Marco Giusti per Dagospia
Ha pianto Eugenio Scalfari vedendo "Che strano chiamarsi Federico - Scola racconta Fellini" e oggi piangeranno anche il Presidente Napolitano, Walter Veltroni e chissa' quanti altri. Altro che Gerontofilia. Nemmeno fossimo in un funerale estivo del mondo del cinema o del giornalismo romano.
SCALFARI NAPOLITANONon si tratta di essere giovani o vecchi, di dire se un film e' bello o brutto, riuscito o non riuscito, ma non ne possiamo piu' di Fellini e di fellinismi, di piani sequenza che ci inseguono da cinquant'anni come se fossimo responsabili noi della fine della Nouvelle Vague, di godardismi, di dichiarazioni d'amore al cinema, di bianchi e neri nostalgici, di odore delle sale.
SCALFARI E NAPOLITANO ALLA FESTA DEL 2 GIUGNOAlla fine ci piacerebbe che vincessero un premio i film considerati piu' eccessivi e sballati, "Child of God" di James Franco, "Under the Skin" di Jonathan Glazer, o quelli piu' moderni, come "Tom a la ferme" di Xavier Dolan o "Sacro Gra" di Gianfranco Rosi. E siamo proprio sicuri che Bertolucci abbia cosi' voglia di proseguire con le celebrazioni funerarie della Nouvelle Vague premiando suoi figli e figliastri? Non sara' troppo vanitoso per accontentare gli amici?
Ettore ScolaMa ci piacerebbe anche per pura provocazione riesumare con affetto un critico cattivo come Arturo Lanocita del Corriere, quando i critici erano critici, che stroncava tutto, da Monicelli a Risi allo stesso Fellini di "Luci del varieta'" come ricorda Scola nel suo film.
Ovvio che non ci sara' oggi un critico, tra i baldi ragazzi rimasti, che abbia voglia di rovinare la festa di Scola che racconta un fratello maggiore come Fellini sotto gli occhi di Napolitano e la benedizione di Scalfari. Il tutto tratto da un'idea di Roberto Ciccutto.
FELLINI DE LAURENTIIS images jpegMa vedendo il film sono rimasto sconvolto non dalle buone intenzioni dell'operazione, magari vecchiotta ma sincera, o dalla struttura scombinata, a parte le storie del Marc'Aurelio e la ricostruzione del giornale e dei giornalisti il film procede a tentoni con una digressione su Mastroianni e Casanova, del tutto fuori tema, e con repertori del maestro scomparso rimontati con effetti frankenstein, ma dalla disastrata immagine che ci arriva dal mettere in scena il mondo di Fellini e il vissuto italiano a cavallo della guerra.
Federico FelliniIl mondo degli intellettuali della Roma di Flaiano e Fellini. Ma non ci sono piu' le facce, i volti, i corpi, le luci, le scenografie, gli odori di quel cinema e di quel giornalismo. Ci sono delle imitazioni, delle fotocopie, come quelle che il direttore del Marc'Aurelio Vito De Bellis tiene appese sul muro del suo ufficio. Fotocopie delle tavole di Fellini, Attalo, dei giornali del tempo. Una scrivania che ancora mostra la targhetta da repertoriato d'epoca. Ma non sono meglio gli attori chiamati a fare Metz e Marchesi, Age e Scarpelli, Steno.
Che strano chiamarsi Federico Scola racconta FelliniNon e' colpa loro e non e' colpa di Scola. Ma basta vedere il vero giovane Fellini per non capire che non esiste piu' quell'Italia e quel tipo di italiano. Non esiste piu' ne' il suo linguaggio ne' la sua creativita', ne esistono solo tarde messe in scena distanti e sgualcite come il Fellini che guarda il mare di Rimini nello Studio 5. Amiamo Fellini, Attalo, Metz e Marchesi, magari quel mondo era proprio cosi, con la tavola dove i giovani geni dell'umorismo sviluppavano gag e idee, ma l'imbarazzo di dover continuare a piangere il passato perduto e' veramente troppo. E del tutto inutile. Ma che paese e'?