Fabio Tonacci per "la Repubblica"
gsc 71 oliviero toscani«Non c´è creatività, non c´è stile, non c´è poesia. Più che shock la definisco una campagna sciocca. Patetica. Roba da scuola dei dilettanti d´arte di Treviso. Troppo facile insultare così». Oliviero Toscani al telefono da Tokio, dove si trova per presentare una sua esposizione fotografica, è un vulcano. Nonostante risponda al cellulare quando là sono le quattro del mattino, vuole parlare dell´ultima campagna Benetton "UnHate", soprattutto per allontanare il paragone con le sue pubblicità realizzate per l´azienda veneta negli anni Novanta.
Cosa pensa delle proteste del Vaticano, dei musulmani e della Casa Bianca?
«Hanno ragione. È normale che la gente si arrabbi se viene offesa. Che senso ha fare il fotomontaggio del bacio tra il Papa e l´imam, o tra Obama e il leader cinese? Non colgo il messaggio, è solo volgarità. Io non ho mai toccato personalità così riconosciute. Il prete e la suora che si baciano, nella mia foto del 1991, erano simboli. Non offendevano nessuno, erano poetici».
Crede che per "UnHate" sia stata copiata la sua idea?
«Tanta gente ha preso ispirazione dalle mie campagne, ma dei "miei" baci è rimasta solo la forma. In vent´anni i giovani pubblicitari non sono stati capaci di inventarsi altro. Che tristezza».
A cosa paragona questa campagna, allora?
«Alle grandi aziende che pagano George Clooney per usarlo come testimonial e vendere un prodotto. Qui si fa la stessa cosa. Si prendono due grandi personaggi, il Papa e l´imam del Cairo, per vendere un prodotto: l´ideologia contro l´odio. Il fine è giusto, il mezzo usato è imbecille».
Stupito dalla scelta fatta dalla Benetton?
«Molto, sì. Dodici anni fa lasciai l´azienda quando Alessandro Benetton giurò che avrebbe smesso con le pubblicità trasgressive. E invece sono tornati alla stessa minestra, senza il gusto di allora. Suo padre Luciano è stato più bravo e meno presuntuoso».
L´azienda Benetton è stata accusata, oggi come nel 1991, di inseguire il profitto provocando la Chiesa.
«Provocare non è una cosa negativa e l´azienda deve fare i soldi. Ma dipende da come li fa. Bisogna essere capaci di volare alti in queste campagne, qui si vola bassi giocando col Photoshop».
Cos´è la provocazione per lei?
«Oggi è la generosità. Mi piacerebbe provocare comunicando un´educazione migliore, un governo veramente buono. Provocare nelle persone la possibilità di capire meglio il mondo, ecco».
La sua campagna shock quale sarebbe?
«I giovani di Tokyo ridono in strada, sono felici. I nostri invece sono tristi, depressi. Farei delle foto con giovani giapponesi ritratti mentre scherzano. Ecco la mia provocazione».