Sarà il sociologo e politologo vicentino Ilvo Diamanti il presidente della Giuria dei Letterati della 53/a edizione del Campiello. L’annuncio è stato fatto con un tweet sull’account ufficiale del Premio. La notizia arriva dopo settimane di polemiche dovute all’ipotesi, circolata nei giorni scorsi, che il presidente di Giuria potesse essere il matematico ateo Piergiorgio Odifreddi.
Infatti prima ancora che il commento ufficiale del neo presidente è arrivata la replica di Odifreddi: «Hanno ritirato una nomina già fatta. Il 4 dicembre mi era stata mandata una lettera ufficiale con la mia nomina che ora pubblicherò sul mio sito insieme al commento per la stampa che il premio mi aveva chiesto. È giusto che il Campiello si prenda le sue responsabilità. Mi è sembrato se non altro strano che Confindustria Veneto di fronte a due giurati contrari abbia abbassato le ali. Ilvo Diamanti è nato a Cuneo come me, scrive su Repubblica come me, è un professore universitario come me a differenza di Philippe Daverio che non ha neppure una laurea», sottolinea Odifreddi citando uno dei giurati che, insieme a Ricardo Calimani, sarebbero stati contrari alla sua nomina.
«Ma almeno i giurati del Campiello non dovrebbero essere dei letterati? Daverio è un critico d’arte e Riccardo Calimani è un ingegnere», incalza e poi aggiunge: «sono contento per me, ma non per Diamanti, perché con quei tipini che ci sono al premio chissà cosa succede. Quando sono venuti a propormi la presidenza ero perplesso, non venendo dal mondo letterario, e loro mi hanno detto che ci avevano pensato, che il Campiello è un premio diverso e invece all’interno ci sono lotte intestine.
Se avessi saputo che c’era questa opposizione avrei detto no. Mi ha dato fastidio essere stato coinvolto in queste polemiche. Non sono invischiato in giochi di potere neppure all’Università, non mi piace» commenta Odifreddi e aggiunge: «a questo punto sono felice di esserne fuori. Con la letteratura non ho nulla a che fare. I premi letterari sono covi di vipere».
Diamanti, 62 anni, è nato a Cuneo da genitori vicentini, è stato ricercatore di metodologia della ricerca sociale, presso la Facoltà di Statistica dell’Università di Padova e professore associato di Sociologia politica presso l’Università di Urbino «Carlo Bo».
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2. ODIFREDDI: “IL PROCESSO DI NORIMBERGA FU UNO SHOW, MA NON SONO UN NEGAZIONISTA”
Da Il Fatto Quotidiano del 26 novembre 2013
Il matematico impertinente propaga polemiche quasi suo malgrado. Ha 63 anni, ha dialogato con Ratzinger, è stato accusato di negazionismo. “Credo in un solo Signore, l’Uomo, plurigenito figlio della Natura, nato dalla Madre alla fine di tutti i secoli”. L’ha detto lui, Piergiorgio Odifreddi.
Perché non possiamo essere cristiani?
Lo possiamo essere, ma non razionalmente. Il cristianesimo, e in particolare il cattolicesimo, si ispirano a libri sacri indirizzati a popoli analfabeti di pastori. Oggi il cristianesimo è anacronistico. La scienza, ciò in cui credo, osserva i fatti e li analizza.
E il cattolicesimo?
È dogmatico e per questo non può più far parte dell’Occidente . Secondo alcune indagini fatte alla Royal Society inglese e alla National Academy statunitense, il 93% degli scienziati è ateo e agnostico. Il restante 7% è ebreo o protestante, le religioni più critiche. Per uno scienziato essere cattolici è innaturale.
Ha scritto, riprendendo il Vocabolario Etimologico di Pianigiani, che la parola “cristiano” deriva da “cretino”.
Una battuta di cattivo gusto. Non era essenziale. A volte faccio provocazioni come Eco, che ha scritto le prime cento pagine de Il nome della rosa per liberarsi dei lettori che non voleva. Chi non vuole ascoltare una mia battuta, è bene che non mi legga. E comunque l’etimologia esiste.
Come è stato dialogare con Papa Ratzinger?
Mi sento più vicino a Ratzinger che a Bergoglio. Papa Francesco è un pubblicitario strepitoso, vende il suo prodotto in maniera incredibile. Con lui non devi aspettarti cambiamenti del prodotto, ma della pubblicità. Dottrinalmente Bergoglio dice poco e nulla, si limita a cambiare la comunicazione. Concede al pubblico ciò che il pubblico vuole.
Meglio Ratzinger, quindi.
