Seduti nei bar della Piazza del Palio i contradaioli di Siena stanno ancora commentando il pezzo pubblicato ieri da Dagospia nella "Penisola dei Famosi" in cui si parlava del clima freddo tra Peppiniello Mussari che guida la banca e il "padrone" (col 46%) di Mps, cioè la Fondazione capitanata dal tarchiato ragioniere Gabriello Mancini, che scalcia di fronte all'ipotesi di un dovizioso aumento di capitale.
Giuseppe Mussari ADSQualcuno dei contradaioli che rappresentano le 17 Contrade della città continua a sostenere che dietro questa freddezza si nasconde la volontà della Fondazione di mettere i bastoni tra le gambe di Mussari. L'obiettivo sarebbe ambizioso perché potrebbe puntare a una revisione dell'organigramma della banca dove tra il presidente Mussari e il direttore generale Vigni, è mancata fino ad oggi la figura di un amministratore delegato. Come ha sottolineato la Banca d'Italia.
Per mettere fine a queste chiacchiere i Priori delle Contrade che fanno parte del Magistrato stanno richiamando i rappresentanti del Bruco, Civetta, Nicchio, Oca, Tartuca, a sollevare lo sguardo sui problemi più importanti che riguardano lo scenario dell'intera finanza italiana. Per questi uomini, che due volte l'anno vivono con passione incredibile il Palio, sono ben altre le questioni sulle quali bisogna tenere gli occhi aperti. Sono persone estremamente informate che usano l'iPad e leggono i principali quotidiani italiani e stranieri.
Gabriello ManciniEd è così che oggi hanno esaminato con attenzione le diverse prese di posizione sulla possibile nomina di Lorenzo Bini Smaghi alla Banca d'Italia. Tra Firenze e Siena c'è una rivalità storica, e forse questo spiega l'ironia con cui hanno commentato l'articolo di oggi del "Financial Times" dove si legge che il banchiere fiorentino proviene da una nobile famiglia toscana e ha dato un apporto intellettuale alla BCE. I contradaioli ricordano ciò che invece scrisse il 2 giugno sul "New York Times" il barbuto economista americano Paul Krugman che liquidò Bini Smaghi con queste parole: "non capisco perché alla BCE lo considerano un pensatore".
ANTONIO VIGNITra una tazzina di caffè e una porzione di cantucci senesi comprati nella pasticceria Nannini, c'è tempo anche per commentare l'ira di Eugenio Scalfari per il ribaltone su Saccomanni e quella di Flebuccio De Bortoli che denuncia nella procedura pasticciata del governo "una plateale dimostrazione di mancanza di leadership e persino di dignità nazionale". Agli uomini seduti nei bar di Piazza del Palio non sfugge l'atteggiamento prudente del direttore del "Corriere della Sera" che attacca il Presidente Patonza e non infierisce sulla debole candidatura del banchiere fiorentino che secondo le persone più informate avrebbe "passato" a Flebuccio la famosa lettera-diktat di Trichet e Draghi.
Bini SmaghiStupisce invece l'atteggiamento del "Sole 24 Ore" che attribuisce a Bini Smaghi "un innegabile coraggio, una certa indipendenza di giudizio e un'innata capacità a riprendere suggerimenti dell'attualità".
È evidente che la Confindustria, già travagliata da altri problemi, non ha alcuna intenzione di mettersi lancia in resta contro il 54enne fiorentino che in caso di nomina avrebbe tra le mani le briglie del credito alle banche e quindi alle imprese. Resta il fatto che fin dal febbraio scorso i contradaioli avevano capito che il membro uscente della BCE non aveva alcuna intenzione di mollare la poltrona; basti pensare alla sua apparizione nel programma serale di Lilly Gruber da cui si era congedato dicendo: "spero di tornare da voi". E dopo quella sortita, che risale alla fine di febbraio, il "magnifico" Lorenzo aveva scalciato come un cavallo del Palio di fronte all'ipotesi di finire su uno dei tanti strapuntini che il Cavaliere e Gianni Letta gli offrivano dentro le Authority.
Detto questo ai contradaioli non resta che aspettare le decisioni del premier e non credono affatto alle dimissioni di massa di Saccomanni, Visco e dei 13 membri del Consiglio Superiore di Palazzo Koch. A loro interessa alzare lo sguardo oltre la Piazza e la Torre del Mangia per capire che cosa succederà nei prossimi mesi e in particolare nel 2012 che è considerato da tutti gli analisti l'anno della verità e del giudizio universale.
La convinzione più diffusa è che lo scenario politico e quello dell'economia subiranno sconvolgimenti profondi. Nel 2012 si voterà in America, in Francia e quasi certamente a primavera in Italia per cui è facile intuire che avverranno terremoti nelle leadership attuali forieri di ricadute inimmaginabili sul piano finanziario.
