarissimo che Messina non ha mai digerito).
I due si prendono un caffè e comprendono che ognuno ha bisogno dell’altro. Banca Intesa ha bisogno di crescere, di rafforzare l’istituto attraverso acquisizioni, specialmente dopo le raccomandazioni della BCE e di Bankitalia che spingevano le banche ad aggregarsi. E Messina, malgrado le pressioni piddine del governo, non ci pensa proprio a rilevare quel catorcio del Monte dei Paschi di Siena che lo Stato deve cedere per forza. Nagel si fa firmare un mandato come advisor e diventa, con l’abilissimo Cimbri, ideatore dell’operazione.
Dal canto suo, Nagel ha il nemico in casa: il vispo Leonardo Del Vecchio che vuole farlo fuori e allungare le manine, attraverso Mediobanca, sul tesoro delle Generali. Messina rassicura Nagel di un eventuale intervento di Intesa in caso di affondo di Del Vecchio.
La nuova alleanza Messina-Nagel trapela negli ambienti finanziari milanesi ed arriva all’orecchio di Del Vecchio. Che immediatamente cambia musica: “Il piano di Mediobanca presentato dall'amministratore delegato Alberto Nagel presenta obiettivi sfidanti che vanno nella direzione auspicata”, aggiungendo di “apprezzare lo sforzo fatto dal management’’ e di essere “soddisfatto dei risultati economici raggiunti” dall'istituto. Mediobanca e Assicurazioni Generali, prosegue salivando il presidente di Delfin e Luxottica, “rappresentano un pezzo strategico del nostro sistema economico e hanno bisogno di stabilità. Per questo il mio obiettivo è contribuire a creare un azionariato stabile che aiuti le società a crescere e avere successo nel mondo”.
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Ma Messina e Nagel conoscono le volpi travestite da polli e partono all’attacco. Individuata la preda, Banca Ubi, Cimbri architetta il modo di evitare contraccolpi dall’Antitrust che deve timbrare l’acquisizione. Essendo l’Unipol la prima azionista-padrona della Bper, già conosciuta in passato come Banca Popolare dell'Emilia-Romagna, sesta per attivo con una quota di mercato del 4,66% per filiali, Cimbri ordina al basito Ad Alessandro Vandelli di prendere gli sportelli di Ubi (tra i 400 e 500), approntando quindi un aumento di capitale. (Ubi e Bper dovevano fondersi due mesi fa e ora si capisce perché la cosa non andò in porto). A questo punto, un’altra mossa di Cimbri potrebbe essere una fusione di Bper con la milanese BPM di Castagna, e visto lo stato di grazia delle casse di Unipol potrebbe diventare il primo azionista.
Il problema ora, e già ci sono le prime avvisaglie, è quanto reagirà male Victor Massiah e gli altri soci di Ubi: si limiteranno a battere cassa? Secondo: che dirà l’Antitrust sulla formulazione degli impegni che si sono assunti Cimbri e Vandelli: l’aumento di capitale è sostenibile da Bper? L’altra riflessione che va fatta è che gli esuberi sono certi mentre le nuove assunzioni no. E Messina deve dire grazie a Salvini e Di Maio perché molti esuberi saranno incentivati con Quota 100, cioè con i soldi dello Stato.
Mentre Carlo Messina si afferma come dominus del Sistema finanziario italiano, coadiuvato da Nagel e Cimbri, con un Mustier ridimensionato, a Milano pochi credono alla favoletta di Bazoli all’oscuro di tutto. L’amicizia con Victor Massiah risale ai tempi in cui Bazoli era coinvolto in Ubi, poi Massiah, come succede a quasi tutti i potenti, ha pensato bene che poteva fare a meno del Grande Vecchio e l’ha abbandonato. Adesso si ritrova cornuto e mazziato.