“LA MUSICA DI OGGI? TROPPO MARKETING E POCHISSIMO CONTENUTO. ADESSO FANNO SAN SIRO DOPO IL PRIMO DISCO. È TUTTO MOLTO DOPATO” – L’ATTO DI ACCUSA DI MANUEL AGNELLI, LEADER DEGLI AFTERHOURS E GIUDICE DI “X FACTOR” – “I TESTI SONO SCRITTI DAGLI STESSI TEAM DI AUTORI, IN QUESTO MORGAN HA RAGIONE. È UN APPIATTIMENTO E UN PERCORSO SUICIDA CHE PORTERÀ A BAGNI DI SANGUE ECONOMICI E PSICOLOGICI. QUESTI POVERI RAGAZZI ANDRANNO DALLO PSICHIATRA” – I MANESKIN? "LI HO SPINTI IO VERSO IL ROCK. IL NOSTRO DUETTO A SANREMO LI HA PORTATI AL PRIMO POSTO” – LE PAROLE CONTRO "LA SCHIAVITU' DEI RISULTATI" CHE SONO PIACIUTE ANCHE A DE ROSSI E L’INTERVENTO NEL PODCAST “BSMT”+VIDEO
Francesco Persili per Dagospia
“Dobbiamo abituarci come italiani a pensare in grande. Bisogna osare, bisogna sognare”.
Manuel Agnelli, leader degli Afterhours e giudice di “X Factor”, interviene nel podcast BSMT di Gianluca Gazzoli e parla della sua “missione”: “C’è pochissimo spazio per la musica in tv, spesso è intrattenimento. È un peccato perché la musica è centrale nella vita delle persone.
‘X Factor’ lo faccio perché riesco a portare una visione personale della musica che per me è una semi-religione, non ce la faccio a non trattarla con rispetto”.
L’artista si lancia in una riflessione sulla “schiavitù dei risultati” che ha ricevuto sui social l’apprezzamento anche dell’ex tecnico della Roma Daniele De Rossi: "Ormai si bada solo ai numeri, non soltanto nella musica ma dappertutto, in qualsiasi campo. C'è questa teoria dell'efficienza a tutti i costi, secondo cui senza i numeri non vale la pena fare le cose.
Una volta la Rai era una tv culturale, aveva contenuti indipendente dai numeri. Oggi non è più così. Tutto questo ha contribuito all'impoverimento culturale degli ultimi trent'anni. Non si dà tempo e modo ai giovani di crescere, adesso fanno San Siro dopo il primo disco.
È tutto molto dopato, tutto troppo marketing e pochissimo contenuto. I testi sono scritti dagli stessi team di autori, in questo Morgan ha ragione. È un appiattimento che funziona per l'algoritmo ma non per la creatività. E' un percorso suicida, perché porterà a bagni di sangue economici e psicologici. Questi poveri ragazzi andranno dallo psichiatra".
Manuel Agnelli sottolinea come la cosa più difficile a "X Factor" sia avere a che fare con gente che ha una “presunzione allucinante a 18-19 anni” e racconta il dietro le quinte del programma con “l’armonia” tra i giudici “soddisfatti della loro vita” mentre “in passato era un incubo e ci sono state anche liti”.
Poi torna a parlare del fenomeno Maneskin: “Sono arrivati che facevano reggaeton, con le camicie a fiori e i cappellini a larga falda. All’inizio col cavolo che avevano quella direzione rock lì, diciamo che li ho spinti tanto io a suonare chitarristicamente in maniera più aggressiva. E soprattutto li ho difesi dai tentativi di lisciarsi e ammorbidirli”.
Damiano? “Io vedevo chiaramente che lui aveva un talento pazzesco nell’essere così arrogante. In lui ho visto subito un frontman rock naturale, anche se lui non è rock, a lui piace il pop. Li ho spinti molto verso quel tipo di repertorio, quelle sonorità”. Un momento di svolta: il duetto a Sanremo sulle note di “Amandoti”: “Quell’esibizione ha cambiato le sorti della gara.
“Questa volta faccio parlare i numeri: erano 18esimi il giorno prima e primi il giorno dopo. Qualcosa quel duetto ha contato, sicuramente. Loro hanno vinto Sanremo con un pezzo durissimo e hanno vinto l’Eurovision con lo stesso pezzo duro in italiano. Una cosa straordinaria. Ma i Maneskin sono un’occasione persa per l’Italia.
Noi pensiamo sempre prima a cercare il pelo nell’uovo e a rompere i coglioni per capire se sono rock o no, invece di capire che per una volta abbiamo un gruppo che è riuscito a rivoluzionare l’export della discografia in Italia e secondo me potevano fare scuola”
Sulla scena musicale attuale dominata da rap, trap e autotune, Agnelli è tranchant: “Non è più nuova ma è super rappresentativa di quello che la società e i ragazzi sono oggi. È tutto virtuale e digitale. La produzione è fatta in serie. Tutti hanno gli stessi autori. È puro business. I ragazzi sono più imprenditori che artisti. E però tutto questo prima o poi finirà…”
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