Antonello Piroso per la Verità
Alzi la mano chi conosce il nome dell' autore delle musiche di brani quali E la luna bussò e In alto mare di Loredana Bertè, Insieme a te e Stella nascente di Ornella Vanoni, Vita di Lucio Dalla e Gianni Morandi, Varietà del solo Morandi, Stella gemella di Eros Ramazzotti, È tutto un attimo di Anna Oxa.
Se per caso lo ignorate («Succede, a volte succede...», canta - in proprio - lui medesimo), ve lo svelo io: Mario Lavezzi, milanese di piazza Napoli, 69 anni compiuti lo scorso maggio, che è anche un cantautore e un produttore discografico.
Torni al Festival di Sanremo come produttore di Ornella Vanoni, che ironica e autoironica, piena di gioia di vivere e di voglia di mettersi in gioco, sale per la decima volta sul palco dell' Ariston. A 83 anni.
«Ornella è davvero una delle signore della canzone italiana. Vi stupirà pure questa volta.
Anche perché ha deciso di farsi accompagnare sul palco dai tre autori del brano Imparare ad amarsi: al piano, chitarra e basso ci saranno infatti Bungaro, Pacifico e Cesare Chiodo».
Per chiarire ai non addetti ai lavori: il produttore discografico esattamente cosa fa? E non iniziare a menare il can per l' aia propinandomi termini stranieri tipo music maker.
«Perché no? Nel 1983 Tv Sorrisi e canzoni mi ha dato un Telegatto coniando il temine ad hoc. Non riuscendo a far rientrare i miei contributi nell' ambito solo di una categoria, ecco che questa etichetta, music maker, le tiene insieme tutte. Comunque il produttore segue il processo, che deve partire da un' idea-progetto, con cui l' incontro di musica e parole diventa un brano. Cura l' arrangiamento delle canzoni, le sessioni di registrazione in studio, il missaggio e la masterizzazione. Ovviamente confrontandosi con autori e interprete».
Cioè tu stai ai tuoi artisti come Brian Eno sta agli U2 per Achtung Baby e ai Coldplay per Viva la vida.
«No, lo stai dicendo tu, e per come ti conosco, percepisco un vago retrogusto di sarcasmo».
Niente di paragonabile a quello esercitato dai social sulle scelte del direttore artistico del Festival, Claudio Baglioni: «Un cast di vecchie glorie con il retrogusto di muffa», «Un festival misogino con solo quattro donne», «I Pooh non si sono sciolti, si sono sparsi», «Barbarossa canterà Passame er sale. Sua moglie dal pubblico: «Arza quer culo e pjatelo da solo» (via Twitter a firma @MaxMangione). E i mal di pancia degli esclusi, come Loredana Bertè.
«Le polemiche, nel cui merito non entro, sono un ingrediente immancabile da che Festival è Festival. Baglioni è stato coerente: aveva promesso una manifestazione che avrebbe riportato al centro le canzoni, facendo tornare Sanremo a essere più una festa della musica più che uno show televisivo.
Massimo Gianolli, Mario Lavezzi, Arturo Artom
Ed è quello che lo scorso marzo in una conferenza stampa avevamo chiesto con un manifesto-petizione firmato da più di una cinquantina di protagonisti della scena musicale, e non: uscire dalla logica che privilegia il personaggio, il fenomeno, spostando il baricentro da lui alla canzone. Come una volta, quando erano gli editori musicali (che si chiamano così perché storicamente pubblicavano i libretti delle opere) a decidere su quali canzoni puntare, abbinandole poi all' interprete».
Tu per Loredana hai scritto E la luna bussò e In alto mare, ma hai condiviso anche un pezzo di vita. Una liaison anche piuttosto tormentata, se è vera la battuta del tuo amico Teo Teocoli, con cui hai fatto una lunga tournée nei teatri: giura che i capelli bianchi ti siano venuti a 27 anni per colpa di Loredana. Fortuna che poi hai incontrato quella santa donna di tua moglie, Mimosa Gregoretti, madre dei tuoi figli Giulio e Marco, ormai trentenni.
«Vero, come è vero che ho avuto il privilegio di lavorare con donne in gamba, mettendomi al loro servizio, diciamo così. Ognuna con caratteristiche peculiari. Ornella Vanoni e Fiorella Mannoia non sono solo cantanti, sono grandissime comunicatrici. Anna Oxa è una bravissima interprete anche se privilegia troppo il lato vocale. Loredana è talento allo stato puro: è rock e maledetta allo stesso tempo, un po' alla Janis Joplin, ha grinta da vendere. E poi è sempre se stessa, non finge».
Quando hai capito che il tuo destino era la musica?
«Da subito. Abitavo nella zona di piazza Napoli, a Milano. E con Tonino Cripezzi, Bruno Longhi, Mimmo Seccia, Gianfranco Longo formammo quasi per scherzo il gruppo dei Trappers, cui ad un certo punto si unì Teo Teocoli».
Bruno Longhi il commentatore sportivo di Mediaset?
«Lui. Poi quando Ricky Maiocchi lasciò i Camaleonti, mi chiamarono a sostituirlo.
