Lettera di Renato Brunetta a Dagospia
Caro Vittorio,
e quando dico caro, non fingo, non ne sono capace. Coglierai in quello che scrivo molto dolore, e temo che persino questo ti provocherà un po' di soddisfazione, ma non mi importa.
Oggi il tuo Libero mi dedica una violenta e volgare prima pagina. Il motivo? Vi avrei attaccati. Veramente l'unica cosa che ho detto a Fiuggi due giorni fa, durante una convention di Forza Italia, è anche uscita sulle agenzie di stampa. Queste le mie parole: "Ho letto con amarezza un editorialazzo su 'Libero', Vittorio Feltri che ci dava dei falliti. Falliti a chi? Ma come ti permetti? Vittorio, come ti permetti?". Beh, venerdì mattina, caro Vittorio, ci avevi dato proprio dei falliti in prima pagina sul tuo giornale, senza tante spiegazioni, senza alcuna seria analisi. Falliti, a tutta l'attuale classe dirigente di Forza Italia, per sfregio. Il mio accenno di reazione era quanto meno comprensibile, oltre che legittimo. E, in fondo, assai moderato.
fiorello con giuseppe cruciani e vittorio feltri
Ora potrei mandarti affanculo, usando il tuo stile, e finita lì, ma non lo faccio perché in fondo ti stimo. Proprio per questo mi impegnerò in un tentativo di riflessione etico politica nei tuoi confronti, in piena sincerità. Per cercare di spiegare quello che sta succedendo, quello che ti e ci sta succedendo. Ti sei sempre "venduto", ora come allora, non per soldi ma per arroganza nichilista, alla Marchese del Grillo: “Io so' Feltri e voi non siete un cazzo”.
vittorio feltri e melania rizzoli
Caro Vittorio Marchese del Grillo, evidentemente sei perfettamente consapevole che così facendo hai continuato a disfare una vita fatta di relazioni, amicizie, battaglie e ideali... E tutto questo perché? Per chi? Per denaro non credo, anche se per te il vil denaro ha sempre avuto un ruolo importante, e hai sempre vantato questa tua dimensione di venalità per non mostrare il tuo segreto, per deviare te stesso e gli altri da qualcosa di tragico.
Penso che questo sia stato sempre lo stile della tua vita, e che oggi tu abbia deciso di comportarti così per sentirti vivo un'ultima volta, rispetto alla mediocrità dei tempi, soprattutto dei tuoi tempi, ed evidentemente a consultivo della tua storia.
renato brunetta con la moglie titti
Stai cercando la bella morte, continuando a disprezzare Berlusconi, che pur tanto ti ha dato. E tutti quelli che hanno lavorato con te e che adesso non ti mollano, come i tanti "poveri" redattori di Libero, semplicemente perché tengono famiglia.
Disprezzi tutti perché, è fin troppo facile capirlo, disprezzi, nel profondo, te stesso. Dici tutto e il suo contrario, vuoi stupire, ti schieri per il Sì al referendum, ma sei per l'uscita dall'euro; fai finta di attaccare Renzi sulle pensioni per difendere il ceto medio, e sei spudoratamente per Parisi, riservandogli un abbraccio mortale. Dai mostra di fregartene di nulla e di nessuno. Quando se ne accorgono, i lettori se ne vanno, come se ne sono andati Pansa, Belpietro, Giordano...
BERLUSCONI E FELTRI A L ARIA CHE TIRA DI MYRTA MERLINO
Ma a te che te ne importa? Vuoi solo dimostrare al mondo – al piccolo mondo allucinato che ancora consideri - che puoi tutto, persino vendere più copie di un giornale morto. Proprio come il Marchese del Grillo con il povero ebanista Aronne Piperno. Lo maltrattò usando ogni arma, solo per dimostrare a se stesso e alla vittima che tutto è illusione, che tutto è imbroglio, che tutto è corruzione. Ma lui ne ride, a differenza degli altri che si agitano piangendo. Vittorio del Grillo per esistere deve dimostrare che gli altri non sono un cazzo. Un cannibale del nulla.
enrico mentana bettino craxi gianni letta
Hai una certa qual grandezza in questa tua follia autodistruttiva, in quello che se riuscissi ad essere un gelido analista, definirei senza un fremito “nichilismo amorale”. Ma non riesco a non dispiacermene, anzitutto per te. Mettendo il tuo talento al servizio di questo disprezzo per gli altri e per te stesso finisci per buttarti malamente via, trasformandoti in una grottesca e tragica macchietta.
