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IL CINEMA DEI GIUSTI - "WILD" HA UNA STORIA DA SPARARSI, MA È UN BUON FILM PER IL PUBBLICO FEMMINILE, SCRITTO DA NICK HORNBY E INTERPRETATO CON AUDACIA DA REESE WITHERSPOON

Marco Giusti per Dagospia

 

Wild di Jean-Marc Vallée

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No El condor pasa, no…  Diciamo. Hai una vita di merda, un padre alcolista che menava, una madre che adori morta di cancro, un marito molliccio che tradisci con tutti perché sei fuori di capoccia e ti fai di crack e di eroina. Ok. La soluzione per te è lasciare tutto, caricarti uno zaino di un quintale e metterti in viaggio per il deserto del Mojave a piedi, seguendo la Pacific Crest Trail, un percorso difficilissimo fra serpenti a sonagli, lupi, maschi affamati, neve, e una serie di ricordi che non ti lasciano respirare neanche un minuto.

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Ovviamente annaffiando tutto con “Suzanne” di Leonard Cohen, “The Air That I Breathe” degli Hollies, Joni Mitchell, Bruce Springsteen, Lucianda Williams e soprattutto “El Condor Pasa” di Simon & Garfunkel. Da spararsi. Questa la storia e la colonna sonora, fondamentale, di Wild, buon film per il pubblico femminile, malgrado qualche ovvietà, diretto dal canadese Jean-Marc Vallée di Dallas Buyers Club, scritto da Nick Hornby basandosi sul libro di memorie di Chester Strayed, e interpretato e prodotto con grande audacia da Reese Whiterspoon, che arriva così, assieme a Laura Dern, alla nomination all’Oscar. Che non vinceranno, però.

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La Whiterspoon, perfetta per il ruolo della ragazza in cerca di ricucire se stessa nel viaggio epocale con gli scarponi troppo stretti e uno zaino che riesce malamente a tenere sulle spalle, è appunto Chester Strayed, Strayed come strapazzata, una donna che cerca di capire davvero cosa le è successo. Aiutato dai suoi idoli musicali e pure da “Walk Unafraid” dei Rem rifatta per l’occasione dai First Aid Kit. Vallée e Hornby dividono il film tra la situazione del viaggio di Chester dal confine col Messico a quello col Canada e i suoi ricordi. Che arrivano non in successione cronologica, ma come dei flashback che la riportano alla sua realtà precedente.

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La famiglia sballata, il padre che beve, la mamma meravigliosa che la fa ridere anche quando ha capito che sta morendo, un fratello debole, e poi un marito che non la aiuta più di tanto, una serie di scopate senza senso, la droga, un aborto. Tutto frullato nella sua testa, e molto più pesante del suo zaino. Con una bella fotografia di Yves Bélanger il film trova nella forza della sua interprete e nelle grandi riprese della natura del Pacific Crest Trail i suoi maggiori motivi.

 

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Ma la sceneggiatura di Hornby è molto ben costruita e gli attori sono notevoli. Sembrano passati secoli dai tempi di Zabrieskie Point di Antonioni e dai deserti che si animano con le chitarre di Jerry Garcia e John Fahey. Alla fine andiamo in fissa pure per “El Condor Pasa”…  Le signore dei Parioli lo adoreranno. E poi tutte con lo zainetto a correre sul Monte Soratte… In sala dal 2 aprile.

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