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DYLAN DOG, QUELLO VERO - GIANCARLO SOLDI RACCONTA TIZIANO SCLAVI, PADRE E INCARNAZIONE DEL FUMETTO CHE HA CAMBIATO UNA GENERAZIONE - "IL SUCCESSO LO HA TRAVOLTO, È DELUSO DALLA VITA E NON ESCE MAI. È UN UOMO CHE SI È FATTO MOLTO MALE, ANCHE CON L'ALCOL. POI HA SMESSO"

Andrea Scanzi per il “Fatto quotidiano

 

tiziano sclavi tiziano sclavi

Volevo raccontare l’uomo, il letterato, il creativo”. Giancarlo Soldi non ha scelto un personaggio facile, per il suo documentario Nessuno siamo perfetti al cinema dal 18 giugno. L’uomo, il letterato e il creativo che sviscera per 80 minuti è Tiziano Sclavi. Creatore, tra le altre cose, di Dylan Dog nel 1986: “Chi guarda il film ha la sensazione che il protagonista sia Dylan Dog, anche se ne parlo sì e no un minuto e mezzo. La sovrapposizione di Tiziano con il personaggio è pressoché totale: stesse paure, stesse idiosincrasie, stesso look”. Soldi conosce Sclavi da trent’anni. Nel 1992 ha diretto Nero tratto dal romanzo omonimo dello scrittore nato a Broni (Pavia) nel 1953.

 

tiziano sclavi  tiziano sclavi

Soldi è anche autore del docufilm Come Tex nessuno mai. “Tex è percepito come un eroe, un ideale, un personaggio letterario. Dylan Dog, ancor più dal pubblico femminile, è visto semplicemente come un uomo (di cui peraltro innamorarsi)”. Decisivo anche il ruolo di Sergio Bonelli.

 

tiziano sclavi    tiziano sclavi

“Il più grande imprenditore visionario italiano. A Sclavi voleva bene, all’inizio difese Dylan Dog. I primi giorni sembrava un flop, poi si attestò sulle 30-40mila copie. Zagor ne vendeva 200mila e Tiziano si sentiva in colpa. Poi, ogni mese, guadagnava 30mila copie. Fino a toccare il milione”. E oggi? “Centomila al mese. Poco se si pensa ai bei tempi, tante se ci si sofferma sulla portata della sua onda lunga. Tiziano non scrive da quasi vent’anni. Di Dylan Dog è solo supervisore e noi lettori ci sentiamo orfani. Questo film nasce anche per ringraziarlo: il fumetto popolare, quando funziona, non è bello ma bellissimo”.

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Non dev’essere stato semplice convincere Sclavi.

Ci provo da dodici anni. In quel periodo realizzai una lunga intervista con lui. Tiziano si aprì tanto, perfino troppo. Mi disse cose che neanche io volevo sapere. Ho dovuto proteggere quella intervista, la volevano tutti e invece l’ho nascosta. Poi, un anno fa, sono tornato alla carica.

 

E lui?

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Non voleva. Ha ceduto solo per affetto, ma in casa ha voluto solo me e il direttore di fotografia Luca Bigazzi, fresco reduce dall’Oscar per La grande bellezza. Gli altri due della troupe li ha lasciati fuori.

 

Sclavi vive a Milano.

Da anni, con la moglie. Non esce mai, non vuole sapere nulla del mondo. È deluso dalla vita e vuole essere lasciato in pace. Non si informa, controlla da lontano gli albi di Dylan Dog. Legge libri, guarda film. Non scrive, giura di non avere più nulla da dire. È dentro una sorta di eterno congedo gucciniano.

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Cosa le ha raccontato di così doloroso, al punto che lei stesso non voleva saperlo?

Le sue sofferenze. Il successo di Dylan Dog lo ha travolto. È un uomo che si è fatto molto male. Soprattutto con l’alcol. Poi ha smesso.

 

Come Dylan.

Tiziano era Dylan Dog anche prima di crearlo. L’agorafobia, l’ipocondria, il terrore del volo: tutto uguale. Perfino il look: Alfredo Castelli, creatore di Martin Mystère, racconta che Tiziano aveva sempre in valigia jeans, camicie rosse, giacca nera e Clarks. Sclavi è Dylan Dog.

 

Dylan Dog, per quanto contrastato, non è così crepuscolare .

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Tiziano è un bambino gigantesco. Molto grande e molto largo, ma un bambino. Anche adesso. Ha sempre questa faccia perennemente giovane. Prima era Dylan Dog e Groucho al tempo stesso. Rideva, scherzava, diceva un sacco di cazzate. Groucho è ispirato a un suo compagno di banco, che nel film intervisto, ed è stato una delle fonti di dolore maggiore.

 

In che senso?

Ogni mese doveva trovare battute folgoranti per Groucho. Non c’era Internet e lui spendeva giornate intere per una sola battuta. Tutto ha cominciato a essere sempre più complicato. Molti amici lo hanno tradito. E – come dice lui – 25 anni di analisi senza alcun risultato non hanno aiutato il quadro.

 

GIANCARLO SOLDI E TIZIANO SCLAVIGIANCARLO SOLDI E TIZIANO SCLAVI

È preoccupato del suo stato di salute?

Io come tutti. Mauro Marcheselli, direttore della Sergio Bonelli Editore, lo chiama ogni giorno. Gli voglio bene e lo cerco spesso, anche se lui preferirebbe di no.

 

Sclavi ha visto il suo film?

Non guarda nulla che lo veda protagonista: foto, video. Gli procurano dolore. Quando andai da lui e gli feci vedere Come Tex nessuno mai, a un certo punto cominciò a soffrire. C’erano alcune sue immagini e avevo sottovalutato il problema.

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Qual è un’altra ferita di Sclavi che l’ha colpita?

Il rapporto con la madre. La odia, la odia profondamente. È poi molto critico con le sue opere. Reputa alcuni suoi romanzi “folli e incomprensibili”. Dice che non li capiva neanche lui quando li scriveva. Però lo dice col sorriso.

 

Come definirebbe Tiziano Sclavi?

   Un talento così grande che, per anni, ci ha preso per mano e ci ha portato al cimitero. Anche se nessuno di noi ci voleva andare.

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