Come il protagonista, non me ne volere, di “Un borghese piccolo piccolo” di Monicelli, che colpito da una sofferenza tremenda vive di odio, basta solo che qualcuno lo guardi storto come ho fatto io a Fiuggi, ed ecco pronta la vendetta, la stanza della tortura, persino con delega vigliacca a un poverocristo di killer che rastrella malamente la fuffa da internet per tirarmi la merda in cui annaspa.
Provo sincera pena per te, Vittorio. Non so quale dolore ti abbia portato a questo cinismo cattivo, ma ne vedo solo i perversi effetti. Ti compatisco, e un po' mi compatisco, ricordando la stagione felice che ci fece lavorare insieme a una fortunata collana di libri fatti di libertà e di intelligenza, libri che editavi, e forse non leggevi neppure.
VITTORIO FELTRI DANIELA SANTANCHE PAOLO BERLUSCONI MAURIZIO BELPIETRO
Uscendo dalla questione personale, che non importa a nessuno, vorrei far riflettere te, e chi ci legge, su un dato di fatto. Ricordi il 1992? Tu cavalcasti un giustizialismo assassino, guidasti con Di Pietro la caccia al Cinghialone-Craxi. Fu un golpe giudiziario. Poi ti pentisti, chiedesti scusa, dopo aver incassato fama e soldi, certo meritati per la dedizione brillante che ponesti nella causa.
feltri-berlusconi-confa allo stadio
Ora stai partecipando a un nuovo golpe. Quello che Renzi sta portando a compimento avendo a disposizione tutti i poteri del mondo, finanziari e mediatici, a cui ti sei aggiunto tu, che hai l'enorme pregio, dal suo punto di vista, di portare la divisione in casa nostra. Nonostante tutto, però, il popolo è più forte, ama la libertà e dirà un bel No al referendum fermando questa deriva. E tu te ne pentirai, come la prima volta, un po' più ricco finanziariamente, ma più nichilista e sprezzante che mai. E certamente ancor più disperato.
SALLUSTI FELTRI BELPIETRO FERRARA MARIO SECHI BERLUSCONI
Tuo Renato Brunetta
2. ECCO PERCHE’ BRUNETTA E’ UN FALLITO
Francesco Specchia per “Libero Quotidiano”
Sui marciapedi veneziani di Cannaregio, nella strepitosa ironia dei Dogi, Renato Brunetta è chiamato, da sempre, «Spanna montata». Che -se ci si pensa- non è un soprannome ma un trattato sociologico.
Spanna montata. Dice tutto.
Quel soprannome è stato rievocato ieri, quando il capogruppo forzista della Camera si inalberava contro Vittorio Feltri che su Libero l' aveva imbrancato tra i «falliti» azzurri che vogliono spegnere la rivoluzione di Parisi attizzata da Berlusconi («Falliti a chi? Ma come ti permetti Vittorio», ha gridato, avvolto da un colorito carminio).
E lo stesso soprannome è stato poi richiamato quando lo stesso Brunetta ha fatto riprendere, una tantum, le pubblicazioni del Mattinale - il suo denso, freudiano, bollettino antistress- sparando contro la convention del 16-17 settembre di Stefano Parisi indicato non come la speranza d' un partito in coma ma come un passante della democrazia. Pare che Berlusconi si sia infuriato, facendogli richiudere il Mattinale. Ma pare che Brunetta non se ne sia accorto. Come quando, il 2 ottobre 2013, dichiarava davanti ai cronisti, col sorriso sprezzante la «sfiducia all' unanimità nei confronti del premier Enrico Letta» ; mentre, contemporaneamente, il suo Presidente Berlusconi quella fiducia la votava.
Oppure come quando, in una progressione irresistibile, chiamava «elite di merda» la parte dell' opposizione che non gli garbava, augurandole di «andare a morire ammazzata»; o quando sfotteva i «panzoni», gli agenti di polizia che lavorano negli uffici; o quando sfanculava un' educata ragazza precaria («voi siete l' Italia peggiore!»). O anche quando definiva «fannulloni» i dipendenti del suo ministero della Funzione Pubblica; senza, peraltro, alla fine dei conti, aver mai debellato davvero il fenomeno dell' assenteismo. Il problema è che Brunetta, oltre a cannare i tempi di reazione, vive ormai una dimensione onirica tutta sua della politica. Dal partito gli fanno notare che per vincere occorre la palingenesi?
