1. QUELLA FINTA PAR CONDICIO CHE PIACE AL CANDIDATO PD
L' intervista a prima vista è ineccepibile. A Dimartedì l' altra sera su La7 a fare le domande al candidato sindaco Pd di Roma Roberto Giachetti ci sono Annalisa Cuzzocrea di Repubblica e Elisa Calessi di Libero. Par condicio garantita, pensa il telespettatore.
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Ma la brava Calessi è la moglie del vicesegretario Pd di Roma Luciano Nobili, renziano nel midollo come dice la bio su Twitter: «Romano, romanista, riformista. Al fianco di Matteo Renzi».
Giachetti è ultrarenziano, il premier lo ha voluto fortemente dopo l' implosione del Pd capitolino per Mafia capitale. La moglie di un super renziano non è stata la scelta più appropriata ma rinunciare a una poltrona in prima serata è difficile, anche se lo consiglia non solo la deontologia ma pure il buongusto.
2. SE LA JENA SCORREGGIA
Maurizio Crippa per “il Foglio”
Spiace occuparsi due volte di fila di Angelino Alfano, sembra di affezionarsi alla sua centralità. Ma tocca. Spiace anche prendersela con un collega che si firma come una cattiva risata, o una battaglia di Napoleone.
Spiace perché sappiamo tutti quanto è dura trovare un bon mot al giorno per contratto, ma anche Napoleone aveva la stipsi e le emorroidi a Waterloo, e gli riuscì maluccio la giornata. E certe volte pure alle jene s' inceppa la lingua tra i denti, e invece di una risata esce un rutto.
Ieri Riccardo Barenghi s' è svegliato in forma come Napoleone a Waterloo, e si scorreggia male: "Sarebbe fantastico se un giorno Alfano si svegliasse e scoprisse di essere gay", ha scritto. Ma perché?
Direbbe mai, la Jena, "e se Ivan Scalfarotto si svegliasse eterosessuale?", "e se Landini diventasse liberista?", "e se Obama si desse una sbiancata?". Forse Alfano non ha diritto al corso legale delle sue opinioni, quali che siano, a prescindere dai suoi gusti sessuali?
O soltanto i gusti sessuali degli altri possono ambire al rango delle idee? Forse bastava dargli di stronzo, ad Alfano, per quel che pensa. Senza il razzismo ingiustificato dei superiori, senza doversi impancare, senza ritenere che un altro pensa male per colpa di quel che è, e non ha il diritto a essere.
3. IL SOLE 24 ORE, AREA FORNERO-FREE
Da “il Foglio”
Ieri, a pagina 40 del Sole 24 Ore, era stampato - a dire il vero un po' nascosto - un comunicato "approvato dall' assemblea dei giornalisti" del quotidiano confindustriale. Il tema era il licenziamento di una collega di una pubblicazione diversa dal Sole 24 Ore, nel caso specifico una caporedattrice di Marie Claire (alla quale, ovviamente, chiunque augura buona fortuna per il suo futuro).
Ma il punto non è questo. Piuttosto è degno di nota che l' assemblea dei giornalisti del Sole 24 Ore si avventuri nella vita aziendale altrui per lamentare l' uso della "cosiddetta legge Fornero (...) per licenziare una giornalista con motivazioni economiche e organizzative".
Questo fatto, si legge nello stesso comunicato, "costituisce un precedente pericolosissimo per tutta la categoria e mina la libertà di stampa e i fondamenti democratici del paese". Boom! Addirittura. Allora ricapitoliamo: un' azienda dell' editoria X licenzia un dipendente Y per motivi economici, e questo di per sé "mina la libertà di stampa e i fondamenti democratici del paese".
Scopriamo insomma, sul giornale edito dalla prima associazione degli imprenditori italiani, che la riforma del lavoro di Elsa Fornero non si applicherebbe alla categoria dei giornalisti. Più precisamente: "Finora le nuove norme sono state usate raramente contro la categoria dei giornalisti, e mai in grandi gruppi di lunga tradizione. Da oggi, col licenziamento di Alba Solaro, arriva la svolta che mette a rischio di ricattabilità tutti i giornalisti e mina la stessa libertà di stampa garantita dalla Costituzione".
In soldoni, la riforma Fornero dell' articolo 18 non andrebbe applicata ai dipendenti dei giornali "di lunga tradizione". Il Sole 24 Ore e poche altre testate sono dunque "Fornero-free". Altro che "dualismo del mercato del lavoro" a lungo criticato in prima pagina, sempre sul Sole 24 Ore.