DAGO: LA PORNICIZZAZIONE DEL MONDO SPIEGATA A “CHI” - “ORMAI TUTTO È PORNO, MODA, SPOT, TV, UN CONCERTO DI RIHANNA, UN FILM A CANNES. LA GENTE ESPRIME QUELLO CHE È AL SUO INTERNO. PERCHÉ LA VITA COMINCIA E FINISCE IN CAMERA DA LETTO’’
Azzurra Della Penna per Chi
‘’Dagospia è l’unico progetto della mia vita che mi ha lasciato a bocca aperta. Ho fatto tanti lavori: il bancario, il disc jockey, poi la televisione, il giornalismo di carta stampata. Non pensavo sarebbe durato più di una breve stagione». Era il 1999, Internet era uno sconosciuto. Oggi Dagospia compie 15 anni o, come lo chiamano tutti, Dago.
Domanda. Perché sposare Internet già allora?
Risposta. «Perché Internet subito mi ricordò la mia gioventù. Io avevo vent’anni nel 1968, frequentavo Lotta Continua e c’era l’uso del ciclostile: quella si chiamava controinformazione, Internet mi sembrava il ciclostile elettronico».
D. Lei era una firma di L’Espresso, perché ripartire da zero?
R. «Colpa di Agnelli».
D. Scusi?
R.«Giulio Anselmi, allora direttore, si beccò uno shampoo dall’editore Caracciolo che aveva subìto una legnata a Torino dall’Avvocato».
D. Non seguiamo.
R. «Aspetti, la storia è buffa, nel 1999, a Auckland gareggiava Luna Rossa e vinceva. Così fu finché non sbarcò in Nuova Zelanda Agnelli scortato da Suni (Susanna Agnelli, ndr) e Mario D’Urso. L’unica sconfitta sportiva di Agnelli è stata Azzurra, si ricorda? Agnelli visita Luna Rossa e, destino fatale, l’imbarcazione non riesce più a vincere. Patrizio Bertelli, che è un maledetto toscano con la battuta pronta, dice: “Porta sfiga”. Io lo scrivo. Beh, tu puoi dire alle persone che sono ladre e che si mettono le dita nel naso quando sono al semaforo, ma quello no. Mai. Il povero Anselmi mi dice: “Fai una pagina anziché cinque”. E io: “Non faccio nessuna pagina, va”. Fu Barbara Palombelli, davanti a una pizza e alla mia frustrazione, a suggerirmi: “Perché non apri un blog e scrivi quello che vuoi?”. Io volevo continuare a fare quella rubrica di mondanità avariata, non c’era nessuna ambizione, né politica, né economica. Ma mi chiamavano e mi dicevano: “Io ho delle storie, che i giornali non pubblicano”. Ho cominciato a cambiare il perimetro del sito. Il resto è venuto da sé».
D. E ci guadagna con Dago?
R. «Non ci ho mai perso. Ma quel che stupisce, è altro: io credo che in un Paese normale Dagospia non esisterebbe, ma con un Corriere che aveva all’epoca 450 giornalisti, ma le pare che io da solo tiravo fuori le notizie? Il fatto è che la situazione della stampa italiana, dopo Tangentopoli, era cambiata, tutti gli industriali erano entrati nei giornali, un po’ per difendere i loro interessi, diciamo...».
D. Ma lei è libero? Davvero?
R. «Libero? Boh. A me non dà fastidio la censura in sé e per sé, detesto la censura per le sciocchezze».
D. A proposito, secondo il suo sito oggi Milano è la nuova Gomorra, lo sa?
R. «Milano non veniva mai raccontata: ah, la capitale morale, il cielo color ghisa, il Salone del mobile, la moda... ma, come Roma, Milano ha il suo crepuscolo. In più non si può negare che negli ultimi tempi è stato legittimato tutto ciò che una volta apparteneva all’indicibile».
D. Come il porno. Che è una delle cifre stilistiche del suo sito. È una sua fissa?
R. «Guardi, con il web è successa una cosa che non è stata molto ben raccontata, Internet ha segnato una divisione fra un mondo pre youporn e un mondo post youporn: il mondo del porno è il più veloce a riciclare la sua impresa attraverso le innovazioni. E il boom dei siti porno è quello che ha scatenato la vendita dei pc. Non lo dico io, ma i dati. La gente non va on line per leggere l’Economist».
D. E il suo sito che c’entra?
R. «C’entra perché ormai tutto è porno, moda, pubblicità, tv, vai a vedere un concerto di Rihanna, di Beyoncé, vai a Cannes. E non lo dico in maniera negativa, la gente esprime quello che è al suo interno, in fondo. Perché la vita comincia e finisce in camera da letto».
Silenzio. Poi: «Eddaie, annamo va, che mo c’ho un pezzo bellissimo da mette, parla di una coppia che, scoprendo lo scambismo, ha salvato il suo matrimonio».