Era il 1966. Con i Camaleonti facevamo soldi a palate, almeno 250 serate all' anno. Ma mi arrivò la cartolina del servizio di leva, periodo che cercai di far fruttare studiando musica alla Civica di Milano. Diventai bravo con la chitarra e, dismessa la divisa, non potendo tornare con i Camaleonti che mi avevano rimpiazzato, iniziai a lavorare come solista, arrivando all' incontro della vita, quello con Lucio Battisti e Mogol».
Racconta.
«Loro producevano il complesso dei Dik Dik, che avevano realizzato una cover dei Procol Harum, A whiter shade of pale diventata Senza luce. Su quella falsariga avevo scritto una canzone, Giovedì 19, che piacque a Mogol, la prese per i Dik Dik cambiandole però il titolo: "Non mi voglio specializzare in date di calendario, ho già fatto 29 settembre". Così nacque Il primo giorno di primavera. Arrivò al primo posto nella classifica dei dischi più venduti».
In seguito fondasti il gruppo dei Flora, fauna e cemento. Un nome da piano quinquennale sovietico.
vince tempera, loredana berte e mario lavezzi
«Deciso però da Battisti, che con Mogol aveva fondato l' etichetta Numero Uno, con Mara Maionchi come addetto stampa, nella cui scuderia ero entrato anch' io. Durò un paio d' anni. Con Alberto Radius, che nel frattempo aveva sciolto la Formula 3, demmo allora vita nel 1974 a Il Volo. Ci esibimmo anche al festival di Re Nudo, rivista di controcultura e controinformazione di Andrea Valcarenghi».
Non ti facevo impegnato politicamente.
«E infatti non lo ero. La nostra casa discografica, la Rca, aveva deciso che dovevamo farci conoscere, e quindi aveva comprato uno spazio da Re Nudo, che sarà stato pure alternativo però i soldi da una società che faceva parte di una multinazionale americana li prendeva volentieri.
Solo che prima uno del nostro gruppo -Gianni Dall' Aglio (già batterista di Adriano Celentano a 14 anni), iscritto alla Giovane Italia, l' associazione degli studenti del Msi di Giorgio Almirante - dovette fare abiura, e da "fascio" passare a essere comunista».
Vabbè, ma detto così fa ridere.
loredana berte mario lavezzi remo serrangeli
«Sono d' accordo, solo che all' epoca c' era poco da stare allegri. Se non ti schieravi, rischiavi di non suonare, o peggio. Francesco De Gregori - che, incredibile ma vero, all' epoca faceva da spalla al Volo - fu contestato a Bari, perché ci fu un momento che i cantautori non li volevano, e noi salimmo sul palco a dargli manforte.
Per questo Battisti si cominciò a defilare: non perché fosse fascista, accusa ridicola dal momento che a lui della politica non fregava nulla, ma in quanto il suo unico interesse era la musica, la sua magnifica ossessione, e non voleva condizionamenti».
Con Lucio Battisti non sono sempre state rose e fiori, mi risulta ci furono anche pensieri, parole e... bestemmie, a causa di una martellata sulle gengive. E non per modo di dire.
«Mi trovavo a casa di Lucio a largo Rio de Janeiro a Milano e gli reggevo una sedia, cui si era staccata una gamba, mentre lui tentava di aggiustarla a colpi di martello. Solo che ad un tratto l' estremità in acciaio si è staccata dal manico in legno e con una traiettoria di precisione chirurgica mi ha centrato in pieno un dente».
Tu chiamale, se vuoi, emozioni.
«Piuttosto violente e dolorose, per la verità. Il dente da verticale me lo sono ritrovato orizzontale, un miracolo non si sia staccato. Siamo corsi da un amico dentista dalle mani d' oro, e il mio dente ancora oggi è lì».
Non tutte le ciambelle ti sono riuscite con il buco: non hai mai lavorato con Mina e Celentano, e so che è un tuo rammarico. Anzi, Mina una tua canzone l' ha proprio rifiutata.
«Eh sì, nella versione originale s' intitolava Cara. Mogol e io gliela proponemmo, ma rispose "no, grazie". Idem Fiorella Mannoia, di cui in quel momento ero produttore. Be', sei anni dopo quella canzone se la sono presa Lucio Dalla e Gianni Morandi, apportando una variante: Cara divenne Vita, "Vita in te ci credo". Meglio così, in fondo».
Ah certo, visto il successo della canzone è fuori dubbio.
«Non intendevo solo in quel senso. Il fatto è che mediamente un' interprete femminile riscuote minor successo di un interprete maschile, cosa che all' estero, penso agli Stati Uniti, non succede».
Ma sei matto? Ti metti a sputare sentenze di stampo sessista? Di 'sti tempi? E poi, scusa: personaggi come Mina, Patty Pravo, Anna Oxa, le stesse Bertè e Vanoni sono stati modelli da seguire, assurgendo al ruolo di icone della musica.
«E chi lo nega? Chi contesta il fatto che ci siano donne dalla forte personalità capaci di imporsi, pensa anche a Laura Pausini? Io stesso ho prodotto più donne che uomini nella mia carriera! Ma tengo il punto: mediamente è così, perché sono le stesse donne a prediligere i cantanti più delle cantanti. E senza essere costrette da nessuno a farlo».
aragozzini dalla morandi MOGOL BATTISTI BATTISTI MOGOL lucio dalla gianni morandi