Renato non è Toti, o Romani, o la Santanchè: non si pone domande. No. Tira dritto, continua, indomito, la personale guerra atomica contro Renzi. Lo fa in qualsiasi momento, luogo e posizione. Dal palco di Cernobbio, dove non essendoci neanche un usciere di dentrodestra non gli par vero d' assumersi il compito di rappresentare il resto del mondo contro il satana di Rignano; dalle pagine del divertito Foglio dove definisce Renzi «un accidenti della storia»; dal palco dei talk show dove prepara l' ennesima chiamata alle armi contro il «Papa straniero», sempre Parisi, e l' audience gridata lo accoglie sempre volentieri. Brunetta ormai è l' incasinatore di professione. Quando lo interpelli, per i primi cinque minuti ti parla di deficit e pil, sguaina dati Istat e ti spiega la deflazione e la stagnazione come un Keynes, uno Stiglitz qualsiasi.
Poi qualcosa in lui scatta. Forse è il ricordo della «Spanna montata», forse l' idea che al suo posto ora c' è Marianna Madia -e possiamo capirlo- fatto sta che gli parte l' embolo. E, smesso l' abitino ingessato dell' economista, Brunetta si dimena, ghigna come volesse prenderti a craniate, inveisce, si trasfigura. Somiglia in modo impressionante al Louis De Funes nevropatico nei film anni 70.
La realtà è che dovrebbero incazzarsi gli altri. Specie i suoi elettori. Per difendere il ruolo di bastiancontrario ad ogni costo Brunetta ha dichiarato su Radio 24 da Giovanni Minoli di rivolere l' Imu; ed è stato perfino capace di apprezzare le scelte di Monti sull' austerity e di D' Alema sul ritorno della vecchia guardia comunista.
LITE TRA RENATO BRUNETTA E BRUNO VESPA
Come vicecoordinatore di Forza Italia e responsabile del programma ha coordinato pochino con un programma di cui s' ignora l' esistenza: ora è tra quelli che covano le ceneri del partito. Come ministro non ha lasciato traccia. Anzi, ricorda Peter Gomez del Fatto Quotidiano, «secondo un rapporto della Commissione Europea (dopo i fiammeggianti piani di ristrutturazione di Brunetta, ndr) l' Italia è ancora agli ultimi posti per l' accesso digitale agli uffici pubblici.
I dati da lui strombazzati sulla straordinaria diminuzione dell' assenteismo nelle pubbliche amministrazioni, si sono dimostrati quantomeno gonfiati alla luce di quelli della Ragioneria Generale». Come candidato sindaco di Venezia - la sua città, occhio- Brunetta s' è candidato e ha perso per ben due volte. La seconda addirittura da Giorgio Orsoni, uno con l' appeal dell' orso Yoghi che potrebbe fargli da assistente. E hai voglia a dar la colpa alla città di sinistra; oggi in Laguna regna Brugnaro, di centrodestra...
stefania craxi silvio berlusconi deborah bergamini renato brunetta maria rosaria rossi
Come professore universitario, pur combattendo i privilegi pensionistici dei dirigenti pubblici (leggi Rai) , «la rendita pensionistica che è sempre superiorte ai contribuiti versati», è andato in pensione con 37 anni di contributi, di cui 10 «figurativi». E, per non infierire non m' infilo in altri fallimenti, come il Fomez 2, l' ennesimo carrozzone della Funzione Pubblica. Le suddette non sono esattamente illuminazioni da statista.
L' uomo, però continua a ritenersi un fenomeno. Sarà perchè si era sinceramente preparato per vincere il Nobel per l' Economia - come confessò a Enrico Mentana- ; ma nel Palazzo Brunetta può essere accumunato assieme a molti altri «falliti» nel senso del progetto politico della rivoluzione liberale.
Spazzata da Tangentopoli la Prima Repubblica, Renato fu un ottimo professore di Economia Politica che, dalle terze file del craxismo, s' infilò da subito nelle liste (bloccate, naturalmente) dei boiardi berlusconiani. Ma ora di lui si ricordano, per il vero, le intemperanze in tv - molte delle quali sacrosante- i fatti privati, la polemica e la maleducazione. Sfuggono, nel complesso, le opere...