1. LA TV DEI MIRACOLI PAPA BERGOGLIO E QUELLA TELEFONATA CON BENIGNI
Fabio Marchese Ragona per "il Giornale"
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«Ciao Roberto, allora ci sentiamo presto, intanto auguri di Buon Natale! Eccomi, adesso sono pronto per l'intervista...». Dall'altro lato della cornetta c'è Monsignor Vincenzo Paglia, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia che ha appena concluso una telefonata con Roberto Benigni, reduce dal «miracolo televisivo» dei Dieci Comandamenti seguito l'altra sera da dieci milioni 266 mila telespettatori con uno share del 38.32 per cento.
«Roberto era molto commosso al telefono – racconta l'arcivescovo a capo del dicastero vaticano dedicato alla famiglia – mi ha detto che anche per lui si tratta di un miracolo di ascolto da parte della gente. Dice che chi lo ha incontrato per strada gli ha chiesto persino scherzando di battezzargli i figli e che sta ricevendo centinaia di chiamate di complimenti!».
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Tra queste centinaia di telefonate, si mormora nei sacri palazzi, ce ne sarebbe anche una speciale, quella di Papa Francesco che avrebbe alzato la cornetta per ringraziare l'attore toscano per l'attenzione rivolta a un tema così importante. Nonostante il Pontefice non segua quasi mai la tv e nonostante ad alcuni suoi stretti collaboratori non risulti che il Papa abbia chiamato Benigni («Il Santo Padre fa tante telefonate», spiegano sorridendo), un alto prelato molto informato sulla vicenda si sbilancia: «E' molto, molto probabile che Francesco l'abbia chiamato».
In ogni caso il Vaticano sembra aver gradito lo spettacolo di Roberto Benigni; tra cardinali e vescovi il giudizio è più che positivo: «Un grande show, lui è bravissimo ed è stata ottima la scelta di occuparsi di un tema così bello vicino al Natale», spiega un influente cardinale di curia che chiede però di rimanere anonimo. «Forse - aggiunge il porporato italiano che ha seguito Benigni in tv - avrebbe potuto chiedere meno soldi per il compenso, considerato la grande crisi italiana».
«E' stata sicuramente un'iniziativa positiva e sottolineerei anche il coraggio di Benigni nel trattare un tema così delicato - aggiunge Giovanni Maria Vian, direttore de L'Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede - il valore e la sensibilità di questo artista sono poi fuori discussione» dice.
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Un artista che oggi, con lo spettacolo dedicato ai dieci comandamenti, ha stupito positivamente cardinali e vescovi, nonostante un passato da comico non proprio tenero con la Chiesa: nel lontano 1980 Roberto Benigni aveva dato scandalo al Festival di Sanremo dopo aver definito Giovanni Paolo II «Wojtylaccio» e nel 1983, dopo uno spettacolo a Reggio Emilia in cui aveva preso di mira proprio i comandamenti, l'artista era stato processato e condannato in primo grado per bestemmie e turpiloquio contro la Chiesa (fu poi definitivamente assolto).
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Stavolta si è avvalso della collaborazione di Paolo Ricca, teologo e pastore valdese, che ha incontrato più volte, leggendo i suoi libri e quelli del Cardinale Gianfranco Ravasi, insigne biblista. «Roberto è cresciuto molto in questi anni - spiega Monsignor Paglia - è maturata in lui la consapevolezza che la sua arte è segnata dalla responsabilità verso chi lo ascolta.
Non è casuale – aggiunge l'arcivescovo – che dopo la Divina Commedia, Benigni abbia scelto anche i Dieci Comandamenti, come a voler toccare quelle corde originarie che scendono nel profondo. Con queste dieci parole, Roberto, ha come risposto ad un'attesa, l'attesa di parole in un mondo che non ne ha più. Insomma, cultura e fede possono fare un grande ascolto quando sono toccate con arte».
2. MONSIGNOR FISICHELLA: "È STATO UN MODERNO ELOGIO DELLA VERITÀ"
Maurizio Caverzan per "il Giornale"
«Grazie a Benigni abbiamo visto cos'è la nuova evangelizzazione. Dare testimonianza della propria convinzione di fede, con l'intelligenza, la bellezza dell'esposizione e l'entusiasmo che rende credibile il proprio pensiero». Se lo dice l'arcivescovo Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione che, reduce da un viaggio in Messico, non si è perso una battuta de I Dieci Comandamenti, allora è missione compiuta.
Che bilancio trae delle due serate?
«Sono entusiasta. Ho visto un Benigni capace di toccare tematiche che giungono al cuore e alla mente delle persone, provocandole a riflettere».
Quando si porta in televisione un argomento così la banalizzazione è in agguato.
«Non ne ho trovato traccia. Anzi, ho percepito grande profondità. Benigni ha saputo coniugare lo spessore teologico del testo sacro con un linguaggio attuale, comunicativo, moderno, serio, che ha permesso di comprendere il valore esistenziale che i Dieci Comandamenti possiedono per la vita di ogni giorno».
C'è chi contesta un eccesso di verbosità: le dieci parole, si dice, sono un testo asciutto...
«La bellezza di questa esegesi è stata nell'indicare un ideale di vita. Abbiamo assistito a una comunicazione capace di dare vita a una parola antica e pure sempre nuova come la parola di Dio».
Siamo abituati a pensare al Decalogo come a una serie di divieti.
«È vero, questo modo d'intendere i Dieci Comandamenti non ne rispetta il senso profondo. Quello di Benigni è stato, invece, un autentico elogio all'amore, alla vita, alla fedeltà, alla verità. Abbiamo dimenticato l'anima guardando troppo al corpo e alle cose materiali. Così abbiamo dimenticato la vicinanza di Dio, perdendo noi stessi».
Benigni ha parlato della Legge non come strumento oppressivo, ma come condizione di libertà...
«È una legge scritta nel cuore di ogni persona. Nella misura in cui siamo capaci di riscoprirla, troviamo la verità che rende liberi. Scoprendo me stesso scopro anche gli altri».
Quali sono i passaggi che l'hanno più colpita?
«Ce n'è uno che mi è piaciuto molto e uno che non approvo. Il primo è stato il richiamo alla dignità della donna con la citazione del Talmud, che ha motivato il comandamento sulla fedeltà nell'amore.
Un testo che a mio avviso oggi dovrebbe essere riscoperto. Il punto che condivido meno è quando, riferendosi al “non uccidere”, ha detto che Dio non perdona tutti i peccati. Questo limite posto alla misericordia divina contraddice il messaggio evangelico di un Dio che va incontro a tutti e non esclude nessuno. Neppure Caino».
Benigni ha avuto accenti poetici parlando del Dio geloso, che si tradisce nell'aggettivo possessivo del primo comandamento: Io sono il Signore Dio tuo.
«È stato commovente perché ha saputo entrare nella verità della Rivelazione cristiana. Dove l'incontro con Dio è l'inizio della fede perché è l'incontro con una persona che ama e non con una dottrina».