INSIDE JOB - SCRICCHIOLA LA TESI CHE DIETRO L’ATTACCO ALLA SONY CI SIA LA COREA DEL NORD: PER UN’AZIENDA DI CYBER-SECURITY, È UN’EX DIPENDENTE INCAZZATA CHE SI È ALLEATA CON GLI HACKER - L’FBI (E OBAMA) RISCHIA UNA FIGURACCIA
Viviana Mazza per il “Corriere della Sera”
A volte la realtà è più avvincente della finzione. È il caso del tormentone di The Interview . Mentre la commedia con James Franco e Seth Rogen che fanno fuori il leader nordcoreano è buffa ma prevedibile, la vicenda natalizia che ha portato la Sony prima a bandire il film dai cinema americani per timore di attentati, poi a proiettarlo comunque (e a venderlo online con un record di incassi di 15 milioni di dollari) è piena di colpi di scena. E il più grosso è che la Nord Corea, accusata il 19 dicembre dall’Fbi e dallo stesso Obama di aver lanciato un attacco hacker contro Sony per impedire l’uscita del film, potrebbe non entrarci niente.
Ne sono convinti diverse agenzie private di cyber-security, che stanno investigando sul caso: una di esse, Norse sostiene che dietro l’attacco ci sarebbe un’ex dipendente identificata come «Lena», che avrebbe lavorato per 10 anni per Sony a Los Angeles prima d’essere licenziata la scorsa primavera e che avrebbe collaborato con hacker esperti. Un’ipotesi sottoposta alla stessa Fbi in un briefing, ma ancora da verificare.
Quel che è certo, secondo Norse, è che l’Fbi ha puntato il dito troppo presto contro Pyongyang, dopo che il 24 novembre i dipendenti di Sony sono arrivati al lavoro scoprendo che gli hacker avevano bloccato i computer, rubato dati personali e film non ancora uscito, con un attacco devastante paragonato ad una bomba nucleare.
Le prove presentate dall’Fbi (gli indirizzi Ip e il malware usati, che riconducono ad attacchi precedenti attribuiti ai nordcoreani) non sono sufficienti — notano gli esperti — perché gli hacker condividono informazioni e strumenti e sono abili a mascherare le impronte digitali.
E poi le tracce non conducono tutte nella stessa direzione: per esempio, un’analisi linguistica fatta dalla ditta di cyber-security Taia Global indica che le minacce alla Sony sarebbero state scritte da un madrelingua russo; all’inizio gli hacker, che si firmano «Guardiani della Pace», chiedevano soldi e solo qualche giorno più tardi hanno aggiunto alle proprie richieste quella di bloccare l’uscita del film The Interview ; e va capito ancora il ruolo di «Lizard Squad» che rivendica di aver bloccato Playstation e Xbox a Natale e di aver fornito le login di alcuni dipendenti della Sony ai «Guardiani della Pace».
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L’Fbi insiste ancora che la Nord Corea è responsabile. «Sono affermazioni basate sull’intelligence nostra, di altre agenzie, di partner stranieri e del settore privato. Non ci sono informazioni credibili che indichino che altri individui siano responsabili». Un portavoce ha suggerito anche che Pyongyang potrebbe aver arruolato degli hacker stranieri per fare il lavoro sporco. O l’Fbi ha davvero una «pistola fumante» che non ha ancora rivelato oppure ci saranno presto momenti di imbarazzo per l’intelligence.