FABRIZIO SACCOMANNINel 2012 le banche europee dovranno rimborsare più di 916 miliardi di obbligazioni, le regole europee saranno più stringenti, le manovre inevitabilmente depressive e senza un intervento di grande portata politica ed economica molti paesi entreranno in una crisi drammatica.
EUGENIO SCALFARINon a caso questa mattina entrando nella sala dove si tiene un convegno promosso da IntesaSanPaolo sui beni culturali, il presidente Abramo-Bazoli ha detto che bisogna ritrovare la spinta dei padri fondatori dell'Europa per evitare il ripetersi di conflitti e odi secolari. Il terremoto è destinato a cambiare la fisionomia della finanza italiana, e non solo perché a Bankitalia arriverà una donna come la Tarantola o un banchiere che per la legge di Peter avrebbe dovuto accontentarsi della presidenza della Fondazione Palazzo Strozzi, ma anche perché l'onda lunga dell'indignazione e la gracilità di alcune banche prefigurano un sismografo impazzito. Nulla sarà come prima.
La vicenda di Unicredit, con il rinvio a giudizio di Profumo e il congelamento di 246 milioni di euro, è il segnale di un processo che potrebbe allargarsi a macchia d'olio ad altre banche e fa temere effetti ben più dirompenti delle mazzate di sabato scorso contro le vetrine e i bancomat romani. Qui c'è il rischio molto concreto che, mentre lo sdegno degli indignados innocenti si spenga come fenomeno transeunte, scendano in campo truppe di magistrati protesi a chiarire gli intrecci perversi e fraudolenti di numerosi istituti.
Se questo avverrà le telefonate di Bisignani e Lavitola appariranno roba da parrocchia perché i giornali saranno sommersi da una valanga di indiscrezioni su quei "pacchetti di ottimizzazione fiscale" con cui molte banche italiane e straniere hanno aggirato le tasse.
A questo punto qualcuno potrebbe chiedersi che cosa ha fatto la Banca d'Italia di Draghi, Saccomanni e Tarantola (a cui si può aggiungere la Consob di Lamberto Cardia e di Vegas) per intercettare l'esercizio di furbizia permanente con cui molti istituti hanno aggirato l'Erario mentre le ganasce colpiscono i poveri cristi.
Queste sono domande a cui è difficile adesso dare risposte precise, resta il fatto che la scure della giustizia sta per abbattersi sul mondo del credito e c'è chi prevede che dopo piazza Cordusio i riflettori si sposteranno su quella Banca Popolare di Milano che è diventata l'arena di una vergognosa battaglia di potere.
ANNA MARIA TARANTOLAI contradaioli, seduti ai bar della Piazza del Palio, sanno che anche MontePaschi come IntesaSanPaolo ha cercato di ottenere risparmi fiscali (come scrive oggi il "Sole 24 Ore"), ma a loro interessa il destino finale della banca. È questo il vero Palio che si correrà nei prossimi mesi. I rumors rimbalzano da tutte le parti e in particolare da Milano dove sembra che Banca Intesa di Corradino Passera e Mediobanca del pallido Nagel abbiano aperto un dossier sull'Istituto senese che vanta le origini più antiche.
Lunedì prossimo si terrà a Piazzetta Cuccia un consiglio di amministrazione, ma all'ordine del giorno non ci sarà sicuramente l'esame del dossier MontePaschi. L'operazione è ancora allo studio e appartiene al mondo delle ipotesi. Di sicuro c'è soltanto la sensazione che i vertici di Piazzetta Cuccia stiano cercando nuove strade e un nuovo ruolo per la merchant bank dei cosiddetti poteri forti.
BISIGNANINon è un mistero che gli occhi siano stati puntati fino a qualche mese fa sulla Banca Popolare di Milano dove i movimenti scomposti e la gestione incerta del massiccio Ponzellini hanno provocato una marcia indietro precipitosa. In piedi è rimasta invece l'idea di far guadagnare alla banca d'affari di Piazzetta Cuccia il profilo di una banca retail, in grado di portare a casa una redditività più alta da una clientela più ampia.
E non è un mistero che il pallido Alberto Nagel e la sua controfigura Renato Pagliaro stiano vagheggiando l'idea di vendere qualche asset per fare cassa spingendosi fino al punto di liberarsi di alcune partecipazioni (Rcs e c'è chi dice addirittura Generali) che spoglierebbero il salotto milanese dalla sua veste storica.
Da queste ipotesi, che circolano come semplici suggestioni nella finanza milanese, prende corpo la preoccupazione dei contradaioli senesi di veder crollare la roccaforte bancaria di Peppiniello Mussari.
Il Palio della finanza deve ancora cominciare, ma i cavalli ai nastri di partenza sono terribilmente inquieti e i fantini sono pronti a frustarsi senza pietà.