Russel e Jackson insieme per tarantino hateful eight
Marco Giusti per Dagospia
Bilancio di una stagione, il 2015, che poi non era un granché. Anche se, ve lo dico subito, The Hateful Eight di Quentin Tarantino è un capolavoro, Jennifer Jason Leigh-Samuel Jackson-Kurt Russell spettacolari, per non dire di Demian Bechir, Bob il Messicano e della musica di Ennio Morricone, vecchia o nuova che sia. E Mad Max Fury Road di George Miller con Tom Hardy bello coatto e Charlize Theron con un braccio e mezzo è stato da subito il mio film dell’anno, alla faccia di Star Wars Il risveglio della forza di J.J.Abrams, che mi sta scomparendo ogni giorno di più, altro che risveglio.
Sì, il robottino tondo BB8 è da paura, e quando Chewbacca e Han Solo rientrano nel Millenium Falcon si piange, ma sono passati quarant’anni e siamo ancora là, a rimpiangere il vecchio Star Wars? Ho adorato Vizio di forma di Paul Thomas Anderson con Joaquin Phoenix coi basettoni anni 70 e le ciavatte. Meraviglioso. Un altro film che ci dimostra quanto siano importanti Howard Hawks e le sue strutture perfette di sceneggiatura e di messa in scena. Non a caso è il remake di Il grande sonno.
Ma anche ne Il risveglio della forza, Lawrence Kasdan e J.J.Abrams riprendono le vecchie strutture di Leigh Brackett del primo Star Wars, cioè le struttura di Un dollaro d’onore di Hawks (e della Brackett) dove i personaggi si dividono, e si incontrano di nuovo dopo averne trovati altri e tutto questo costruisce un film.
Lo sa bene Tarantino, The Hateful Eight è un film molto più hawksiano che leoniano, non solo per la costruzione narrativa tipo Un dollaro d’onore, ma per la sua diretta discendenza da La cosa – The Thing, sia quella originale di Hawks che quella di Carpenter (con le musiche di Morricone…).
Certo, ci mette dentro anche lo spaghetti-horror innevato di Condenados a vivir o Cut-Throat Nine di Joaquin Romero Marchent, e il folle Prega il morto e ammazza il vivo di Giuseppe Vari, ma Hawks rimane il riferimento più forte. Non perdetevi, ovviamente, Carol di Tod Haynes e The Big Short di Adam McKay, in arrivo dui nostri schermi fra pochi giorni, che se la batteranno agli Oscar. Cate Blanchett e Rooney Mara sono praticamente imbattibili come migliori attrici dell’anno in Carol, mentre come non protagonista dovrebbe assolutamente spuntarla Jennifer Jason Leigh nel film di Tarantino.
Personalmente, mi sono molto piaciuti, perché delle vere sorprese, anche Sicario di Denis Villeneuve, con quella meravigliosa sequenza violentissima dell’entrata a Ciudad Juarez e un Benicio Del Toro meraviglioso, e The Visit, grande ritorno all’horror di M.Night Shyamalan, un film che riapre il discorso su un regista che negli ultimi anni aveva fatto vedere opere un bel po’ appannate, ma che qui mostra di essere nel pieno della creatività.
Deludente, invece, Crimson Peak di Guillermo Del Toro, gothic story che non riesco a salvare in nessun modo, anche se ha dei fan. Buono e originale, ma un po’ soffocato a Cannes, The Lobster di Yorgos Lanthinos, forse troppo rigoroso per la critica internazionale. Belli anche 45 anni di Andrew Haigh con Charlotte Rampling e Tom Courtenay, Mustang della giovane turca Deniz Gamz Eguven e The Son of Saul di Laszlo Nemes, che vedremo solo nel 2016.
colin farrell in true detective
Quanto alle serie ho adorato la seconda stagione di The Knick di Steven Sodenbergh, e pure il finalone di True Detective 2, anche se per le prime puntate ho pensato che avesse ragione Zerocalcare quando ha scritto che “TrueDetective2 mi ha reso una di quelle orrende persone che dormono per più di metà puntata e poi dicono ‘’STA SERIE NON SE CAPISCE UN CAZZO”. E, comunque, non so se “Nevermind” di Leonard Cohen sia la canzone del secolo, come dice T-Bone Burnett, ma certo faceva un bell’effetto come sigla della serie.
