Marco Giusti per Dagospia
“Se hai a sparà, spara!”, “Se non porti rispetto non sei uommo!”, “Don Pietro l’ha acciso ’o veleno che tenimmo dentro!”. Per fortuna torna Gomorra, arrivato ormai alla sua terza stagione, 12 puntate dirette da Claudio Cupellini e Francesca Comencini. Torna e è subito, come gli anni scorsi, non solo la più bella fiction italiana della tv, ma soprattutto il più bel film italiano della stagione.
“E’ fernuto!”. Si apre così la prima puntata, con la morte e il corpo esibito di Don Pietro Savastano, boss e padre, che dominano, anche fisicamente, 50 minuti di spettacolo. Una morte che funziona da collante fraterno per chi l’ha volta, cioè Genny e Ciro. Anche se le prime vittime di questa morte saranno proprio loro che l’hanno voluta, sempre più soli, sempre più isolati nel raggiungimento di un potere, di una crescita che seguita a mietere altri lutti e a riportare a Secondigliano, al punto di partenza, come in un gioco dell’Oca, i nostri eroi.
Intanto, Genny si ritroverà inguaiato con il suocero appena tornato dalla prigione. Mentre Ciro se ne andrà addirittura a Sofia, in Bulgaria, a fare il vice al figlio di un boss che non merita proprio il suo rispetto e lo chiama ripetutamente “merda”, “stronzo”. Gli rode parecchie. Ovvio.
“Nella vita contano due cose: a sciorte e i compagni”, gli dice a un certo punto il giovane Enzo, un grande Arturo Muselli, new entry, piccolo malavitoso di Forcella con un glorioso passato di famiglia. Ma “a sciorte”, la sorte, seguita solo a giocare brutti tiri a Ciro e a Genny, e i compagni seguitano a morire come pedine di un domino. Ma una cosa, spiegherà a un certo punto Genny, l’abbiamo capita, che non si può contare sulla famiglia. E’ la famiglia la prima che ti tradisce.
L’unica famiglia che non ti tradisce è quella che ti scegli. La vera novità della terza stagione è il rapporto tra Ciro e Genny, come se fosse tutto quello che rimane ai nostri eroi dopo lutti e tradimenti. Con la morte di Don Pietro, con l’impossibilità di costrursi una famiglia di sangue all’interno di dinamiche di potere e di violenza, Ciro e Genny si ritrovano a costruirsi tutto di nuovo dal basso. Con nuovi compagni e nuovi e vecchi nemici.
E con presenze femminili ridotte a pochissimo, pronte a sopportare la violenza maschile, come la moglie di Genny, o pronte a sfruttarla quella violenza, come Scianel, appena uscita di prigione, e Patrizia, che seguita a tenere un ruolo di staffetta fra i clan e seguita a pensare con amore a Don Pietro. Su tutto e su tutti, come nella seconda stagione, ma forse in maniera ancora maggiore qua, gira una cappa di disperazione, la certezza che non si potrà mai scappare né alle cose che contano, cioè la sorte e i compagni, né a Napoli.
“Lontano ’e Napule non ci potrei stare”, dice Enzo a Ciro. E nemmeno Ciro ci può stare. E nemmeno Genny. In questo eterno ritorno dei due protagonisti a Napoli sta la loro maledizione. Solo che, stavolta, loro sanno, conoscono come stanno le cose della vita. Come dice Genny, “Sono sceso all’inferno pe’ capì”, e con la visione dell’inferno muovono le loro pedine in una Napoli dove loro hanno ormai perso ogni legame con i padri. Gomorra 3 è un noir ancora più cupo e sofferente delle precedenti stagioni, proprio perché Genny e Ciro, orfani di Don Pietro e del loro primo regista, Stefano Sollima, hanno coscienza precisa di quello che hanno fatto e di quello che stanno facendo.
Scritti, diretti, fotografati e musicati benissimo, i primi sei episodi che ho visto ci riportano incredibilmente il miglior cinema italiano possibile, che fonda genere (Bang! Bang!) e dramma, che parla anche di oggi e della nostra incapacità a provare dolore di fronte alla violenza di tutti i giorni e alla brutalità delle nostre azioni, in un’Italia senza spina dorsale, dove la Napoli degradata sembra bellissima e funziona meravigliosamente non da scenografia, ma da unica madre possibile ai personaggi che ci si muovono dentro come fossero pesci rossi.
Marco D’Amore, Salvatore Esposito sono fantastici come sempre, come lo sono Cristiana Dell’Anna e Cristina Donadio, Gianfranco Gallo e Arturo Muselli. In prima tv dal 17 novembre, ogni venerdì. E il 14 e 15 novembre anche nelle sale cinematografice, gli episodi 1 e 3.