LA LEZIONE DI ZALONE - GIANNI CANOVA: “CHECCO HA UCCISO IL CABARET E IL MONOLOGO SATIRICO, DUE FORME DI COMICITA’ AUTORITARIA, “IO PARLO, TU RIDI”, DI DESTRA. ZALONE SI MUOVE IN DIREZIONE OPPOSTA: IL SUO MODELLO È CORALE, IL SUO PRIMO BERSAGLIO È SE STESSO”
Nanni Delbecchi per il “Fatto Quotidiano”
Di cosa parliamo quando parliamo di cinema? Ecco una domanda su cui il critico e lo scrittore tendono a litigare.
Gianni Canova - che è entrambe le cose - se l' è chiesto il 2 gennaio di quest' anno, mentre come mezza Italia si trovava in coda in un cinema di montagna per vedere Quo vado? di Checco Zalone.
La risposta arriva via sms proprio dal diretto interessato: "Follia collettiva". Alla follia collettiva che è andare al cinema (fisicamente, cosa ben diversa dal vedere un film) Canova ha dedicato Quo chi? (Sagoma), libro cangiante come il suo oggetto.
Un po' narrazione, un po' pamphlet, un po' esame di coscienza di un critico cinematografico per provare a capire di cosa ridiamo quando ridiamo: "Dopo il successo di Quo vado? si è scatenato un gran dibattito. Però mi sembrava che nessuno si facesse la vera domanda".
Facciamola.
Perché nell' Italia del 2016 milioni di italiani si sono ritrovati in questo modello di comicità?
Fame arretrata di allegria?
Non solo. Io credo che Zalone abbia riportato in auge un modello di comicità caduto in disuso. Negli ultimi vent' anni in Italia hanno dominato il cabaret e il monologo satirico. Io parlo e tu ridi: due forme del comico verticali, autoritarie. Fondamentalmente di destra.
Comicità di destra?
Sì, e non importa se il bersaglio è Berlusconi o Vendola. Non importa se sei Pingitore o Crozza. Il satirico, ha scritto Calvino, è colui che si innalza sopra il mondo e lo giudica, chiamandosene fuori. Dunque fa una comicità di destra. Zalone si muove in direzione opposta: il suo modello è corale, polifonico, il suo primo bersaglio è se stesso.
Così ha sotterrato i cinepanettoni.
Era l' ora. Il cinepanettone è stato la negazione della commedia all' italiana e del suo impagabile cinismo. Il trionfo degli stereotipi dell' italiano medio, l' assoluzione di massa del nostro eterno fascismo…
Che invece a suo avviso sta rinascendo.
Grazie a Zalone, ma non solo. C' è una generazione di autori-attori grazie a cui la commedia sta ritrovando la coralità e la voglia di mordere il costume. Film come Perfetti sconosciuti o Smetto quando voglio sono diventati successi puntando solo sul tam tam.
Questo vale anche per Lo chiamavano Jeeg Robot, trionfatore delle nominations ai David di Donatello, uno dei film italiani più belli e sorprendenti degli ultimi anni. Né dramma né commedia, eppure tutti e due. Interpretato da chi ha le carte in regola per diventare il futuro mattatore del cinema italiano, Luca Marinelli.
Per Zalone invece solo tre nomination minori.
I David sono l' accademia del cinema italiano, e Zalone è antiaccademico per eccellenza… Cui bisogna aggiungere il pregiudizio nei confronti del comico, da Totò in avanti. Siamo alle solite: noi italiani ridiamo di tutto, spesso ci facciamo ridere dietro, però ci vergogniamo di ridere.
E in Tv di cosa ridiamo, quando ridiamo?
Davanti alla Tv non rido quasi mai. I vecchi varietà attingevano a situazioni e personaggi dalla commedia all' italiana, poi tutto è stato inghiottito la stagione di satira e cabaret monologanti. Adesso che anche questi sono entrati in crisi, c' è il deserto.
bagaglino 50 fumature di renzi 5
Un deserto spiegabile anche con la censura, o le autocensure.
Sull' idea che la satira faccia male al potere ho molti dubbi. Credo piuttosto che la satira legittimi il potere, anche quando finge di strapazzarlo. Il giullare deve far ridere del re, ma è funzionale al re.
Però giullari che hanno pagato di persona ci sono stati. Vedi Daniele Luttazzi.
Non c' è dubbio, ma parliamo di un re miope. È un problema del re, non del giullare.
Internet viene indicata come la grande vendicatrice. Lì si ride, si satireggia e si parodizza senza tregua.
La Rete è capace di una polifonia straordinaria, ma ha il limite dell' immediatezza. La commedia non nasce così. La commedia è fatica, lavoro, sudore. I talenti ci sono e sarebbe bello se riuscissero a fare il percorso inverso della Tv, passare dal comico alla commedia, però è presto per dirlo. La Rete comanda, ma è ancora bambina.