Parliamo di cinema italiano 2015. Cominciamo dalle battute zozze. Cosa preferite: “Intanto che aspetta le tiro fuori l’uccello”, come dice la suora a Brignano in Tutte lo vogliono, o quelle di Christian nel suo grande ritorno al cinepanettone: “Presto, usciamo da questa cloaca!”. “Posso prenderglielo in mano?”. “A noi il debito greco ci fa ’na pippa… a due mani!”. “Praaaa!!! Te sei liberato?”. Bella gara. Mettiamoci anche quelle di La solita commedia di Biggio e Mandelli, totalmente e ingiustamente trascurato dal pubblico, che per inciso era anche uno dei migliori film italiani della stagione: “Questo cocktail sa di scurreggia”. “Mi chiamo Pietro, ho 32 anni e da 47 giorni non mi faccio selfie”. O il geniale “Amechecazzomenefregaame!” di Maccio Capatonda in Italiano medio, il suo film d’esordio, sgradevole, sporco e cattivo, dove gli ideali sono “la famiglia, la prostituzione, la gazzosa”, giustamente premiato dai suoi fan, ma totalmente odiato dalla critica.
arance e martello ilaria spada
Fra le battute più serie metterei anche quella meravigliosa di Greta Scarano al suo uomo, Numero 8, in Suburra: “Io ti rispetto, ma non se può fa’ sempre pippa!”, che è un po’ la chiave di volta di tutto il film. Ovviamente Non essere cattivo di Caludio Caligari, non è stato candidato agli Oscar, ma è pieno di grandi battute da Oscar. Riprendo questo dialogo: “Mo’ ce famo du’ bucatini”. “E chi li sa fa?”. “Certo tu sai fare solo i bocchini”. “Si, ho imparato da tu’ madre”. Grande anche Max Tortora in Torno indietro e cambio vita dei Vanzina che ci spiega una delle poche verità italiane: “Cono o coppetta? Coppetta, lo sai che il cono me se sfragna in mano”.
arance e martello di zoro diego bianchi
Fra le battute del politicamente scorretto segnalo come battute a cinque stelle a “Vai a sventrà quegli zingari di mmerda!”, da Suburra, la genialata del “tipico pompino dei Parioli” in Dobbiamo parlare di Sergio Rubini, che poi un giorno qualcuno ci spigherà che differenza passa tra un pompino dei Parioli e uno di Tor Bella Monaca. Ottimo ritorno di Gabriele Muccino in Padri e figli che si lascia sfuggire un cattivissimo “Perché Dio ha fatto gli scarafaggi e i critici”. Poveri scarafaggi…
Grandioso anche il machismo da intellettualino cinematografaro di Riccardo Scamarcio in Nessuno si salva da solo che dopo aver interrotto una scopata con Jasmine Trinca per una telefonata, riprende da dove aveva staccato con un “Devo aprire la partita Iva”. Nello stesso film si segnala anche la battuta, sempre di Scamarcio: “Vorrei avere più di un cazzo e usarli contemporaneamente con te”. E poi ti chiedi perché ti lasciano…
Premio Mario Brega dritto dritto alla zingaro coatto di Adamo Dionisi in Suburra, anche se nello stesso film la battuta migliore appartiene a Claudio Amendola che risponde al “Sei stato tu?”, riferito all’omicidio di un ex-camerata, con “E’ stata Roma!”.
sangue del mio sangue disponibile il poster 234259 1280x720
Premio Bombolo al femminile alla grandiosa Ilaria Spada, che avevamo già salutato come new entry geniale nel disastroso film d’esordio di Diego Bianchi, Arance e martello. In Vacanze ai Caraibi fa fare all’episodio con Luca Argentero e a tutto il film un salto di qualità con battute come “Mamma mia che coito!”. “Ma che d’è, un vibratore pe’ fachiri?”. “Ho gli ormoni che si agitano come trote”. “Se chiamava Fausto anche il mi’ criceto, poraccio, è morto schiacciato”.
Solo Anna Foglietta può avvicinarsi a lei in Se Dio vuole con la battuta romanissima “Che me fai du’ euro de pizza co’ le patate?”. E, come dice Enzo Salvi in Matrimonio al Sud: “La patata è sempre la patata”.
