Marco Giusti per Dagospia
Ci sta dentro tutto. La poetica del non lavoro e del Pigneto di Accattone. La nostalgia per il Mamiani e per i film di Gabriele e Silvio Muccino. I dialoghi impossibili, “Ti ricordi quando scopristi che il pupazzo Dodo dell’Albero Azzurro era finto?”, “Ma Carmelo Bene era della Marvel?
No, Pier Paolo Pasolini era della Marvel”, portati avanti fino all’esaurimento come in Ecce Bombo e Io sono un autarchico di Nanni Moretti. Gli omaggi a Breaking Bad e a Fight Club. La polemica tra Roma Nord e Roma Sud.
I genitori che impazziscono sopra i 50 e decidono di riprendersi la loro vita. L’impossibilità di essere un bangla e aprire un negozio da bangla. Il problema di quando scopri che non riesci a farti la terza pippa. Le grandi discussione sulla fine della giovinezza sulla soglia dei trent’anni.
Quando arriviamo alle pizzette rosse dei tempi di scuola e, soprattutto, alla cicorietta che ti faceva mamma usata come le merendine di La messa è finita si piange proprio.
Insomma, io ce sto a provà a fa na critica seria a questo The Pills-Sempre meglio che lavorare diretto da Luca Vecchi e scritto e interpretato dai tre Pills, cioè lo stesso Vecchi, Luigi Di Capua e Matteo Corradini, prodotto da Pietro Valsecchi e da Matteo Rovere, ma alla fine quello che viene fuori dai miei appunti sono frasi sconnesse riprese da un film e da una folle conferenza stampa dove il film, alla fine, con la sua costruzione senza storia, conta meno di quel che sentiamo e di quel che stiamo rielaborando da qualche giorno.
Perché la morte di Franco Citti ci riporta intatta la logica di Accattone e del suo gruppo di amici del Pigneto sul lavoro. Altro che il posto fisso di Zalone. Qua, proprio, si torna al 1961. Chi lavora è un infame. “Una vita con la sveglia alle sette e mezzo non è una vita” – “Non vuoi nemmeno provà” – “Ma col cazzo!”.
Che vale la grande scena degli amici del Pigneto che prendono per il culo chi lavora e chiudono con un “Entra anche tu nel mondo della Metro Goldwyn Mayer, aaahhh….”. Anche qui è di scena una logica preberlusconiana, da sottoproletariato. Ma quelli che abbiamo davanti sono tre snobbissimi pischelli del Pigneto cresciuti a Tarantino, Fight Club e Muccino, figli di una piccola borghesia cresciuta a Moretti.
Ragazzi barbuti che trovano come unica via di fuga dalla realtà la battuta e la citazione infinita. “Era il ’94, l’anno di Pulp Fiction e della discesa in campo di Berlusconi”. Ah, un buon inizio, mi sono detto. Ora fammi vedere il film. C’è un po’ di politica? No. Di cosa tratta. Niente. La storia? Quella di tre ragazzi che non sanno come fare a dirci che non riescono a crescere e hanno quasi trent’anni. “E’ un’età difficile!” urla Luigi. “Hai la mia stessa età”!” gli urla di risposta Luca per concludere con un “Ci hai fatto strillere come i trentenni dei film di Muccino, sei contento!”.
Niente, il film si avvita, ma ci fa ridere. Non farà i 60 o 70 milioni di Zalone, ma Luca Vecchi gira meglio di Gennaro Nunziante, ditelo a Aldo Grasso, e di tanti altri registi che oggi vanno di moda e si permette di dirci candidamente in conferenza stampa di fronte al trionfalismo del suo produttore “La prossima volta mi presento con un film magari più riuscito”. 350 sale.
Grande esaltazione del Pigneto style, il rapper Calcutta, il kebab di Samir. “Che c’è in questo kebab?”- “Kebab”- “Sì, lo so che è kebak, ma nel kebab che c’è?” – “Kebab”. Sto leggendo ancora i miei appunti. Se vi racconto il film, non lo andate a vedere. Sì, c’è una storiella d’amore Luca e Margherita Vicario che si imbuca alla feste dei ricchi e rubacchia ai facioli. Ma funzionano sempre meglio le battute. “I compagni di merende sono i nostri Avengers”.
Ecco pure l’esaltazione di Pacciani a “Un giorno in pretura” come fosse la nostra grande serie tv anni ’90. C’era un amico di Ceccherini che sapeva fare tutte le voci dei compagni di merende con le battute. Solo per questa osservazione il film dei Pills è imperdibile. Quanto farà? Boh? Dove i 60-70 milioni di Quo vado sai che gliene frega a Valsecchi e a Medusa… E la lezione di Facebook per carcerati che tiene Luigi? No. Magari non farà una lira, ma ha grandi momenti.
E non si fanno pugnette agli orsi polari. Facciamolo vedere al Pigneto, se ci fosse ancora un cinema. Quello che c’era è stato chiuso dopo il casino di Mafia Capitale. Te pareva. Funziona? Chissà. Però, fidatevi, la cicorietta di mamma che ti facevo schifo a casa e che se la trovi al ristorante ti fa pensare a lei, beh, è commovente. Potrebbe valere tutto il cinema italiano di questi ultimi tempi. Chiamate Ilvio Diamanti e Goffredo Fofi, va… Da giovedì in sala.
MORANDI THE PILLS THE PILLS THE PILLS