È un professore, un intellettuale: un teologo interessato ai contenuti. Siamo uniti dalla ricerca della verità che entrambi crediamo di avere trovato. Abbiamo idee opposte, ma l’approccio è lo stesso. Bergoglio è agli antipodi. Quando Scalfari gli ha posto quesiti concettuali, ha detto: “Lei mi ha fatto tante domande, ma io risponderò ad altro”. Forse perché non sapeva cosa rispondere.
Le è piaciuta l’intervista di Scalfari a Papa Francesco?
Uno scoop, ma poi si è scoperto che Scalfari aveva attribuito a Bergoglio virgolettati inventati. Scalfari ha poi sbagliato interlocutore: se vuoi risposte chiedi a Ratzinger, non a Bergoglio.
Alla Zanzara credeva davvero di dialogare con Bergoglio. È sembrato molto garbato.
Certo che ero garbato. Sono una persona educata. Cruciani e Parenzo sono trash radiofonico, non giornalismo.
Cacciari la definisce “un piccolo Voltaire”.
Lo fa per punzecchiarmi, ma siamo amici. Non vedo perché dovrei offendermi. Sarebbe come se io dicessi a Cacciari che è “un piccolo Kant”. E potrei dirlo.
Lei fa arrabbiare un sacco di persone. Per esempio Zichichi.
Nulla di personale, ma Zichichi rappresenta un modo di fare scienza intrallazzone e amico dei potenti. Prima era comunista, poi ha abbracciato la Dc di Andreotti. Va dove gli fa comodo. Durante le conferenze amava interrompersi e dire: “Scusate, mi ha chiamato il Papa”. Incarna quella minoranza scientifica cattolica che si fa scudo della Chiesa.
Anche La Russa e Gelmini non la amano.
Non mi hanno criticato, ma insultato. La Russa, in tivù, si tappava le orecchie mentre parlavo. La persona è quella.
Lei è vicino a Vendola. Che effetto le ha fatto ascoltare quella telefonata e quelle risate con Archinà?
Non l’ho ascoltata, ma questo modo di giornalismo – anche vostro – di creare bersagli e poi sparare non mi piace. Un giorno Berlusconi, un altro la Cancellieri, quello dopo Vendola. E magari ogni tanto Odifreddi. Non mi piace.
Però l’audio della telefonata, pubblicato dal Fatto.it, non l’ha ascoltato.
No, non l’ho ascoltato.
Per le sue opinioni sulla striscia di Gaza, Repubblica le ha chiuso il blog. Come Saramago e Chomsky, sostiene che gli isrealiani stiano facendo ai palestinesi ciò che i nazisti hanno fatto agli ebrei. Di recente è perfino passato per negazionista.
Ho scelto un momento inopportuno (la morte di Priebke) e il luogo sbagliato (il mio blog) per toccare un tema spinoso. Tra i commenti al mio post è intervenuto un negazionista. Il mio approccio scientifico non mi consente di negare a priori qualsiasi tesi. Così ho specificato cosa fosse giusto e cosa sbagliato.
E cosa c’è di giusto nel negazionismo?
Per esempio che il processo di Norimberga fu propaganda, come quello a Saddam. L’Imperatore giapponese era colpevole quanto Hitler, eppure nessuno lo ha processato. In quei processi la forma è più importante del contenuto: non si vuole fare giustizia, ma dare un messaggio e vendicarsi.
Ha scritto che Norimberga fu un po’ come Hollywood.
Attraverso Hollywood ci siamo convinti che i buoni erano i cow boy e non gli indiani d’America, vittime di un eccidio di 18 milioni di persone: tre volte l’Olocausto. Norimberga è stata un’opera analoga di propaganda. Tutto qua. Mai negato le camere a gas, mai stato negazionista.
In tanti lo hanno pensato e forse pensano ancora.
Colpa anche dei giornalisti. Persino quelli bravi, come Furio Colombo sul Fatto . Mi hanno attribuito frasi mai dette. Mi conoscono: perché non hanno sentito la mia versione? Torniamo a Scalfari e Bergoglio: inventare virgolettati è la norma.
Zichichi era amico di Andreotti, ma anche lei le deve la libertà.
(sorride). Fui trattenuto alcuni mesi in Siberia dall’Unione Sovietica come forma di ritorsione. Un agente sovietico era stato arrestato a Genova per spionaggio industriale e i russi si vendicarono. Fui liberato grazie a Pertini e Andreotti, allora ministro degli Esteri.
L’ha mai ringraziato?
Molti anni dopo. Ci trovammo in uno studio televisivo e glielo dissi. Non si ricordava. Poi gli chiesi la prefazione al mio libro “Zichicche”, per difendermi dalle querele di Zichichi. Ci riuscii. A pensarci bene, Andreotti mi ha salvato due volte.