Con due film a testa Alessandro Borghi e Luca Marinelli sono gli attori rivelazione dell’anno, il primo con la doppietta Suburra, Non essere cattivo, il secondo con Non essere cattivo e Lo chiamavano Jeeg Robot, che sarà però il film già rivelazione del 2016 (ma si è visto al festival di Roma). Fra le ragazze trovo fantastiche due attrici molto legate a Stefano Sollima, parlo di Maria Pia Calzone, che domina Io che amo solo te di Marco Ponti e Dobbiamo parlare e Greta Scarano in Suburra, dove è l’unica grande presenza femminile. Va detto però che Valeria Golino era fantastica in Per amor vostro e è stata giustamente premiata a Venezia.
Premio vampiro dell’anno a Roberto Herlitzka che, senza un filo di trucco, è perfettamente credibile come vampiro bellocchiano in Sangue del mio sangue e passa il tempo cantando a letto “Tapum-Tapum-Tapum”.
Nei ruoli minori, come sempre, gli attori napoletani, dominano completamente le scene del nostro cinema più o meno di commedia. Un elenco che va da Sasà Striano a Giovanni Esposito, da Massimiliano Gallo a Antonio Pennarella. Gianfelice Imparato, però, ruba la scena a tutti come cieco giocatore di biliardo in Natale col boss e segnalo anche il grande ritorno di Benedetto Casillo in Si accettano miracoli di Alessandro Siani. Ma in tv ha rubato la scena a tutti Antonio Gerardi come Di Pietro in 1992.
Per l’Italia è stata una stagione cinematografica perlomeno bislacca. Tre film in concorso a Cannes, Youth di Paolo Sorrentino, Il racconto dei racconti di Matteo Garrone, Mia madre di Nanni Moretti e nemmeno un premio vinto. Film modesti o poco riusciti a Venezia, a parte A Bigger Splash di Luca Guadagnino, che è stato in parte massacrato da critica e pubblico in Italia, ma che dovrebbe rifarsi all’estero l’anno prossimo.
tilda swinton e luca guadagnino
Purtroppo Youth non può vantare la forza di Roma e della sua dolce vita rivisitata e offre solo, anche se non è poco, delle buone occasioni recitative a Michael Caine, Harvey Keitel e soprattutto Jane Fonda. Goffredo Fofi esagera con la cattiveria, ma certo i dialoghi spesso sono un po’ banali. Resta il fatto che è un piacere vedere Caine che recita per tutto un film e non si limita a fare il cameriere di Batman. E Sorrentino è ormai diventato un marchio internazionale.
Il racconto dei racconti di Garrone era molto più interessante come avventura, ma è riuscito solo in certe parti, il grande episodio del mostro marino, i due gemelli. Se avesse fatto un film meno internazionale, più piccolo, ma più scatenato, lo avremmo amato di più. Mia madre di Nanni Moretti funziona solo nelle parti con la madre, la grande Giulia Lazzarini, le parti più vere. Il mal di pancia della regista in crisi fa parte del già visto morettiano.
Difficile quindi dire quale sia il miglior film italiano dell’anno. Credo A Bigger Splash, perché è il più vicino a una visione bertolucciana-nouvellavaguista italiana, oltre a essere il solo film davvero internazionale diretto da un italiano, ma apprezzo molto il tentativo di uscire dalla realtà di Garrone con Il racconto dei racconti e penso che Suburra di Stefano Sollima sia un film importante perché osa portare al cinema la costruzione di racconto delle serie.
Non essere cattivo è una specie di regalo ultimo che ci arriva dal mondo di un regista troppo emarginato come Claudio Caligari e Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti è una sorta di ricostruzione del mondo di Caligari riadattato a quello dei trentenni pazzi dei supereroi. Fra le commedie pure ho molto amato La solita commedia di Biggio e Mandelli, il loro film magari meno comico ma più profondo.
Il pubblico ha generalmente premiato, e forse a ragione, le commedie più semplici e più chiare, quelle di Pieraccioni, Abatantuono, Boldi, Christian, rivelando però così l’impossibilità di accettare commedie con delle varianti drammatiche o sociali, penso al film di Max Bruno.
il racconto dei racconti stacy martin tot 00280 credit greta de lazzaris
Diciamo che il nostro pubblico non vuole pensare o crearsi troppi problemi al cinema. Purtroppo non c’è stato, come un anno fa, il film rivelazione giovanile alla Sydney Sibilia o alla Pif, forse lo sarà quello di Mainetti o quello dei Pills. Fra le opere prime ho trovato costruito con grande rigore Antonio di Ferdinando Cito Filomarino, interpretato da una giovane attrice strepitosa, Linda Caridi. Ho sicuramente scordato molti film e molti attori. Già chiedo perdono.