Federico Rampini per ''la Repubblica''
Finisce in bancarotta il sito americano Gawker, specializzato in un filone di gossip molto aggressivo verso le celebrity. E l' America si divide: dietro la fine di Gawker c' è una minaccia per la libertà di stampa? Il caso nasce dalle circostanze conflittuali che hanno costretto la società a dichiarare bancarotta. La fine di Gawker mette in scena dei protagonisti a dir poco vistosi.
C' è un ex giornalista del Financial Times, fondatore del sito Gawker e dei suoi vari cloni, un business dello scandalismo ai confini della diffamazione. C' è un ex campione di wrestling, umiliato con la pubblicazione di un video che lo riprende durante un atto sessuale.
E c' è un miliardario della Silicon Valley in cerca di vendetta, una specie di Conte di Montecristo che per anni medita la sua rappresaglia privata, un castigo esemplare. Ma ora che Gawker ha perso scendono in campo voci autorevoli per dare l' allarme, e non solo dal mondo della stampa: emblematico è il caso del procuratore capo di New York, Eric Schneiderman: «La libertà di stampa è uno dei pilastri della nostra nazione.
Che piaccia o no quel che faceva Gawker, è triste vederlo costretto al fallimento ».
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La storia di Gawker ha inizio 14 anni fa, a lanciarlo nel 2002 è Nick Denton, un ex grande firma del Financial Times, testata che più rispettabile non si può. Ma a dirigere Gawker lui mette una blogger d' assalto, Elizabeth Spiers. All' inizio Gawker mette a segno qualche scoop finanziario su Wall Street, poi via via si specializza nei retroscena più scabrosi sulla vita privata delle celebrity: dal mondo della finanza a quello dei media, soprattutto newyorchesi.
Il successo di pubblico è innegabile: alla fine della sua esistenza Gawker avrà sfiorato i 45 milioni di visitatori mensili (aprile 2016), oltre ad avere generato diversi altri siti come Gizmodo, Jezebel e Deadspin. Il fatturato raggiunge 50 milioni l' anno, la società viene valutata a 83 milioni e al fondatore Denton viene attribuito un patrimonio personale di 121 milioni quasi tutto derivante dalla fortuna del sito.
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A segnare il destino di Gawker è uno degli scoop più controversi. Lo fa nel 2007 uno dei vari blog che fanno capo a Denton, Valleywag, che si specializza nel gossip sulla Silicon Valley. Quell' anno rivela che il venture capitalist tedesco- americano Peter Thiel, uno dei fondatori di PayPal e uno dei primi finanziatori di Facebook, è gay.
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Per metterlo in un contesto "storico": nonostante la California sia molto liberal, nove anni fa il chief executive di Apple Tim Cook nascondeva la sua omosessualità, che decise di dichiarare pubblicamente solo nel 2014. Thiel nel 2007 subì come un affronto imperdonabile il suo "outing" da parte di Gawker. Cominciò a preparare la sua vendetta, finanziando di nascosto diverse cause contro il sito.
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L' occasione d' oro si presentò nel 2012 quando Gawker pubblicò un video a luci rosse su Hulk Hogan, nome d' arte di Terry Bollea, un ex campione di wrestling e un beniamino della reality tv. A sua insaputa Hulk Hogan era stato filmato durante un rapporto sessuale con la moglie del suo migliore amico. Per Thiel, era giunto il momento dell' affondo finale. Il venture capitalist pagò di tasca sua 10 milioni di dollari per dare a Hulk Hogan una formidabile squadra di legali.
E alla fine l' ha spuntata lui. In appello un giudice della Florida ha confermato la sentenza che equivale alla decapitazione di Gawker: 140 milioni di dollari tra multe e indennizzi da pagare alla vittima di questa violazione della privacy. Un onere finanziario che costringe a mettere il sito in procedura di liquidazione per pagare i creditori, il primo dei quali naturalmente è lo stesso Hulk Hogan. «What a beautiful day!» il primo commento dell' ex campione di wrestling è stato affidato a Twitter: una giornata meravigliosa, la bancarotta del sito che lo ha svergognato pubblicamente.
hogan chiede risarcimento al sito gawker
La vendetta di Montecristo-Thiel apre una controversia molto accesa. Nel mondo dei media c' è posto per un ampio ventaglio di posizioni.
Il New York Times aveva pubblicato settimane fa un reportage sulla vita personale "devastata" di Terry Bollea, sui traumi psicologici per quelle immagini rubate e divulgate del suo rapporto sessuale, chiedendosi se il solo fatto di essere una celebrity dia il diritto ad altri di saccheggiare sistematicamente la vita privata. D' altra parte molti difendono una tradizione tipicamente americana: grazie al Primo Emendamento, qui la difesa della libertà di stampa è più ampia che in altre democrazie, anche a costo di rendere difficili le cause per diffamazione.
Un esempio della differenza tra Europa e Stati Uniti: non è mai stato recepito nella giurisdizione americana il diritto all' oblìo affermato dalla Corte europea.
A preoccupare i difensori della libertà d' informazione è proprio la figura di Thiel, molto discusso anche per le sue posizioni politiche estreme (di volta in volta libertario e ultra-conservatore). Il valore della privacy ha prevalso perché a difenderlo c' era il tesoro di guerra di un miliardario assetato di vendetta? In questo caso a dettare l' agenda della giustizia sono i mezzi economici di chi scende in campo.
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Privacy, Primo Emendamento, diritto di cronaca: tutto diventerebbe fungibile a seconda dell' agenda privata di chi può finanziare le battaglie legali più costose. Il caso Thiel viene considerato come un avvertimento pesante: chi tocca certi personaggi ne risponderà a caro prezzo. Nel frattempo le orazioni funebri su Gawker sembrano premature: c' è già una lista di potenziali acquirenti post- bancarotta, a cominciare dall' editore di magazine Ziff Davis che ha offerto 90 milioni per rilevare il marchio al termine della liquidazione.
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